Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  dicembre 31 Giovedì calendario

A che punto sono i piani di Marchionne per Fiat?

Alle prese con l’idea di una mega fusione con la General Motors, Sergio Marchionne sembra scomparso dai radar italiani. Se ne sentono sempre meno le esternazioni, tranne quando deve incensare l’amico Matteo Renzi.
Per la Fca, in realtà, si chiude un anno positivo. Aumento delle vendite, quotazione in borsa della Ferrari con contestuale riduzione del debito Fca, chiusura dell’accordo con il sindacato statunitense – pure al prezzo di una riscrittura in extremis. Il 2015 è però anche un anno denso di problemi: il caso Volkswagen ha avuto un impatto sul resto dell’industria automobilistica; la stessa Fca ha dovuto richiamare dalla circolazione un numero cospicuo di auto, l’ultimo riguarda 570 mila Suv; il mercato asiatico, diversamente dal previsto, ha iniziato a rallentare; l’Alfa Romeo ha rivisto i suoi piani e diversi stabilimenti italiani hanno ripreso a utilizzare la cassa integrazione.
Da un lato, quindi, c’è il successo della Jeep, che sta trainando l’azienda a livello mondiale, e quello, più modesto ma incisivo, della 500. Resta però la sofferenza del marchio Alfa e soprattutto della Maserati (-22% a novembre) con conseguente riflesso sugli stabilimenti interessati. È di pochi giorni fa, infatti, la notizia di due nuovi prolungamenti della cassa integrazione per Mirafiori, dove andrà in produzione il suv Levante e per quello di Grugliasco. Continua poi la cassa integrazione a Cassino dove si aspetta il varo della nuova Giulia.
In casa Fca, l’ottimismo è d’obbligo e l’azienda invita a guardare ai successi fin qui ottenuti, in particolare alla 500 e alla Jeep. Corre l’obbligo, però, di ricordare gli annunci fatti da Marchionne a Detroit, nel maggio del 2014, quando indicò l’apertura “di un nuovo libro” con un piano industriale basato su decine di nuovi modelli, sul restyling complessivo del marchio Alfa, sulla conquista di fette consistenti del mercato asiatico. Obiettivo di fondo, vendere 7 milioni di vetture nel 2018 di cui 1,9 milioni per le sole Fiat grazie a un aumento di 300 mila vetture nel mercato asiatico e di cui 400 mila per l’Alfa Romeo.
Guardando alle previsioni per il 2015 la strada da compiere sembra ancora molta e non uguale per tutti. Le vendite di quest’anno dovrebbero raggiungere i 4,8 milioni di unità contro i 4,6 del 2014. Il grosso, 2,7 milioni, è realizzato nel mercato nordamericano (Nafta) grazie al traino di modelli come la Jeep Renegade. Nel mercato europeo (Emea) si dovrebbe avere un miglioramento di 100 mila unità compensati in negativo dalla perdita in America latina. Ma è il dato del mercato asiatico a preoccupare perché non si prevede nessun aumento.
La situazione si riflette già sugli stabilimenti italiani. Il 21 dicembre l’azienda ha annunciato un altro anno di cassa integrazione per “riorganizzazione” alle Presse di Mirafiori coinvolgendo tutti i 650 addetti che si trovano in questa situazione dall’estate del 2013. Ricorso alla cassa integrazione anche alla Maserati di Grugliasco dopo le 4 settimane già effettuate tra novembre e dicembre e la chiusura per le feste fino all’11 gennaio. Situazione difficile anche a Cassino dove l’arrivo della nuova Giulia viene rimandato in continuazione e la Fiom parla di “pessimismo che comincia a farsi largo tra i lavoratori”. Il pessimismo, in realtà, è stato alimentato dal sito Autonews.com secondo il quale la Giulia, inizialmente annunciata per fine 2015, slitterà a metà 2016 mentre tutti gli altri modelli slitteranno ulteriormente rendendo molto difficile l’obiettivo delle 400 mila unità nel 2018.
Situazione stazionaria a Pomigliano dove la produzione della Panda prosegue con il ricorso al contratto di solidarietà visto che i volumi complessivi – per il 2015 si stimano 160 mila vetture – non hanno mai raggiunto le capacità produttive dello stabilimento.
A tirare davvero in Italia sono gli stabilimenti di Melfi e Atessa. Nel primo, con la produzione di Jeep e 500X, si sono avuti, con la piena soddisfazione di Fim e Uilm, firmatari delle intese con Marchionne, 1.848 nuovi contratti. Un esplicito omaggio al Jobs act di Matteo Renzi. Alle assunzioni ha fatto da contraltare l’aumento dei ritmi di produzione. Melfi, infatti, ha introdotto i 20 turni lavorativi che comprendono anche la domenica non senza qualche malumore in fabbrica intercettato dalla Fiom.
Analogo omaggio al Jobs Act, con riferimento esplicito nel comunicato aziendale, anche alla Sevel di Atessa, dove si produce il Ducato in partnership con Peugeot. Dal 30 dicembre, in tempo per usufruire degli sgravi contributivi pieni (dal 2016 vengono dimezzati), sono stati stabilizzati 300 nuovi operai portando a 6.300 l’organico dello stabilimento. Allo stesso tempo, però, i lavoratori hanno deciso di scioperare contro il taglio della pausa di 10 minuti.
Gli stabilimenti, dunque, vivono al ritmo del successo dei vari modelli che vengono pianificati, o sospesi, in base agli andamenti di mercato. Il caso Volkswagen, ad esempio, a detta dello stesso Marchionne, ha avuto ripercussioni sull’Alfa. In questo contesto la flessibilità per la Fca è un obbligo, anche quando si basa su massicce dosi di cassa integrazione o su un contratto in cui gli aumenti sono basati sui risultati. Resta da vedere cosa accadrà nel futuro e se il libro di Marchionne diventerà un successo internazionale oppure si tramuterà in un libro dei sogni.