La Stampa, 3 gennaio 2016
I Balcani e il punto di vista dell’estremismo musulmano. «Le terre che furono dell’Islam devono tornare all’Islam» (per esempio la Sicilia).
Gli ottomani hanno iniziato l’invasione dei Balcani nel XV secolo e una vasta area della regione è rimasta per secoli sotto dominio islamico. In molte zone gli ottomani avevano costretto la popolazione locale ad abbandonare il Cristianesimo e convertirsi all’Islam. La sconfitta dei musulmani alle porte di Vienna nel 1683 ha portato alla perdita graduale di quasi tutti i loro domini balcanici. Oggi i musulmani abitano soltanto il Kosovo, la Bosnia e l’Albania, oltre alla piccola parte europea della Turchia.
«Biglietto di sola andata»
Questo percorso storico dal punto di vista islamico rappresenta un problema, in quanto secondo la legge musulmana, la sharia, una terra entra nel mondo islamico, il Dar al-Islam, con un «biglietto di sola andata», senza poterne più uscire. Di conseguenza, l’approccio islamico prevede che queste terre, già sotto dominio musulmano, sono occupate dagli infedeli e devono tornare all’Islam. Questa visione comprende la Spagna, la Sicilia, la Palestina e tutte le regioni dei Balcani rimaste in passato sotto il dominio musulmano: se questi territori non tornano a riabbracciare l’Islam in maniera pacifica, devono venire riconquistati dalla jihad.
L’Islam fondamentalista è tornato oggi a svolgere un ruolo importante nel mondo musulmano, e lo Stato islamico si presenta come l’incarnazione politica della più autentica regola islamica, fondata dal profeta Maometto e dai suoi primi seguaci. Lo scopo dichiarato dell’Isis è di diffondere l’Islam in tutto il mondo, e riconquistare i territori già appartenuti all’Islam è una delle sue priorità principali. La jihad va proclamata ovunque sia possibile, soprattutto se la popolazione delle zone interessate è musulmana. E i territori non musulmani dei Balcani rispondono a entrambi i requisiti: furono una volta sottomessi all’Islam e i loro abitanti musulmani possono offrire la base per la jihad.
La disintegrazione della Jugoslavia negli Anni 90 fu accompagnata da massacri di musulmani (un esempio su tutti la strage di Srebrenica nel luglio del 1995), che hanno versato olio sul fuoco della causa islamica nei Balcani. Nel 2006 Shaul Shai ha pubblicato (in ebraico) il libro «Il terrorismo islamico e i Balcani», nel quale ha raccontato le attività delle organizzazioni terroristiche musulmane nella regione. Sono trascorsi dieci anni e oggi osserviamo un aumento significativo delle attività dei gruppi islamici, soprattutto quelli influenzati dall’ascesa dello Stato islamico e dal fenomeno delle «colonie» dell’Isis sorte in Libia, in Nigeria (Boko Haram), in Tunisia, nel Sinai e in molti altri Paesi dove i gruppi terroristici giurano fedeltà al califfo Abu Bakr al-Baghdadi.
La posizione geografica dei Balcani li rende importanti per l’espansione della jihad: sono vicini ad altre regioni europee, e grazie alle leggi dell’Unione europea dai Balcani si può viaggiare praticamente senza ostacoli verso altri Stati d’Europa. I Balcani sono anche vicini all’Italia, e Roma, città simbolica della Chiesa cattolica, era e resta un bersaglio speciale per l’Isis. La conquista di Roma è stata un obiettivo caro al discorso jihadista fin dalla fondazione dell’Islam, e soprattutto dopo la conquista musulmana di Costantinopoli (Istanbul) nel 1453.
Avvelenare il lago di Pristina
Recentemente abbiamo osservato un incremento dell’attività dell’islamismo radicale nei Balcani, soprattutto nel maggio-giugno del 2015, durante la visita del Papa a Sarajevo. In un filmato dell’Isis gli jihadisti, parlando nelle lingue locali, hanno invocato il massacro dei serbi e dei bosniaci: «Li avveleneremo, li calpesteremo, li faremo saltare in aria! Metteremo bombe sotto le loro auto e le loro case, metteremo il veleno nelle loro bevande e nel loro cibo, moriranno avvelenati. Uccideteli dovunque potete ucciderli, in Bosnia, in Serbia, a Sandzak. Potete farlo e Allah vi aiuterà. Gioite! O Serbia, sarai parte dell’Islam anche se non lo desideri. Noi siamo il califfato islamico».
Questo fu il messaggio lanciato dagli islamisti ai serbi, e si ritiene che nei Balcani ci siano almeno 5 mila jihadisti dell’Isis che si stanno già preparando a lanciare la guerra santa.
Nel luglio scorso, le autorità del Kosovo hanno chiuso l’acqua a decine di migliaia di abitanti di Pristina, dopo che la polizia ha arrestato cinque uomini sospettati di legami con lo Stato islamico che stavano progettando di avvelenare la riserva idrica che eroga acqua a quasi metà dei 200 mila abitanti della capitale.
L’Isis fa quello che dice e dice quello che fa. Le idee della jihad hanno atteso il momento opportuno, e pare che si stia avvicinando. Se l’Europa non si sveglia e non guarda a quello che succede nel suo cortile, nei Balcani, stavolta la jihad marcerà sull’Europa, e andrà anche oltre Vienna.