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 2015  dicembre 31 Giovedì calendario

Dolce&Gabbana vince il primo round contro il fisco

Dolce&Gabbana vince il primo round sulla detrazione Iva di 8 milioni di euro contestata dal fisco. La commissione tributaria provinciale di Milano (presidente Fugacci, relatore Chiametti) ha accolto con la sentenza 9430/40/2015 il ricorso di D&G contro un avviso di accertamento finalizzato a recuperare la detrazione Iva effettuata in relazione a un’operazione riferita alla produzione e alla commercializzazione dei profumi e a irrogare le sanzioni.
La vicenda nasce da un processo verbale di constatazione (pvc) notificato a settembre del 2009 al termine di una verifica fiscale iniziata nell’estate di quell’anno. L’amministrazione finanziaria ha messo sotto la lente la transazione (per un corrispettivo totale di 40 milioni di imponibile su cui è stata calcolata l’Iva all’epoca dei fatti ad aliquota del 20%) con una società con cui D&G aveva stipulato già dalla fine del 1990 un contratto di licenza in esclusiva per la produzione e la commercializzazione di un profumo con il marchio Dolce&Gabbana. Il contratto stabiliva che alla data della cessazione (fissata per fine novembre 2005) D&G avesse il diritto ad acquistare la formula del profumo a un prezzo del 10% del fatturato dell’ultimo anno moltiplicato per gli anni trascorsi dall’inizio del contratto. Prima della naturale scadenza dell’accordo, però, è stata comunicata la disdetta, da cui è scaturita una negoziazione che si è conclusa con la sottoscrizione di due intese. Con la prima l’ex licenziataria ha ceduto i beni immateriali compresi nella proprietà intellettuale e nelle informazioni produttive relative ai profumi a marchio «Dolce & Gabbana» e, in particolare, relativi al packaging, alla pubblicità e alla promozione di tali prodotti.
La seconda intesa, invece, stabiliva la rinuncia a ogni diritto sulla fornitura di essenze da parte delle case di profumi e consentiva a queste ultime di fornire tali essenze a D&G e/o al nuovo licenziatario. A fronte di queste due operazioni l’ex licenziatario emetteva fatture contenenti addebiti Iva per complessivi 8 milioni di euro, versati da quest’ultimo e portati in detrazione da Dolce&Gabbana nell’anno d’imposta 2006.
Tuttavia, ad avviso del fisco, queste operazioni e la successiva stipula di un altro contratto di licenza per la produzione di profumi erano «da considerare – si legge in sentenza – quali elementi costitutivi di un’unica fattispecie qualificabile come cessione di azienda e, di conseguenza, soggetta non a Iva, bensì a imposta di registro». Con l’insieme delle operazioni, a detta dei verificatori, era stata ceduta «l’azienda costituita da un complesso unitario di beni materiali, beni immateriali (intangible assets), diritti, rapporti contrattuali e personale». Da questo è scaturito un avviso di accertamento con la rettifica Iva di 8 milioni di euro, che è stata ritenuta indebitamente detratta.
L’atto è stato impugnato in Commissione tributaria provinciale, che ha accolto il ricorso. La sentenza esclude che vi sia stata una cessione d’azienda, situazione in presenza della quale appunto non si sarebbe applicata l’Iva ma il registro e quindi la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto non sarebbe stata consentita. «Con il trasferimento di stampi e dei diritti sugli stessi e con lo spostamento di beni immateriali, quali ad esempio la cessione delle formule di profumi, non vi è cessione di azienda. Ciò perché non vi è stato il trasferimento dei singoli beni/contratti/rapporti erroneamente indicati dall’ufficio». Di conseguenza almeno secondo i giudici tributari di primo grado, le determinazioni secondo cui i beni trasferiti configurano un’azienda «risultano prive di fondamento» e l’avviso va annullato nella sua interezza.