la Repubblica, 2 gennaio 2016
Che fine ha fatto Salah?
Dov’è Salah? La domanda rimbalza nei corridoi dei servizi di intelligence di tutta Europa da quella mattina del 14 novembre, quando il nono uomo del commando che aveva messo a ferro e fuoco Parigi viene fermato per caso al confine franco- belga e incredibilmente rilasciato. Gli ultimi sviluppi delle indagini dicono potrebbe trovarsi a Molenbeek, o da qualche parte nel Nord Europa. Difficile sia invece in Siria. Per capirlo, la polizia belga sta cercando di scandagliare le sue conoscenze. Capire chi e quando può averlo aiutato. Tant’è che ogni giorno, o quasi, c’è un blitz a Molenbeek e dintorni. Decine sono state le persone fermate e poi rilasciate perla strage parigina del Venerdì 13. Ma in dodici sono ancora in carcere : sono stati indetificati come sostenitori e fiancheggiatori del gruppo di Salah, Abdelamid Abaaoud e gli altri del commando, quindi tutti accusati di associazione terroristica. Due sono stati presi in Francia e 10 in Belgio. Ma, evidententemente, ancora non basta. La domanda più importante resta ancora senza una risposta: dov’è Salah Abdeslam? “PIANGEVA COME UN BAMBINO” In un primo momento, quando ancora il ruolo del minore dei fratelli Abdeslam (Ibrahim si è fatto saltare in aria in boulevard Voltaire, Mohammed è stato arrestato a Molenbeek e poi rilasciato perché giudicato estraneo ai fatti) non era del tutto chiaro e ancora non si capiva perché fosse l’unico del commando rimasto in vita, la pista privilegiata portava in Siria. Sono stati soprattutto i servizi americani ad accreditarla, forti della dichiarazione di un pentito, un tunisino, che aveva raccontato di aver assistito a una telefonata tra Salah e Abaaoud, due giorni dopo la strage, nella quale Salah raccontava di essere «ormai al sicuro» in Siria. Questa tesi ha perso quota nei giorni successivi alla strage, quando viene arrestato dai belgi Attou Hamza, 21 anni, l’uomo che insieme con Mohamed Amri va a prendere a Parigi Salah dopo la strage e lo riporta a Molenbeek, superando tre controlli di sicurezza. Sotto interrogatorio, Hamza racconta come ha trovato Salah la notte del 13 dopo le uccisioni. «Piangeva come un bambino di 12 anni. Gridava: “Pietà, non mi tradire”. Era completamente nel panico. Piangeva e gridava raccontando quello che era successo, ci ha detto che aveva partecipato agli attentati di Parigi». Se è vero questo, quindi, Salah si è tirato indietro all’ultimo momento, rinunciando al proposito di farsi esplodere come invece avrebbe dovuto. È un uomo che non vuol morire, evidentemente. Quindi, ragionano gli investigatori, eviterà di andare in Siria dove sono in corso combattimenti mortali. NASCOSTO A MOLENBEEK? Il ministro della giustizia belga, Koen Geens, qualche giorno fa ha raccontato un’indiscrezione incredibile: «È molto probabile che Salah fosse a Molenbeek nella notte tra il 15 e il 16 novembre». Lo dice perchè lo avevano individuato, ma non l’hanno potuto prendere, dato che il codice di procedura non prevede le perquisizioni notturne. È possibile, quindi, che il terrorista sia riuscito a fuggire nascondendosi in un mobile o, forse, in una vettura sfruttando un trasloco in corso nella via dove si nascondeva, al 47 di rue Delaunoy. Proprio a Molenbeek potrebbe essere ancora oggi, dove ha re- lazioni solide: oltre ad Hamza e Amri, infatti, sono finiti in prigione dopo gli attentati anche Ali O, 31 anni, francese residente a Molenbeek, e Lazez A., 39enne marocchino del quartiere Jette a Bruxelles. Entrambi sono sospettati di aver dato un passaggio a Salah in macchina da una parte all’altra di Bruxelles. E nella macchina di Lazez sono state trovate anche armi da fuoco e tracce di sangue. IN NORD EUROPA COL TRENO Se non è rimasto a Molenbeek, Salah potrebbe essersi camuffato e spostato più a Nord, in Olanda per esempio, viaggiando presumibilmente in treno. Dopo che il ministro dell’Interno francese ha diffuso il suo identikit, sono arrivate centinaia di segnalazioni di avvistamenti in tutta Europa, una trentina dei quali anche in Italia. Tutti falsi allarmi, anche se una delle segnalazioni, che lo voleva a Rotterdam a novembre, è stata ritenuta più attendibile delle altre. Ma Salah è ancora in fuga. E non è il solo. Ci sono altri tre uomini legati alle stragi del Venerdì 13. Uno è quel Mohamed Abrini, 30 anni, belga di origini marocchine, che le telecamere di un distributore di benzina di Ressons, a nord di Parigi, inquadrano l’11 novembre. Abrini guida la Clio che servirà per gli attacchi, e accanto a lui c’è Salah. E proprio Abrini sarà chiamato al cellulare da Salah, una volta tornato a Molenbeek dopo la notte di sangue. Una telefonata a cui Abrini non ha risposto, ma tanto gli bastò per sparire insieme alla moglie e ai due figli piccoli. Infine, sono ricercati anche i due uomini che hanno viaggiato con Salah Abdeslam in Ungheria il 9 settembre. Si sono identificati con carte di identità intestate a Samir Boouzid e Soufiane Kayal. Ma erano documenti falsi.