Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  dicembre 31 Giovedì calendario

Nei videogiochi si fraternizza subito, anche con il nemico. Elogio di un mondo social che unisce più di un post o di un tweet

Due versioni del concetto di prossimo, quella del cristianesimo: «Ama il prossimo tuo come te stesso»; e l’altra, più sensata e praticabile, di Friedrich Nietzsche: «Ama il tuo lontano». D’altra parte i prossimi sono pesanti, il capoufficio, parenti che non avresti mai voluto avere, i vicini di casa, o una moglie che non ti lascia giocare con la Playstation, attività fondamentale di un essere umano evoluto.Virtuale e reale? Distinzione banale, le società umane vivono di virtualità, dai geroglifici egizi agli affreschi di Giotto al cinema, i mondi migliori sono sempre stati virtuali. Un mondo di asociali? Di misantropi solitari? Non credo, basti vedere appunto il successo dei social, e dei videogiochi di successo chiamati next-gen, dove si può giocare sempre più insieme, online. Anzi, mentre Facebook e Twitter sono luoghi di esibizionismo grafomane e odio egocentrico, nei videogiochi si fraternizza subito, anche con il nemico.
«Come faremmo a sopravvivere senza app? Almeno avrai qualcosa con cui tenerti occupato quando la tua dolce metà inizia ad annoiarti parlandoti della sua giornata». Nella Rockstar Games, la casa di software produttrice del famoso Grand Theft Auto, ci sono dei geni, e non solo nel programmare: alla retorica sulla sociologia antimoderna che allontana dalla vita reale rispondono con applicazioni «che ti permetteranno di sentire ancora meno il bisogno di interagire con il prossimo». La vita a Los Santos, la città gemella di Los Angeles di GTA 5, da quando è stata lanciata la versione online conta centinaia di migliaia di cittadini, o meglio di gangster. Ma si può anche andare in giro serenamente, godersi i panorami, vivere una vita alternativa, la più spericolata, senza rischi, e fare cose che non si sono mai fatte. Per esempio io che odio le spiagge, dopo un’estenuante sparatoria sulla collina di Hollywood (che si chiama Vinewood), ho perfino fatto un bagno al mare, e il mare di GTA è più bello del mare reale, non ci si deve neppure asciugare dopo, non si suda sotto il sole, e non ti rimane la sabbia appiccicata addosso. Tra l’altro con una carta da quattordici euro ci si può comprare un appartamento di lusso da un milione di dollari, e senza pagarci l’Imu.
In principio fu Second life, che oggi è un mondo disabitato con un suo fascino romantico, supermercati vuoti, ville abbandonate, sbaraccato dall’idea più semplice di Zuckerberg, ma ciò che è uscito dalla porta ritorna dalla finestra, o meglio dalle console. In fondo in Second life non succedeva granché, alla fine ti ritrovavi a lavorare ore per avere dei Linden dollars, e non c’era la morte. Una prova dell’idea rappresentata da Jonathan Swift nei Viaggi di Gulliver: se fossimo immortali, ci annoieremmo a morte (e però sarà, bisognerebbe provare).Così un piccolo passo per l’uomo ma un grande passo per l’umanità lo ha compiuto poco più di un anno fa la Bungie con Destiny, dove oltre alle battaglie campali nei pianeti del sistema solare ci si può incontrare in una torre, per prendere dei potenziamenti, nuove armi, ma anche fare due chiacchiere e aggiungere un amico.
Nel frattempo milioni di giocatori in ogni momento della giornata si stanno combattendo a Jakku, in Battlefront, il videogame di Star Wars prodotto dalla Electronic Arts (e altrettanti, non amanti dello spazio ma delle sparatorie poliziesche, in Battlefield Hardline), e mentre si sparano parlano, socializzano, si scambiano opinioni. Con un dettaglio non da poco: manca la classica campagna single player, e nessuno se ne lamenta, la solitudine è bandita.
Anche Black Ops III, l’ultimo capitolo di Call of Duty della Activision, è molto socializzante, mi sono fatto amici perfino bambini di otto anni che mi sembrano più maturi dei vicini di cassa di sessanta. Il problema è che più sono piccoli e più ti battono, e quando ti chiedono quanti anni hai e rispondi quarantacinque ti senti vecchissimo, ma anche giovanissimo.
Infine nel 2016 uscirà l’attesissimo For Honor, della Ubisoft, dove si possono organizzare, in un mondo medievale, assedi di squadra a castelli di altre squadre, una figata. Morale della favola: ama il tuo lontano. E se non ti piace, sparagli. Forse sarebbe stata una buona idea per combattere i pazzi islamici dell’Isis: regalargli delle Playstation. Purtroppo le avevano, e le usavano per parlare senza essere intercettati. Se avessero il coraggio, anziché sparare a persone inermi in un teatro, verrebbero a sfidarci a uno sparatutto online, e lì gli faremmo un culo così senza alzare il nostro dal divano.