il venerdì, 31 dicembre 2015
Cronache fantastiche dell’anno che verrà. Dalla strana morte di Matteo Messina Denaro alla rivolta delle badanti passando per la gravidanza di Francesca Pasquale e la nuova Yalta, in versione Clinton o Trump
«Stefan Zweig era intelligentissimo, ma della catastrofe aveva capito poco. Joseph Roth invece aveva capito quasi tutto. In particolare non gli era sfuggito come, rispetto al delirio militarista che aveva condotto alla Grande Guerra, il nazismo rappresentasse un radicale salto di qualità: L’abbrutimento del mondo è peggiore che nel 1914. L’uomo non muove più un dito quando si ferisce e si assassina l’umano. Nel 1914 ci si sforzava ovunque di spiegare la bestialità con ragioni e moventi umani.Mentre adesso si conferiscono alla bestialità motivazioni bestiali».
Questa diversità di opinioni è apparsa sul Venerdì (una recensione di Marco Cicala al carteggio tra i due grandi giornalisti-scrittori europei, testimoni della «fine del mondo» avvenuta nel Novecento), e da li è nata l’idea di questa fantasia di notizie del 2016.
Nonostante le capacità di previsione si siano centuplicate dai tempi delle Sibille, degli Aruspici e dei Sacerdoti; nonostante abbiamo affinato strumenti, tecnologie, algoritmi – il futuro ci smentisce sempre. Nessuno aveva previsto l’iPod e l’iPhone, il petrolio a 35 dollari, i matrimoni gay, il 25 per cento a Beppe Grillo, le primavere arabe e il loro rapido inverno. Nessuno aveva previsto l’Is, le «decapitazioni in favore di telecamera», gli annegati nel Canale di Sicilia, la moltitudine dei migranti, Parigi colpita al cuore.
Papa Francesco è più radicale di Joseph Roth: «La terza guerra mondiale? Non vi siete accorti che è già cominciata?» Obama sembra Stefan Zweig: «Abbassare la temperatura del pianeta? Speriamo non sia troppo tardi».
L’unica cosa che sappiamo del 2016 è come verremo a sapere le notizie. Un bip sul telefonino: breaking news (segue).
Qui di seguito ve ne proponiamo diciotto. Verosimili più ancora che fantastiche. Tranquilli: nessuna è offensiva, nessuna vuole essere spaventosa. Anzi, qualcuna è pure piacevole. Se succederanno, potrete domandarvi: «Ma dove l’avevo già letta?».
FUGHE OCEANICHE
IL GRANDE ESODO DEI RIFUGIATI CLIMATICI
Giorno dopo giorno, le notizie, dapprima incerte e sparse, si sono infittite e hanno assunto la dimensione di un evento. Sono infatti ormai decine di migliaia gli abitanti di Vanuatu, di Bouganville, delle Kiribati che manifestano o che si mettono in mare alla ricerca di una nuova terra in cui abitare. Gli effetti del «mutamento climatico» stanno avendo in Oceania (e non in Patagonia o in Alaska come si era immaginato) il loro primo impatto sociale, che ha colto di sorpresa le autorità locali. Tutto è cominciato nel febbraio scorso con una serie di cicloni che hanno devastato il quadrante a nord di Australia e Nuova Zelanda; diversi tsunami, anche se non di grave entità, hanno interessato grandi isole, così come atolli sconosciuti e spesso disabitati. Tutti i fenomeni erano in qualche modo previsti, specie dopo le dimensioni e la «cattiveria» raggiunti da El Niño, non così la reazione degli isolani: «L’oceano è diventato bollente, questo è un brutto segno».
Tutto è cominciato a Port Vila, la capitale di Vanuatu (240 mila abitanti), dove i seguaci del cargo cult (una setta nata ai tempi della seconda guerra mondiale, che venera uno sconosciuto Jon Frum, che verrà con aerei a gettare cibo a volontà sulla terra) hanno arringato la folla sostenendo che occorre fuggire dall’isola, perché questa sarà distrutta. Stesso «millenarismo» si sta verificando nelle isole Kiribati, 130 mila abitanti, effettivamente a rischio di sommersione, essendo la maggioranza dei suoi atolli già adesso sul pelo dell’acqua, dove decine di imbarcazioni si sono messe in marcia verso le isole Fiji, chiedendo una terra dove abitare. Sulle famose spiagge di sabbia dorata, i kiribati hanno però trovato i soldati del dittatore Frank Bainimarama, che dal 2006 regna con il pugno di ferro su questo «paradiso del turismo». Sia Australia che Nuova Zelanda stanno ovviamente monitorando la situazione con l’allerta delle loro marine militari, ma escludono per il momento di poter accogliere le possibili migliaia di «rifugiati climatici».
PASCALINO SETTEBELLEZZE
INCINTA LA EX (?) DI B. SARÀ UN MASCHIETTO
Con un comunicato stampa distribuito alle 14.30 ai cancelli della sua residenza, la Villa Giambelli a Casatenovo – in uno stile che ha ricordato gli annunci della famiglia reale a Buckingham Palace – la signorina Francesca Pascale (30 anni), che si fregia del titolo di fidanzata ufficiale dell’ex presidente del Consiglio ed ex senatore Silvio Berlusconi (79 anni) ha annunciato la propria gravidanza, giunta ormai alla l’8° settimana. Il sesso del nascituro è maschile.
Non è stato finora possibile ottenere alcun commento da Silvio Berlusconi, né dai suoi avvocati, né dalla Fininvest. Il titolo Mediaset ha perso 2,1 per cento nelle ore finali delle quotazioni di Piazza Affari.
UFFICIALI E GENTILONI
ASSE ITALIA-EGITTO, E LA LIBIA È IN SICUREZZA
All’approssimarsi del Natale 2016, appena sei mesi dopo la decisione dell’intervento militare italiano al seguito dell’iniziativa egiziana, «il dato confortante», secondo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che ha visitato le truppe «è comunque la messa in sicurezza delle coste libiche. Il traffico di migranti è fortemente diminuito, l’Is ha perso il novanta per cento delle sue basi, le forniture di petrolio sono assicurate». Sul futuro politico-economico-finanziario della strana alleanza italo-egiziana, il ministro non ha voluto soffermarsi, anche se, notoriamente, il governo Renzi appoggia una politica di investimenti e di cooperazione economica nei confronti dell’Egitto. Per intanto le città di Sirte, Misurata, Derna – dove l’esercito egiziano è stato impegnato contro l’Is, che era giunto a controllare il settanta per cento delle coste, sono oggi restituite ad una, seppure fragile, vita civile.
Con l’approvazione del Consiglio di sicurezza della Nazioni unite, l’Egitto del generale Al Sisi era penetrato in Libia attraverso il suo lunghissimo confine il 15 gennaio 2016, schierando nell’operazione ben 80mila uomini del suo esercito e con l’appoggio dell’aviazione. Appena una settimana dopo, al termine di un aspro dibattito in parlamento, l’Italia ha schierato a suo sostegno 5.500 uomini tra esercito, marina e aviazione, usando l’aeroporto di Trapani come via principale di ingresso e base di un ponte aereo che non ha mai cessato di funzionare. Sulla scorta delle esperienze delle missioni internazionali in Libano e in Afghanistan, ma anche di quella dei Vespri Siciliani (in cui l’esercito venne chiamato a presidiare la Sicilia dopo le stragi dell’estate 1992), i soldati italiani in Libia hanno preso il controllo di luoghi strategici, svolto funzioni logistiche e di appoggio all’iniziativa dell’esercito egiziano.
Come tutti ricordano, i nostri soldati hanno saputo anche rispondere al fuoco, nel caso del tremendo attacco all’aeroporto di Bengasi.
POZZI DA LEGARE
PETROLIO ADDIO: IL MAROCCO È SOLARE
Inaugurata da Muhammad VI, sovrano del Marocco, la centrale solare di Ouarzazate è in grado di illuminare il suo Paese, e di fornire, attraverso un’apposita linea elettrica, la luce ai luoghi sacri della Mecca e di Medina. Il luogo delle meraviglie si trova nel deserto, duecento chilometri a sud di Marrakesh, sterminate dune che sono state usate come paesaggi dei più grandi film tra la sabbia, da Lawrence d’Arabia al Gladiatore. Qui, letteralmente circondata da installazioni militari (l’ovvia preoccupazione è un attacco jihadista), dopo tremila anni ha preso forma l’idea di Archimede e dei suoi specchi ustori: migliaia di pannelli a concentrazione catturano con la loro superficie specchiata il calore del sole (che qui batte con un’intensità doppia a quella europea e arriva a temperature di 50 gradi) e lo indirizzano verso grandi silos di acqua e sali minerali, capaci di immagazzinare energia anche la notte (la capacità di accumulo notturno è stata la svolta che ha permesso la grande realizzazione). L’idea, che dieci anni fa era stata del premio Nobel Carlo Rubbia (che però non trovò capitali e appoggi politici per realizzarla), è oggi diventata una realtà da fantascienza, con i soldi del Marocco, della Banca Mondiale e (limitatamente, per ora), dell’Unione Europea.
Il Marocco già ora si è reso autonomo dall’importazione di petrolio, ma il deserto che ha a disposizione può permettergli la costruzione, in poco tempo, di almeno altri dieci impianti simili a quelli di Ouarzazate, e allora diventerà uno dei principali Paesi produttori di energia, da destinare all’esportazione. Specchi, batterie, turbine, cavi sottomarini prenderanno il posto di pipelines, raffinerie, rigassificatori, e anche delle nuove centrali nucleari, rispetto alle quali il costo è nettamente più basso. «Il petrolio non è l’unico regalo che Allah ha fatto al suo popolo» ha commentato il quotidiano di Rabat, «c’era anche il sole, ma il troppo petrolio di alcuni ci aveva resi ciechi».
DANNI RUGGENTI
VOLKSWAGEN IN PANNE CAUSA OMERTÀ
È stata davvero una notte nibelungica, o meglio una Caduta degli dei wagnerian-viscontiana, quella andata in scena negli storici quartieri generali della Volkswagen a Wolfsburg. Di fronte all’ormai insostenibile situazione di quella che fu la più grande casa automobilistica del Pianeta, la parte del consiglio di amministrazione eletta dai sindacati dei dipendenti e dal governo regionale della Bassa Sassonia ha chiesto di conoscere tutta la verità sulla nascita della truffa e sui suoi complici, ma l’attuale presidente Müller, che ha sostituito il dimissionario Martin Winterkom, ha negato questa possibilità.
Secondo sindacati e potere politico, solo una totale ammissione di colpa nel Dieselgate potrebbe salvare la Volkswagen dal crollo di immagine oltreché di vendite. In pratica si chiede di sapere chi e per ordine di chi ha materialmente «disegnato il software truffaldino», chi ne era a conoscenza, chi ha autorizzato la corruzione di pubblici funzionari, chi ha falsificato i bilanci della società. Müller, in una seduta descritta come altamente drammatica, ha rivendicato il segreto industriale come «etica del nostro modo di fare affari» e ha messo in guardia dal disastro che seguirebbe la rivelazione della maniera in cui funziona il gruppo, annunciando che farà di tutto, «e con ogni mezzo» per proteggere «le persone devote a VW, all’industria, alla Germania» che hanno lavorato per assicurare una storia di successi e di creazione di benessere. «Rivelare il segreto del software» ha aggiunto «sarebbe come chiedere alla Coca-Cola di rivelare il segreto della sua formula».
A questo punto, è addirittura possibile che sindacati e governo locale denuncino il management per danni (il titolo in borsa ha perso il quaranta per cento del suo valore) e che la Volkswagen stessa smetta di esistere: e con lei un Modell Deutschland che ha segnato il capitalismo europeo. Per intanto, e per pagare i debiti che si accumulano, il gruppo ha deciso di mettere in vendita il suo maggiore gioiello, l’Audi, che ha già una folla di aspiranti compratori, i cinesi in primo luogo.
EL JEFE DE LOS JEFES
MUORE MESSINA DENARO, MA IL SUO IPAD DOV’È?
«Qualcuno è arrivato prima di noi. Appena prima» è l’unico commento che si riesce a strappare al capo della squadra dello Sco che tre giorni fa era giunta nella capitale venezuelana per effettuare l’arresto del più famoso latitante di Cosa Nostra, numero uno dei ricercati anche nella speciale lista del Fbi.
Matteo Messina Denaro, 53 anni, di Castelvetrano (Trapani) era latitante da 22 anni. Recentemente una raffica di arresti aveva colpito il suo apparato di protezione nella provincia trapanese e un’impressionante sequela di confische di beni aveva dato un’idea della sterminata ricchezza del boss. Sommando le proprietà riconducibili a lui, MMD era sicuramente l’uomo più ricco d’Italia.
L’ultimo capo dei capi è stato trovato morto, in vestaglia, composto sul letto, in una delle suite executive del JW Marriott di Caracas, un grand hotel 5 stelle di 17 piani nel quartiere finanziario El Rosal, dove hanno sede le più importanti istituzioni economiche legate al petrolio statale, le maggiori banche e le ville di quella che qui viene chiamata la boliburguesìa, la borghesia bolivariana diventata ricca negli anni del chavismo. Pochi, finora, i dettagli: Messina Denaro (che era registrato come Miguel Angel Delgado, uomo d’affari, passaporto spagnolo) era un cliente abituale del JW Marriott da diversi anni. Questa volta era arrivato da otto giorni. Abitudinario e discreto, era solito incontrare persone per affari sia in una delle sale riservate del pian terreno, che al Sur Mediterranean Grill. Una limousine dell’hotel era al suo servizio per gli spostamenti in città (Caracas è una città molto pericolosa).
La cattura del latitante era diventata un punto di orgoglio per il ministro dell’Interno Angelino Alfano e per la polizia di Stato. Dopo anni di avvistamenti e di polemiche per le protezioni «molto in alto» di cui godeva il latitante, questa volta la «soffiata» si era dimostrata giusta, ma evidentemente i poliziotti italiani non erano gli unici ad essere a conoscenza della vera identità del señor Delgado. Il cadavere, che non presenta segni di lesioni, è stato portato all’istituto di medicina legale. Il governo italiano ha ufficialmente chiesto al presidente Maduro la massima collaborazione (Matteo Renzi ha invece twittato al capo della polizia un eloquente «Bravi comunque»). Un primo, sommario sopralluogo nella suite non ha portato a molti risultati: a parte gli oggetti di toeletta e alcuni abiti, non c’è nulla. Nemmeno il famoso iPad che, si diceva, MMD portava sempre con sé. Tutte le ipotesi sono aperte, quindi. Delitto? Suicidio? Avvelenamento? Tradito da qualcuno di cui si fidava? Ucciso perché aveva deciso di trattare la sua resa?
Il Venezuela è da sempre una delle mete di riciclaggio della mafia siciliana, che è sempre stata legata a doppio filo con le personalità politiche al potere nel Paese. L’attuale instabilità politica venezuelana rende complicato il quadro delle relazioni tra Venezuela e Italia. E decisamente il cadavere di Matteo Messina Denaro è di quelli molto scomodi.
NON MORDERMI SUL PROTOCOLLO
CARLO III È IMPAZZITO. TANK A PALAZZO REALE
Londra. Al culmine del gravissimo conflitto istituzionale, e con lo stato di mobilitazione della propria base dichiarato dal segretario del partito laburista, un tank ha preso posizione di fronte al Palazzo reale. Dopo i drammatici fatti che hanno portato alla fine del lungo regno di Elisabetta II, la crisi attuale è cominciata quando il principe di Galles, a 68 anni, è stato incoronato a Westminster con il titolo di Carlo III. Avevano già destato sconcerto i primi passi del monarca, che ha vietato l’uso dei freezer nelle cucine reali, si esprime con sofferti monologhi e ha imposto al cerimoniale di usare i pentametri giambici per le comunicazioni ufficiali (in occasione del quattrocentesimo anniversario di William Shakespeare), ma il dissidio tra la Corona e il Parlamento è esploso di fronte al divieto di Re Carlo di controfirmare una legge in difesa della privacy proposta da tutto lo schieramento politico. Una mossa incomprensibile, specie se si ricordano le circostanze della morte di Diana, la prima moglie di re Carlo. Il Re ha annunciato che è nei suoi poteri ricondurre il Parlamento alla ragione.
Si apprende intanto che il principe Harry ha lasciato il palazzo, dichiarando di rinunciare ai propri titoli per fare una vita da commoner insieme alla studentessa di cui è innamorato.
(Questa è fantasia totale, naturalmente: Elisabetta sta benissimo. Ma è anche la trama di un’esilarante commedia, King Charles III, che si sta rappresentando a Broadway, sulla ragion d’essere della monarchia nel Ventunesimo secolo).
DIVORZIO ALLA SIRIANA
KAMIKAZE DISERTORI LASCIANO L’IS CON UN SMS
Urgente – notizie dal fronte della Quinta battaglia di Raqqa, la capitale dell’Is. Dal fronte della guerra. Nel corso dell’accerchiamento della città, ormai semidistrutta dai bombardamenti, le truppe inglesi hanno ricevuto una richiesta di resa, via smartphone, proveniente da un capannone, nei pressi delle rovine della celebre e antica moschea sciita Animar bin Yasir, che i jihadisti rasero al suolo tre anni fa (fu uno degli atti che segnarono la loro conquista della capitale). Era mattina presto e all’ordine di dare una prova, dal capannone sono usciti, quasi correndo e incuranti del fuoco alleato, almeno cinquanta giovani. La cosa ha fatto temere una corsa al suicidio di massa, come era già accaduto; ma la distanza di circa 400 metri dall’avamposto inglese era troppo elevata perché l’azione potesse avere successo.
Solo dopo parecchi minuti, osservando con i binocoli il gruppo che ora avanzava lentamente, si è notato come molti di loro sventolassero dei panni, oppure li tenessero tesi con le due mani. Erano le loro stesse cinture esplosive! Era avvenuto quello che tutti avevano sperato: che i candidati al suicidio finalmente si ribellassero alla morte certa. «Un segno del successo della nostra propaganda» ha dichiarato il generale J. Armstrong, che da settimane fa trasmettere in città musica, promesse di perdono e incredibili appelli a godersi la vita. Il gruppo è stato preso in consegna dagli psicologi militari e immediatamente trasportato fuori dal teatro della battaglia. Preziosissime le loro informazioni. Nella sola Raqqa sarebbero più di ottocento i martiri pronti ad essere chiamati all’azione, a cui viene fatto credere che la vittoria finale del Califfato sia ormai vicina.
BIG DATA
L’ORACOLO DI BANGALORE HA L’ISTINTO DEL CRAC
Si firma Naredam Rajan, ed è conosciuto come «l’oracolo di Bangalore», la città indiana che si è assicurata il monopolio mondiale del trattamento dei big data economici. Il suo blog di previsioni economiche a breve raggio è da anni molto consultato e quindi non è passato inosservato quello che Rajan ha postato venerdì sera, a mercati chiusi. Secondo lui stanno maturando le condizioni per un crac finanziario colossale. Eccole:
la caduta dell’economia brasiliana è ormai senza controllo. A partire proprio dal Brasile, si è aperta una nuova falla di mutui subprime, questa volta legati all’acquisto non della casa ma dell’automobile (prestiti troppo facili, compratori che non pagano le rate). Le banche hanno in portafoglio moltissimi di questi junk, sia in Usa che in Europa. Grandi istituti subiscono crolli in borsa, così come le maggiori case automobilistiche.
I recenti avvenimenti in Estonia, dove gli hacker hanno paralizzato la Visa, lasciano intendere che è possibile un attacco generalizzato al sistema di pagamento informatico, di fronte al quale tutto il mondo si troverà senza difese. Con bancomat e carte che smettono di funzionare, la stessa vita quotidiana viene messa in discussione. I governi sono chiaramente impreparati davanti a questa evenienza: non c’è abbastanza carta moneta in circolazione. Previsti problemi di ordine pubblico.
Una tempesta solare è in pieno svolgimento. L’aumento delle radiazioni magnetiche del Sole può mettere fuori uso non solo il funzionamento dei motori elettrici, ma danneggiare anche seriamente una buona metà degli smartphone in circolazione.
Se tutti tre questi fenomeni si verificheranno insieme, secondo l’oracolo di Bangalore, l’economia mondiale andrà incontro alla «tempesta perfetta».
SUNNISTAN
HILLARY, PUTIN, IL PAPA E L’IRAN: LA NUOVA YALTA
La sorpresa di ottobre, quella che sempre arriva a ridosso del voto, anche questa volta si è verificata. A un mese dalle elezioni presidenziali americane, la candidata democratica Hillary Clinton si è recata nella capitale Azerbaigian, Baku, per un incontro al vertice che ponga le basi per un assetto definitivo del Medio Oriente dopo la prevedibile vittoria finale contro l’Is; è in gioco la creazione del famoso Sunnistan di cui si parla da un anno. La foto di gruppo è destinata a passare alla storia come la «nuova Yalta». Hillary Clinton siede infatti tra Vladimir Putin e Papa Francesco e alle sue spalle c’è la guida spirituale degli Sciiti ayatollah Ali Khamenei.
SUNNISTAN/2
TRUMP, PUTIN, ISRAELE, SAUDITI: LA NUOVA YALTA
La sorpresa di ottobre, quella che sempre arriva a ridosso del voto, anche questa volta si è verificata. A un mese dalle elezioni presidenziali americane, il candidato repubblicano Donald Trump si è recato nella capitale dell’Azerbaigian, Baku, per un incontro al vertice che ponga le basi per un assetto definitivo del Medio Oriente dopo la prevedibile vittoria finale contro l’Is; è in gioco la creazione del famoso Sunnistan di cui si parla da un anno. La foto di gruppo è destinata a passare alla storia come la «nuova Yalta». Donald Trump siede infatti tra Vladimir Putin e il premier di Israele Benjamin Netanyahu, e alle sue spalle c’è Salman, monarca dell’Arabia Saudita.
INVERNO CALDO
DA MILANO A ROMA, IL’68 DELLE BADANTI
Ieri è avvenuta la prima manifestazione pubblica, con un risultato di molto superiore alle aspettative, specie a Torino, Milano e Brescia, dove i cortei sono stati imponenti. A Roma, imprevista adesione al corteo di almeno cinquemila colf filippine. A Genova, invece, le badanti, in maggior parte di origine ecuadoregna, hanno sfilato insieme alle loro assistite e ai loro figli adolescenti, notoriamente accusati di far parte di violente gang. Il partito delle badanti, insomma, è ormai diventato una realtà. Da quando il parlamento italiano ha approvato lo jus soli, compresa l’annessa sanatoria e, a sorpresa, l’estensione immediata del diritto di voto, la platea elettorale italiana è improvvisamente aumentata. Dei numerosi partiti di immigrati che si sono immediatamente formati, quello delle badanti, cui si sono iscritte già 700mila persone, in prevalenza rumene, è il più numeroso e organizzato. Le loro richieste riguardano un diverso trattamento pensionistico, diritti sindacali, politiche in favore della casa e, naturalmente, aumenti salariali. Secondo i sondaggi, nelle regioni del Nord le badanti potrebbero raggiungere risultati importanti alle prossime elezioni locali e diventare l’ago della bilancia dei ballottaggi (come hanno fatto notare subito Giuliano Pisapia e Ignazio Marino).
Sotto la loro spinta, poi, la tendenza ad organizzarsi si è estesa ad altri settori: un esempio sono gli ottocento piccoli imprenditori albanesi che hanno chiesto di essere rappresentati in Confindustria.
Secondo l’Inps, l’accoglimento delle richieste degli immigrati rischia di far saltare le casse dell’istituto. Per gli analisti politici, se si arriverà – ma non è detto – a un «partito unico degli immigrati», associato a un’altra formazione politica – questo potrebbe arrivare a un 8-10 per cento del voto complessivo. Questa è la ragione per cui l’Italicum è considerato ormai da tutti, governo per primo, un sistema elettorale troppo rischioso.
AIR DE PARIS
IL SINDACO METTE L’AUTO FUORILEGGE
Sciami di biciclette sui Campi Elisi, ricomparsa dei vecchi Velosolex degli anni Sessanta, esplosione del car sharing di auto elettriche e, naturalmente, «crollo dei gas e delle polveri sottili». Da quando la sindaca socialista Anne Hidalgo ha deciso di passare alle vie di fatto per «sradicare il diesel» e ridurre della metà il parco macchine circolanti a Parigi, sono passati tre mesi e le proteste iniziali di commercianti e pendolari sono praticamente cessate. La misura drastica (inizialmente il piano era graduale e prevedeva l’attuazione nel 2020, ma Hidalgo ha pensato di dare una scossa per superare il clima di languore che si era impossessato della città dopo gli attentati) ha naturalmente provocato il boom delle biciclette, dei tricicli per le consegne merci, e persino la pace tra i taxisti e Uber; favorita anche l’industria automobilistica francese, riconvertita alle auto elettriche prodotte dall’industriale Vincent Bolloré (boom di vendite per la «ricaricabile a casa», a soli 900 euro). «Le strade di Parigi sono fatte per le donne, gli uomini e gli loro amori. Non per i fumi delle marmitte» ha commentato Hidalgo, per la quale è possibile un ruolo di punta per le elezioni presidenziali del 2017.
CIMICI E BARI
I MISTERI DELLE COSCHE IN TRE CONTAINER
Occupa lo spazio di tre container: il carico è partito questa mattina da Palermo alla volta del Centro Ascolto e Accertamento Verità istituito dal governo all’Eur (il mondo politico romano l’ha immediatamente battezzato «Cottonfioc»). Si tratta del più vasto rinvenimento di bobine registrate mai avvenuto, destinato a fare riscrivere la storia dei rapporti tra lo Stato e Cosa Nostra. Come si ricorda, appena quattro mesi fa, dopo una segnalazione anonima, i carabinieri della Legione territoriale di Palermo hanno scoperto una quantità sterminata di bobine, nastri registrati, brogliacci di ascolto depositati, cassette, cd, chiavette Usb in alcuni dei luoghi più folkloristici della città, dallo Spasimo alle Catacombe dei Cappuccini, fino alle cantine della Casa di Cagliostro. Il materiale abbandonato è stato «utilizzato nell’attività di contrasto di Cosa Nostra da parte di istituzioni preposte alla sicurezza dello Stato» nel corso di mezzo secolo. Sulla sua veridicità e «utilizzabilità» deciderà un’apposita Commissione Bilaterale. Non si sa ancora se potrà essere usato per riaprire vicende giudiziarie già concluse, ma il materiale è sicuramente di valore storico eccezionale.
Dai primi esami, oltre a colloqui telefonici tra uomini della mafia e uomini dello Stato, le bobine contengono anche le registrazioni delle riunioni della Cupola negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, interrogatori e confessioni in carcere, e altro materiale «attinente ad una vastissima e continuata attività di spionaggio».
LE PEN CLUB
MARINE BOCCIATA IN ANTISEMITISMO
Rottura aperta del Front National, il partito xenofobo francese che si apprestava a condurre una campagna elettorale d’attacco per la conquista dell’Eliseo nel 2017. Tutto si è svolto in famiglia. La presidente Marine Le Pen, che aveva partecipato a un dibattito organizzato da diverse comunità religiose a Lione (il titolo: Dall’Antisemitismo all’Islamofobia, le paure della Francia profonda), è stata duramente redarguita dalla giovane nipote Marion Maréchal Le Pen, «seconda bionda» del partito. Un suo labiale particolarmente offensivo riferito alla zia (regardez-la, la salope) ha fatto il giro dei social network. Subito è arrivato a Marion l’appoggio del vecchio Jean-Marie Le Pen, il fondatore del Front, che proprio la figlia Marine aveva espulso per «eccesso di antisemitismo». Il quasi novantenne Jean-Marie sprezzantemente ha dichiarato: «Per un pugno di voti, per un po’ di potere, Marine si metterebbe anche la kippah e farebbe circoncidere i suoi figli». Marion ha postato sulla sua pagina Facebook gli auguri di compleanno per il nonno e ha aggiunto: «Non è questo il Front National che hai fondato e per cui hai lottato tutta la vita».
Il direttorio che guida il Fronte è spaccato, e la lite tra le due bionde aspiranti Giovanna d’Arco non è destinata a comporsi.
«Siamo stati fortunati» hanno commentato, praticamente all’unisono, sia Francois Hollande che Nicolas Sarkozy.
ACQUA ALLA GOLA
ALTRO CHE SICCITÀ, CALIFORNIA INONDATA
Era stato previsto ed è avvenuto. Dopo quattro anni di siccità, la California è andata sott’acqua. Tutto è cominciato con El Niño, il fenomeno atmosferico quest’anno particolarmente accentuato, per cui le acque dell’Oceano Pacifico surriscaldate hanno creato «fiumi atmosferici» (enormi nubi di vapore acqueo larghe fino a 60 chilometri galleggianti nell’aria) di fronte alle alture della Sierra Nevada. Una catena di tempeste e temporali, chiamati qui PineappleExpress, ha interessato tutta la costa dal Messico al Canada; la California è stata battuta dal vento per venti giorni consecutivi e i «fiumi atmosferici» si sono scaricati a terra. Il risultato è stato disastroso: tutta la Central Valley, centro mondiale della produzione agricola, è sotto tre metri d’acqua; coperte d’una acqua color marrone anche molte parti del deserto Mojave, sommersa la capitale dello Stato, Sacramento.
Si prevede che la normalità potrà tornare solo tra molti mesi. Un cataclisma simile ha un precedente solo nel 1861, quando nella California della corsa all’oro si creò un lago lungo trecento chilometri e largo quaranta e morirono un milione di capi di bestiame.
LE IDI DI MARMO
IL CLAN BIN LADEN CONQUISTA CARRARA
L’Arabia Saudita ha preso il controllo delle cave di marmo di Carrara per garantire la sicurezza del suo investimento. La notizia, che ha dell’incredibile, è stata praticamente confermata dal governo italiano. Da mesi ormai, grazie ad un accordo riservato tra Roma e il governo di Riad, le storiche cave, gli stabilimenti di estrazione e taglio del marmo, i mezzi di trasporto e – ovviamente – tutte le maestranze, sono sottoposte alle «regole saudite».
Tutto è iniziato nel 2014, quando il gruppo bin Laden (la famiglia di cui faceva parte il fondatore di Al Qaeda, Osama) ha acquistato, per 45 milioni di euro, il 51 percento della MarmoCarrara, che controlla la quasi totalità delle cave. Da allora sulle Alpi Apuane si lavora per una commessa unica, il più grande progetto edilizio del Pianeta. Il Gruppo Bin Laden (la più potente multinazionale conglomerata del mondo arabo) si è infatti aggiudicata il faraonico progetto di rifacimento dei Luoghi Sacri, La Mecca e Medina, per cui è previsto un impiego senza precedenti nella storia di marmo pregiato.
Il marmo carrarino rivestirà cinque minareti ognuno di 500 metri di altezza, la nuova cupola della Mecca, fornirà il camminamento per i previsti 11 milioni di pellegrini all’anno e sarà ampiamente utilizzato nel nuovo aeroporto di Gedda, il cui terminal è chiamato «il miglio» per la sua lunghezza. (La supermarmorea Roma rinascimentale, con annessa epopea michelangiolesca, è destinata scomparire di fronte al trionfo islamico targato Riad. Le colonne che reggeranno la nuova cupola della Mecca sono annunciate di «dimensioni mai viste al mondo»).
Gli avvenimenti della guerra hanno dunque reso le Alpi Apuane un obiettivo sensibile, essendo ormai diventati tanti i nemici di Riad e della sua politica. Di qui – dopo alcune minacce considerate molto credibili – la decisione di «mettere sotto tutela» tutto il processo lavorativo che da Carrara porta i marmi appena sbozzati fino a Gedda per la lavorazione finale.
Il cuore della Toscana, in sostanza, ormai lavora per l’Islam. Un cavatore, che si è visto fermato a un posto di blocco saudita, è sbottato: «Con l’Oriana viva, tutto questo non sarebbe successo».
CAMBIO DI GENI
GUARIRE DAL CANCRO MA A CARO PREZZO
In contemporanea a Pechino e New York la International Dna Technology e la Bejing Celi Future stanno rivelando alcuni particolari del loro brevetto comune: una nuova tecnologia che permette di identificare in tempi brevi l’origine genetica di diversi tipi di malattia (tra cui la fibrosi cistica e la distrofia muscolare) e di tumori (tra cui l’adenocarcinoma del polmone) e di sostituire i «geni difettosi» che causano la malattia con un «set di geni nuovi». Il brevetto è figlio diretto della scoperta dei CRISPR che è valso il Nobel a Feng Zhang e Jennifer Doudna. I Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats – una sequenza di geni nascosta in una «piega» del Dna che riconosce virus invasivi e sviluppa uno speciale enzima che li uccide facendoli a fette. Il nuovo procedimento prevede di replicare la malattia o il tumore su colonie di topi e di sperimentare su di loro le affinazioni progressive di un «modello base genetico» che sostituisce quello difettoso. Il tempo complessivo del procedimento (che solo poco fa avrebbe richiesto anni) sarà limitato a tre mesi. Il costo orientativo, per un risultato promesso come «guarigione definitiva», è per ora fissato in un milione di dollari.
I fondatori delle due società hanno dedicato la loro impresa a Steve Jobs, morto nel 2011 per un tumore al pancreas: «Con l’ingegneria genetica e la potenza attuale dei microprocessori, Steve sarebbe ancora tra noi».