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 2016  gennaio 03 Domenica calendario

Battaglia intorno ai diritti del Diario di Anna Frank

Anne Frank quando cominciò a scrivere il suo
Diario
, nel 1942, non riusciva a immaginare che qualcuno se ne sarebbe potuto interessare, in futuro. Quel libro è invece diventato uno dei simboli dell’Olocausto, uno dei più letti e tradotti in tutto il mondo, la storia di una tredicenne ebrea di origine tedesca che trascorre due anni in clandestinità, chiusa con la propria famiglia e altri compagni in quello che chiamò «l’alloggio segreto», un sottotetto sul retro di una casa di Prinsengracht 263, ad Amsterdam.
 
Annotava le sue emozioni e i piccoli fatti quotidiani, la ossimorica «normalità» di un’esistenza che durò due anni, dal 6 luglio 1942 alla cattura da parte dei nazisti e alla deportazione. Solo il padre Otto tornò dai campi di sterminio, e fu lui a diffondere quelle pagine, tagliando le parti che giudicava troppo intime.
Col 1° gennaio, trascorsi 70 anni dalla morte di Anne Frank (nel campo di Bergen Belsen, febbraio 1945) il Diario è diventato di dominio pubblico in base alle leggi sul diritto d’autore. Chiunque può pubblicarlo; in Italia prima di tutti arriva la Newton Compton, ma intanto da ieri il testo ha cominciato a girare sul web. In questo caso non si tratta solo di mettere a disposizione un libro peraltro diffusissimo (e quindi anche «piratabile» senza problemi su Internet), ma di un gesto simbolico e anche polemico.
La Fondazione Anne Frank di Basilea, titolare dei diritti, sostiene infatti che il libro non è affatto di pubblico dominio, perché è opera di due autori: Anne e il padre, che appunto lo editò, trasformandolo in modo sostanziale (tant’è che successivamente è stata pubblicata anche la versione originale). Il copyright vale dunque fino al 2051, a settant’anni dalla morte di Otto, che avvenne nel 1980.
Non è solo una questione legale, e in qualche modo neanche una controversia soltanto economica. È vero che il Diario viene letto in moltissime scuole, e dunque le ristampe possono contare su tirature significative; ma è altrettanto vero che in gioco è anche la possibilità di esercitare un controllo sulle pubblicazioni, tutelare la memoria di quel sorriso adolescente che si spense nell’orrore. Resta il fatto che la rigida difesa del copyright è ormai vista da molti come un ostacolo alla conoscenza.
Arriva così dalla Francia il primo gesto dimostrativo: un docente dell’Università di Nantes, Olivier Ertzscheid, e la parlamentare Isabelle Attard hanno reso disponibili le due versioni del Diario nei loro blog. Ertzscheid lo aveva già fatto qualche mese fa, ma aveva dovuto rimuoverle su istanza dell’editore francese. La Fondazione era al lavoro da tempo su questa strategia, corredandola di adeguati pareri legali. Resta il fatto che quando Otto Frank pubblicò il libro per la prima volta, nel 1947, sottolineò come fosse stato scritto integralmente, tra il 1942 e il 1944, dalla giovane figlia.
Era un’affermazione inesatta? O al padre sfuggiva il fatto di essere divenuto un «coautore», come ora sostengono a Basilea? Questo per la versione risistemata. Ma, almeno a lume di buon senso, quella originale dovrebbe essere in ogni caso esclusa dal prolungamento del copyright. A un certo punto Anne Frank vagheggiò l’idea di trasformare il diario in un vero romanzo, che avrebbe avuto per titolo «L’alloggio segreto»; ma rinunciò, o forse gliene mancò il tempo, lasciando intatto quell’ingenuo e fulminante miracolo di giovinezza. La cosa peggiore, per tutti, sarebbe farne oggi un (cattivo) romanzo legale.