La Stampa, 4 gennaio 2016
Attenti al Kosovo
Il Kosovo è «un buco nero». Una porta d’ingresso da e per l’Europa, dove passa qualunque cosa: uomini, armi, finanziamenti, senza che nessuno possa davvero controllarlo. Così lo dipingono fonti operative dell’intelligence europea, impegnate direttamente nella caccia ai terroristi sul continente, e non è l’unico allarme che lanciano. Lo stesso meccanismo degli attentati di Parigi, e in particolare il rifornimento delle armi, è rimasto per molti versi oscuro, lasciandoci esposti al rischio che simili attacchi si ripetano.
La punta dell’iceberg
L’operazione condotta alcune settimane fa dalla procura di Brescia, che aveva i Balcani al centro dell’attenzione, viene descritta dagli operativi come la punta di un iceberg. L’area della ex Jugoslavia è infatti da tempo una via di passaggio privilegiata per i terroristi in partenza, o di ritorno dalla Siria, e per il traffico delle armi. Paesi come la Bosnia o l’Albania, però, hanno istituzioni riconosciute, che quanto meno consentono di integrarli nelle discussioni e nelle operazioni di controllo. Il Kosovo no. Funziona come uno stato, offrendo quindi ai terroristi le strutture logistiche di cui potrebbero aver bisogno, ma non è uno stato. Comunicare con i suoi leader, poi, è molto complicato anche sul piano dell’opportunità politica, perché fa irritare la Serbia, ormai avviata verso la membership dell’Unione Europea. Il risultato è che quando gli addetti alla sicurezza della Ue fanno le riunioni operative per discutere le misure necessarie a contrastare il terrorismo, il Kosovo non viene neppure invitato. È il convitato di pietra: tutti sanno che sul suo territorio avvengono cose pericolose, ma nessuno può metterci davvero le mani in maniera sistemica per prevenirle. Parliamo del passaggio di uomini da e per la Siria, ma anche di armi e soldi, come ha dimostrato solo in parte il caso di Brescia. In sostanza è una base per preparare attacchi, dentro l’Europa e davanti all’Italia, che peraltro conosce bene questo fenomeno.
I limiti dell’Europa
Ma il Kosovo non è l’unica disfunzionalità continentale, che ci espone al pericolo. Il meccanismo degli attentati di Parigi non è ancora stato compreso a fondo dagli investigatori, in termini organizzativi, e quindi da quella strage non si è ancora appreso un protocollo per prevenire la prossima. La prima falla è stata quella dell’intelligence francese, che i colleghi attribuiscono almeno in parte alla linea militare aggressiva scelta in origine da Sarkozy, che ha avuto l’effetto di tagliare molti canali informativi. L’Italia invece, con la sua prudenza, ha mantenuto assetti operativi tanto in Siria, quanto in Libia, riconosciuti ora come risorse preziose anche dagli americani.
I punti oscuri
Non è stato ricostruito con certezza neppure il percorso delle armi usate, al punto che alcuni inquirenti sospettano che i terroristi le abbiano acquistate in pezzi, sfruttando una falla nel sistema normativo europeo, per poi rimontarle prima dell’azione. Quanto ai finanziamenti, sono essenziali per le operazioni di Daesh in Siria e Iraq, ma meno per attacchi come quelli nella capitale francese. Gli inquirenti stimano che in totale non siano costati molto più di 10.000 euro, una somma che si può facilmente raccogliere in contanti attraverso la solidarietà islamica, o facendo trasferimenti sotto i mille euro che non lasciano traccia.