il Fatto Quotidiano, 31 dicembre 2015
Caso Cucchi, l’intercettazione in cui l’ex moglie dice al carabiniere: «Hai raccontato tu di aver picchiato quel drogato di merda»
È uno scontro verbale durissimo. Un’accusa forte, quella di aver picchiato “quel drogato di merda”, rivolta al carabiniere Raffaele D’Alessandro, indagato dalla Procura di Roma per lesioni aggravate in merito al pestaggio sul 31enne Stefano Cucchi. A rinfacciargliela è l’ex moglie, Anna Carino, che vuole i contributi per i figli.
Lo rivela l’intercettazione telefonica trasmessa ieri dal Tg1, registrata dalla squadra mobile della questura di Roma il 29 settembre scorso. Il giorno prima la donna aveva scritto un sms: “Prima o poi dovrai cacciare la tua parte… Cosa che fino ad adesso sta a provvede qualcun’altro! Poi ti lamenti che non li vedi per via della partita la domenica e il catechismo!! Ma sii contento che fanno ste cose e so felici.. preoccupati di piu se non li vedi se t’arrestano!!”.
Intorno alle 12 del 29 settembre lui le telefona: “Ieri il messaggio che hai mandato, ‘pensa se ti arrestano’ a me non mi arrestano perché, prima cosa… a me non mi arrestano su una cosa che non ho fatto”. Nega con convinzione e con una voce tesa, senza specificare cosa avrebbe fatto. Lei gli replica con calma: “Non ti preoccupare perché poco alla volta ci arriveranno perché tu come hai raccontato a me lo hai raccontato a tanta gente quello che hai fatto…”. Il carabiniere non ci vede più: “Ma che ho fatto!?”, dice urlando. “Hai raccontato la perquisizione, hai raccontato di quanto vi eravate divertiti a picchiare quel drogato di merda”, risponde l’ex. La situazione degenera: “Ma tu sei una puttana di merda, Anna! – dice –. Ma che cazzo stai dicendo?”.
La telefonata dura tre minuti e l’agente che la trascrive riassume così: “Raffaele continua dicendo sull’orlo di una crisi di nervi che non ce la fa più con lei e ripetendo più volte ‘Cosa vuoi da me’”. Una reazione anomala per chi non avrebbe fatto nulla, sostiene il sostituto procuratore Giovanni Musarò, titolare dell’indagine bis sulla morte di Cucchi, avvenuta il 22 ottobre 2009 dopo il fermo dei carabinieri della notte tra il 18 e il 19 ottobre. Per il pm D’Alessandro avrebbe reagito così perché “ben conscio del fatto che la telefonata potesse essere intercettata”. Per quel motivo poi il militare avrebbe chiamato altre persone per raccontare la conversazione con l’ex.
Lei, invece, ha confermato la sua versione anche al pm, che ha iscritto nel registro degli indagati cinque carabinieri: oltre a D’Alessandro, sono sotto inchiesta per lesioni aggravate anche i suoi colleghi Alessio Di Bernardo e Francesco Tedesco, mentre altri due – Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini – sono accusati di falsa testimonianza. Quella notte i primi tre avrebbero picchiato Cucchi nella stazione Casilina, dove il ragazzo sarebbe stato portato dopo la perquisizione. Gli altri due invece avrebbe omesso alcune informazioni nei verbali per depistare le responsabilità.
Per Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi, è “un’intercettazione agghiacciante, la prova inoppugnabile del pestaggio”. Per lui “è ora che tutti parlino”.