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 2016  gennaio 03 Domenica calendario

Si prepara l’azione di responsabilità contro i vertici della vecchia Banca Etruria

MILANO Un’azione di responsabilità contro i vecchi amministratori della Banca Etruria. Una richiesta di danni da centinaia di milioni di euro, da far partire quanto prima. È su questo fronte che sta lavorando il commissario liquidatore della defunta Banca Etruria, la società, ormai priva della licenza bancaria, residuata dopo la risoluzione disposta dalla Banca d’Ita lia. In gergo viene chiamata «residual entity» e rappresenta ciò che giuridicamente è rimasto dopo la separazione delle attività conferite alla «good bank» – la Nuova Banca dell’Etruria presieduta (come le altre tre banche salvate) da Roberto Nicastro – e dei crediti in sofferenza girati alla «bad bank», Rev, alla cui presidenza è stata chiamata l’ex magistrato Livia Pomodoro.
Dal 9 dicembre la «residual entity» Banca Etruria è in liquidazione coatta amministrativa. Commissario è stato nominato l’avvocato Giuseppe Santoni, affiancato dal comitato di sorveglianza composto da Antonio Pironti (presidente), Toni Atrigna e Andrea Guaccero. Saranno questi gli organi che porteranno avanti l’azione di responsabilità, forse il più importante compito della procedura. È un passaggio tecnico finora poco considerato ma che potrebbe avere significativi risvolti per i risparmiatori che hanno visto bruciati i loro investimenti nei titoli Etruria.
Se è vero infatti che le «good banks» hanno ereditato tutte le azioni civili, sia attive sia passive, già avviate al momento della messa in risoluzione lo scorso 22 novembre, restano invece in capo alla residual entity tutte le azioni attive e passive non ancora intentate. Tra queste, in particolare, le cause di responsabilità a carico dei vecchi manager e consiglieri.
Nelle azioni già promosse contro gli ex vertici di Banca Marche e CariFerrara, le richieste di risarcimento ammontano a circa 400 milioni totali. Quelle per Banca Etruria dovrebbero avere una magnitudo simile: secondo stime approssimative, le richieste potrebbero essere superiori a 200 milioni, forse vicine ai 300 milioni.
Per arrivare a presentare le carte in tribunale mancano però due passaggi tecnici non da poco. Innanzitutto l’individuazione, da parte di un perito nominato dalla procedura, delle operazioni di mala gestio che hanno portato al dissesto dell’istituto. Episodi di prestiti facili, presunti conflitti di interesse tra consiglieri e titolari di società affidate, impieghi al di fuori del territorio senza controlli efficaci sono stati evidenziati nelle ispezioni della Banca d’Italia e riportati in questi giorni dalle cronache. Complessivamente Banca Etruria è crollata sotto 2 miliardi di sofferenze e 800 milioni di crediti deteriorati che ne hanno distrutto l’intero patrimonio.
Il secondo passaggio spetta alla Banca d’Italia, che deve dare il via libera all’azione. Altro elemento fondamentale sarà l’individuazione dei soggetti contro cui promuovere la causa. La selezione dei personaggi da aggredire – eventualmente anche con dei sequestri – non è cosa da poco. Come spiegano fonti a conoscenza del dossier, si vuole puntare su soggetti capienti, per cercare di recuperare effettivamente almeno parte del danno subìto. Al momento del commissariamento, nel febbraio 2015, presidente dell’istituto era Lorenzo Rosi, con vicepresidenti Pier Luigi Boschi – padre del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi – e Alfredo Berni. Il direttore generale era Daniele Cabiati, subentrato nell’agosto 2014 a Luca Bronchi. Fino al 2014 l’istituto era stato retto dallo storico presidente Giuseppe Fornasari. E Bankitalia, che ha sanzionato i membri del consiglio con 2,5 milioni di euro di multa, ha criticato fortemente la «commissione consiliare informale» che ha guidato l’Etruria negli ultimi anni.
Anche la good bank è al lavoro sulla preparazione delle cause, fornendo al commissario tutta la documentazione necessaria, come ha spiegato di recente Nicastro al Corriere della Sera : «Il desiderio di giustizia è molto presente nelle nuove banche e per questo valuteremo la costituzione di parte civile nelle azioni che potranno emergere. Noi ci consideriamo parte danneggiata». Tuttavia lo stesso Nicastro sottolineava un punto ancora da chiarire: a chi andranno i soldi in caso di condanna? «Si tratta di una procedura applicata per la prima volta in Europa», ha spiegato, «il mio auspicio è che l’interpretazione della direttiva e del decreto permettano di orientare i frutti delle azioni di responsabilità a beneficio dei risparmiatori».
Secondo alcune interpretazioni, i capitali recuperati con le cause potranno rientrare tra i beni da ripartire. Di conseguenza i creditori che si iscrivono al passivo della «residual entity» potrebbero sperare di recuperare qualcosa dalla liquidazione. Ma come la stessa Banca d’Italia specificava nella nota esplicativa delle risoluzioni, lo scorso 22 novembre, nelle «residual entity» sono state confinate le perdite della banca e la loro copertura, che saranno «recuperabili forse in piccola parte». In ogni caso, per i casi più gravi di risparmio tradito resta la soluzione dell’arbitrato e del fondo di solidarietà da 100 milioni disposto dal governo.