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 2016  gennaio 02 Sabato calendario

John Wayne voterebbe Donald Trump, dice la figlia di John Wayne. Polemiche

I candidati normali, quando visitano l’Iowa (tre milioni scarsi di persone, ma politicamente fondamentali: saranno in pole position nelle primarie il 1° febbraio) vanno a cercare gli elettori nelle tavole calde, stringendo mani e fingendo di avere molto in comune con gli operosi abitanti di quello Stato agricolo-contadino. Donald Trump invece è andato a visitare la casa natale di John Wayne incassando la gratitudine e – meglio ancora – l’ endorsement della figlia dell’attore di Sentieri Selvaggi. Trump ha pubblicato su Twitter un messaggio di Aissa Wayne, 59 anni: «Ha dato finalmente una voce a tanti americani... Sono umilmente al suo servizio in questa campagna». «Lettera adorabile, il nostro Paese avrebbe bisogno di un John Wayne, oggi», l’ha ringraziata il miliardario. Aprendo un dibattito inevitabile, al di là dell’ovvia questione di fondo – se cioè i figli abbiano il diritto di votare per conto dei famosi genitori morti da decenni.
L’America ha indubbiamente «bisogno di un John Wayne» come ha scritto Trump, ma di quale John Wayne? Del cowboy coraggioso di Sentieri Selvaggi e del pugile sensibile di Un uomo tranquillo che odiava i prepotenti? O dell’imboscato durante la Seconda guerra mondiale che a conflitto finito saltò sul carro del maccartismo rovinando carriere a colleghi, sceneggiatori e registi in odore di comunismo? Del regista del guerrafondaio Berretti verdi che tre anni dopo il martirio di Martin Luther King si disse «a favore della supremazia bianca, i neri sono irresponsabili... Gli indiani? Egoisti che volevano tutta la terra per sé, fecero bene a togliergliela».
Le due facce di Wayne rendono delicatissima la questione sollevata con la consueta astuzia e l’immancabile cinismo da Trump: ci sono due visioni radicalmente diverse quando si parla di «grandezza dell’America»: Obama, come sempre professorale – e forte di numeri che vedono occupazione e fiducia dei consumatori tornate a livelli pre-2008 – ha ricordato a Trump che «l’America è grande adesso», e che in futuro «può fare ancora meglio». Per Obama e chi la pensa come lui non c’è da rimpiangere un passato nel quale il potere era degli uomini bianchi, a tutti i livelli, con le donne a casa, i gay nascosti e i neri nel retro degli autobus.
Ma l’onda di consensi per Trump è quella di chi rimpiange un passato glorioso anche perché era fatto di posti di lavoro che nell’ultimo trentennio sono stati trasferiti fuori dagli Stati Uniti. Posti in buona parte detenuti da bianchi: la base di Trump che si sente defraudata e che lui entusiasma con una cosa da John Wayne: lo «straight talk», il «parlare chiaro» lontanissimo dal politichese di Washington e dai distinguo degli intellettuali. Trump su Twitter scrive una cosa e la fa seguire semplicemente, tutto maiuscolo, da «BAD», «male». E basta. Obama rilegge Lincoln e intanto Trump vince con le maiuscole (e quando Hillary risponde che «non ci sono soluzioni facili per problemi difficili» ammette di giocare in difesa, e magari sembra antipatica).
Wayne è attualmente sugli schermi nel film Trumbo ( un j’accuse democratico lanciato verso l’Oscar): gli dà voce baritonale e spalle larghissime un attore canadese, David James Elliott. Il film racconta la storia vera di Dalton Trumbo, sceneggiatore di Vacanze Romane e Spartacus messo nella lista nera dai maccartisti (finì in carcere, per poi lavorare sotto pseudonimo). Nel film Wayne, insultato da Trumbo (comunista che in guerra però c’era andato davvero), ne favorisce la rovina. Ma nemmeno questo film riesce a negargli il beneficio del dubbio: ci mostra Wayne aiutare l’ostracizzato Edward G. Robinson a tornare al lavoro. E la sceneggiatura raccontava una riconciliazione tra Wayne e Trumbo, da vecchi, che in realtà non avvenne mai (la figlia di Trumbo chiese ai produttori, ottenendo faticosamente un sì, di non includerla nel film: «È una bugia»). Davvero l’America, anche quando accusa l’uomo John Wayne, non riesce fino in fondo a fare a meno del suo mito, e di tutto quello che rappresenta.