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 2016  gennaio 03 Domenica calendario

Stretta sui giornalisti in Polonia

I direttori della televisione pubblica polacca si sono dimessi in massa. La Polskie Radio, la radio di Stato, ogni sessanta minuti manda in onda l’inno europeo (l’«Inno alla gioia» di Beethoven) alternato a quello nazionale. «Il nostro è un messaggio – dicono dalla Tvp – ai 38 milioni di polacchi che ci ascoltano: nel nostro Paese la libertà di parola e di pensiero è gravemente minacciata». A Varsavia, così come nelle 200 stazioni radio decentrate, nessuno vuole parlare, se non in forma anonima: «I giornalisti rimasti ai loro posti hanno paura, siamo tornati alla censura e alle purghe pre 1989. Andiamo avanti, ma sappiamo bene che chi si oppone al governo salta».
 
La legge di San Silvestro
La legge sui media voluta dal partito nazionalista al governo del leader Kaczynski, e varata l’ultimo giorno dell’anno, prevede che sia il ministro del Tesoro a nominare i membri delle direzioni e dei cda dei media pubblici. Ed è dato per scontato che la legge voluta dal partito Diritto e giustizia (Pis) verrà firmata dal «suo» presidente Andrzej Duda. In una lettera aperta l’Associazione europea dei giornalisti (Aej) ha espresso il timore che la riforma voglia mettere i media sotto il controllo dell’esecutivo. Stessa preoccupazione del primo vicepresidente della Commissione europea, Timmermans. Ma per Varsavia tutto è in regola, anzi, si tratta di «inutile allarmismo – dice il neo ministro degli Esteri Witold Waszczykowski -.Finora i media non facevano giornalismo, ma propaganda alla sinistra. Il governo polacco non intende mettere bavagli, anzi, vuole aprire l’informazione a tutte le opinioni. I giornalisti potranno criticarci senza alcun timore».
La nuova strada
La legge sui media è solo l’ultimo passo nella nuova strada imboccata dalla Polonia all’indomani delle elezioni del 25 ottobre che hanno consegnato il Paese alla forza ultranazionalista ed euroscettica del Pis. Il governo di Beata Szydlo non ha perso tempo. Nelle ultime settimane altre due decisioni mostrano l’inizio di una nuova fase politica del Paese. Il 15 dicembre il presidente Duda ha promesso sostegno finanziario, politico e energetico all’Ucraina. Pochi giorni dopo, il 19 dicembre, decine di migliaia di polacchi sono scesi in piazza contro la nomina diretta del governo di 5 nuovi giudici alla Corte Costituzionale.
Nonostante i finanziamenti ottenuti dalla Ue (180 miliardi dal 2007 al 2020) Varsavia rivendica la propria sovranità contro un’istituzione che «non riesce a garantire stabilità», è decisa a sfidare gli «alleati-padroni» tedeschi su questioni come economia e rifugiati e a chiedere una maggior presenza della Nato, che terrà a Varsavia il prossimo vertice, l’8 e 9 luglio, per arginare il «nemico» russo, dalla cui aggressività – secondo il ministro degli esteri Waszczykowski, «ci dobbiamo difendere». Che aggiunge: «Abbiamo deciso di concentrarci sui problemi interni, ma la politica estera resta una priorità. E il sostegno all’Ucraina una priorità tra le priorità». E mentre la Polonia sa di non potere tenere a bada la Russia senza Europa e Stati Uniti, ed è consapevole dell’impossibilità di un’indipendenza economica dalla Ue, la diplomazia di Varsavia accorcia le distanze dall’Ungheria. Ed è ormai più che probabile che le posizioni del governo finiranno per scontrarsi con gli ideali liberali sanciti dall’Unione europea.