Corriere della Sera, 4 gennaio 2016
La storia delle esattorie siciliane che chiudono sempre in perdita
Sappiamo quanto la storia delle esattorie siciliane sia travagliata ma non è affatto normale che la società incaricata di riscuotere le tasse chiuda i conti perennemente in perdita e che poi tocchi ai contribuenti mettere mano al portafoglio.
Mercoledì scorso schiumava rabbia Antonio Fiumefreddo, alla notizia che l’assemblea regionale siciliana aveva affondato la ricapitalizzazione della società regionale da lui presieduta. «Mascalzoni travestiti da uomini delle istituzioni» ha definito i franchi tiratori responsabili di aver votato contro il finanziamento a Riscossione Sicilia, che ha il compito di incassare le tasse nell’isola, aprendo così uno scenario denso di incognite. Non era certo la prima volta che la Regione veniva chiamata a tappare i buchi delle esattorie, anche se questa volta più che di buco si dovrebbe parlare di voragine. Quattordici milioni e mezzo nel 2014, il doppio del 2013, e chissà quanti nel 2015. Per farsi un’idea basta leggere la relazione all’ultimo bilancio approvato a marzo scorso, dove testualmente «non si esclude che in assenza di idonei interventi normativi o di significativi incrementi dei ricavi, i soci saranno chiamati ad apporti finanziari tali da garantire la continuità aziendale». Dove per soci si intende la Regione siciliana, che ha il 99,952% ed Equitalia, con lo 0,048%. Nel solo 2014 le perdite hanno superato di slancio i 20 mila euro per ciascuno dei 702 dipendenti. La riscossione sui ruoli è scesa del 16,7 per cento, con un crollo del 31,7% a Palermo, mentre gli incassi sugli avvisi di pagamento sono precipitati dell’81,8%. Quanto alla produttività, dice tutto questo paragone: 16 centesimi per euro riscosso il costo di Riscossione Sicilia, 12,8 quello di Equitalia. Sappiamo quanto sia stata travagliata la storia delle esattorie siciliane, e non ci sfuggono le difficoltà di un’economia così fragile qual è quella isolana. Ma che sia normale per una società incaricata di riscuotere le tasse chiudere i conti perennemente in perdita e che poi tocchi ai contribuenti mettere mano al portafoglio, proprio no. E anziché prendersela con le «mascalzonate» di qualcuno, sarebbe forse meglio interrogarsi su questo.