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 2016  gennaio 04 Lunedì calendario

Crescita, guardiamo i numeri di oggi senza paragonarli al 2008. Il confronto non ha senso

Se per un momento lasciamo da parte le polemiche legate alle fibrillazioni politiche romane il Cruscotto congiunturale sull’economia italiana, curato dal ministero dello Sviluppo economico su dati Eurostat, ci fornisce una serie di spunti di qualche interesse. La premessa che però bisogna fare è che ha sempre meno senso paragonare gli indicatori economici di oggi con quelli del pre crisi (2007-2008). Ed è un suggerimento solo marginalmente di natura psicologica.
Prendiamo due tabelle che sono contenute nel Cruscotto, quella riferita alle nuove immatricolazioni di vetture (tabella A) e l’altra che fotografa l’andamento del traffico dei veicoli pesanti sulla rete autostradale (tabella B). Sappiamo che sono state le vendite di automobili a tener su il Pil italiano nel 2015 ma stiamo parlando di volumi che viaggiano poco sopra quota 140 mila al mese. Ebbene nel 2008 il mercato italiano valeva poco meno di 240 mila vetture vendute in un mese. Torneremo mai a quei livelli? Sicuramente no. Sarà già un mezzo miracolo se le vendite di vetture resteranno a lungo sui livelli del 2015 ma non recupereremo mai le 100 mila vetture che mancano all’appello. Perché? Semplice: come si usa dire in gergo «è cambiato il mondo». Si sono affermati nuovi stili di vita legati alla sharing economy, la preoccupazione per i livelli di smog nelle principali città italiane non sembra essere destinata a ridursi solo per le piogge di questi giorni e via di questo passo. Prendiamo la seconda tabella, quella che riguarda i Tir. Nel 2015 abbiamo avuto una incoraggiante risalita del traffico delle merci in autostrada superando la quota di 1.450 milioni di veicoli per chilometri percorsi (lo standard che si usa convenzionalmente). Se però guardiamo al 2008 il dato era molto più largo: all’incirca 1.700 milioni. Ci torneremo mai? Diciamo che è abbastanza improbabile che avvenga, sarebbe necessaria una crescita cinese vecchio stampo per riprendere il terreno che abbiamo perduto.
La morale è abbastanza semplice: dobbiamo abituarci a ragionare dentro un contesto del tutto nuovo nel quale c’è stata una revisione delle gerarchie internazionali dei Paesi industriali, le culture del consumo stanno cambiando, le tecnologie digitali la fanno da padrone in molti ambiti della vita e anche in crescenti porzioni del business. È vero che ci restano degli indicatori omogenei tra il pre e il dopo crisi e si chiamano Pil e tasso di occupazione ma come non si stanca di ripetere un economista bastian contrario come Innocenzo Cipolletta il Pil è un indicatore abilissimo nel fotografare un Paese di fabbriche e di famiglie, laddove però sia le une sia le altre hanno subito in questi anni profondissimi mutamenti.
Il Cruscotto ci dice diverse altre cose. Ad esempio sul grado di utilizzo degli impianti esistenti. Siamo tornati ben oltre il 75% e quindi avremmo toccato quei livelli del 2008 ma il grafico parla per l’appunto degli impianti esistenti e non conta quelli (tanti) che sono andati fuori produzione. Comunque il fatto che si viaggi sopra il 75% è da considerare una buona notizia confermata del resto dal riassorbimento di quantità significative di lavoratori in cassa integrazione. Incrociando i dati dell’utilizzo impianti con quello del consumo di energia se ne ricava una seconda conferma di quanto detto: gli impianti del 2008 consumavano 28.500 gigawattora, quelli di oggi poco sopra quota 26.000 con l’aggravante che negli ultimi mesi la ripresa dei consumi di energia elettrica pare essersi arrestata. Infine un altro spunto che viene dal Cruscotto del Mise ci ricorda come la ripresa o ripresina, a seconda di come la si preferisca chiamare, ha comunque un carattere fortemente selettivo. Non è una livella, tutt’altro. L’apertura di procedure fallimentari da parte delle imprese nel 2015 è tornata a crescere e siamo attorno alle 4 mila unità. Nel rimpianto 2008 erano circa 2 mila e sono via via salite in questi anni con la sola eccezione del 2014.