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 2016  gennaio 04 Lunedì calendario

A Hong Kong spariscono i librai che vendono testi sgraditi alle autorità

È l’ultimo stadio della censura, sembra che lo abbia praticato Pechino contro una libreria di Hong Kong: rapire i librai, farli scomparire. Una volta si ricorreva al rogo dei libri sgraditi, ai falò di Farenheit, oggi si interviene prima che il libro ci sia, sia scritto e venduto. A Hong Kong negli ultimi giorni sono spariti misteriosamente senza lasciare traccia cinque persone legate alla libreria Causeway Bay, specializzata nel commercio e anche, talvolta, nella edizione di libri critici nei confronti del Partito comunista cinese. L’ultimo a sparire nel nulla, a mezzanotte, è stato Lee Bo, sessantacinque anni, titolare della libreria: da mercoledì non si hanno più sue notizie, salvo una telefonata che l’uomo ha fatto alla moglie da Shenzhen, città vicina a Hong Kong ma che fa parte della Repubblica Popolare, non del territorio di Hong Kong che gode di uno statuto speciale dal 1997, quando la Gran Bretagna restituì la “perla della sua corona” a Deng Xiaoping. E a Hong Kong, stando agli accordi, certe cose non dovrebbero proprio succedere. Secondo la donna è molto probabile che la polizia comunista abbia prelevato il marito con la forza sotto casa e l’abbia portato in Cina, cioè a Shenzhen: avrebbe infatti ricevuto una seconda telefonata dove il marito con voce concitata tentava di dirle qualcosa ma la comunicazione è stata bruscamente interrotta. Nei mesi scorsi erano già spariti nel nulla, come riferisce l’Ansa, il direttore della stessa libreria, il proprietario e il direttore delle edizioni che alla Libreria Causeway Bay fanno riferimento, nel senso che distribuiscono le sue pubblicazioni, tutte sgraditissime a Pechino ma tutte al top della lista degli acquisti “proibiti” dei cinesi che fanno turismo a Hong Kong. La polizia della ex colonia britannica pare che si stia occupando dello strano caso e ieri un centinaio di persone hanno manifestato davanti alla sede della rappresentanza ufficiale della Cina Popolare. Il deputato Albert Ho, indipendente, ha sostenuto che «i cinque sono stati rapiti perché avrebbero avuto in programma di pubblicare un libro di rivelazioni sugli amori- una ex fidanzata o amante- del Presidente Xi Jinping. Motivi politici, quindi? Sì, se in Cina ancora si fa tutt’uno di politica e gossip. Ma motivi indecenti, per i manifestanti di Hong Kong che non hanno ancora dimenticato l’euforia della loro protesta pacifica, la “rivoluzione degli ombrelli”, con la quale chiedevano più democrazia e meno autoritarismo alla pechinese. Sono ormai mesi che il controllo sui media da parte cinese si è fatto sempre più pesante, Google e Instagram sono stati bloccati, Gmail non è più usufruibile, ma la censura per tutto quanto riguarda il Web è ormai nota, data più o meno per scontata dagli internauti cinesi che escogitano ogni giorno nuovi mezzi per aggirare gli ostacoli. «Quello che non si era mai verificato prima di oggi era il rapimento dei librai e degli editori» ha detto ieri uno studente intervistato dalla Tv di Hong Kong e ha aggiunto «passi ancora per gli autori…», intendendo forse fare una concessione al Grande Fratello che sta a Pechino. Certo è che a Hong Kong la gente sperava di avere ancora qualche anno di respiro, ma defunti la signora Thatcher e il vecchio Deng che firmarono l’accordo per garantire a Hong Kong, per cinquant’anni, le sue libertà, ora si dubita del futuro. Se davvero bastano amorazzi extra-coniugali a rendere carta straccia lo statuto speciale che non prevede, tra l’altro, azioni della polizia continentale nell’isola, dove andremo a finire?