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 2015  dicembre 31 Giovedì calendario

È l’ultimo articolo del 2015, come sempre in questi casi si vuole sapere dal cronista che cosa vede nell’anno a venire

È l’ultimo articolo del 2015, come sempre in questi casi si vuole sapere dal cronista che cosa vede nell’anno a venire. Il cronista sente con forza di essere impari al compito che gli viene chiesto. Lo consola la vecchia frase di Brera: «Solo chi non fa pronostici, non li sbaglia».

• Quindi, per favore, faccia l’astrologo.
Mettiamo in fila, per ordine di importanza, gli avvenimenti del prossimo anno: 1. Le elezioni americane di novembre (il primo martedì dopo il primo lunedì del mese); 2. Le elezioni amministrative in Italia di giugno; 3. Il referendum confermativo della riforma costituzionale che, lo ha detto Renzi l’altro giorno, dovrebbe tenersi in ottobre; 4. L’andamento della guerra in Siria; 5. L’andamento della guerra civile in Libia; 6. Il prezzo del petrolio e le conseguenze del suo calo sulla Russia e sull’Arabia saudita; 7. Lo stato di salute dell’Europa e dell’euro; 8. Lo stato di salute delle nostre banche e il confronto tra Italia e Ue (oppure tra Italia e Germania, o anche tra Renzi e Merkel); 9. Quindi lo stato di salute del Paese, la verità dietro i pochi decimali della cosiddetta ripresa; 10. Beh, sono anche interessato al destino del nostro centrodestra, piuttosto oscuro.

• Dieci questioni e ci siamo dimenticati la più importante: il 2016 è un anno pieno di ponti. A parte il 1° maggio, che cade di domenica, potremo tutti, con due o tre giorni sapientemente chiesti al datore di lavoro, farci un bel po’ di vacanze.
Con effetti deprimenti sull’economia, però. È difficile persuadersene, ma dalla crisi, dalla quale l’Occidente non è affatto uscito, e dalla quale meno che mai siamo usciti noi, si viene fuori solo lavorando il doppio di prima e rassegnandosi a meno soldi di prima. Vuole parlare di questo?

• Andiamo con ordine.
Ho messo al primo posto le elezioni americane e prevedo che Trump vincerà la candidatura repubblicana, dovendosela vedere alla fine con la Clinton. Qualcosa mi dice che la Clinton, in questo confronto, avrà vita dura. Il rischio che perda esiste. Sarebbe una catastrofe, come preconizzano all’unisono esperti di tutti i tipi? Io non lo so, e del resto il rischio della democrazia è questo: nessuno è autorizzato a rilasciare patenti di legittimità a governare. Vale anche per noi, badi bene: per esempio modificare l’Italicum per rendere possibili le coalizioni e ostacolare l’eventuale vittoria di Grillo (nel 2018) sarebbe un’autentica iattura. La Francia voterà nel ‘17, quindi per la prova Le Pen dovremo aspettare ancora un po’.

• Le elezioni in Italia.
Si rinnovano le amministrazioni, tra l’altro, di Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli. È un appuntamento a cui il premier si presenta debole (per ora). Il tentativo è di svuotarle di significato politico, in modo che eventuali sconfitte gravi (Roma, Napoli) non abbiano conseguenze sul governo. E di caricare invece di senso il referendum di ottobre, da trasformare in un plebiscito sullo stesso Renzi. Non vedo crisi di governo, mi sembrano molto mal messi sia il centro-destra che la sinistra cosiddetta radicale, Renzi, nel 2018 a quanto pare dovrà vedersela con Grillo, ed è doveroso non temere una vittoria dei cinquestelle. Ricordo che da giugno, essendo passata o quasi l’abolizione/trasformazione del Senato, l’Italicum entra in vigore. Non tira aria di bocciature da parte della Corte costituzionale.

• Le restano un migliaio di battute per completare il quadro.
Il Califfo mi pare destinato a diventare un leader africano, forse ritirandosi in Libia, forse ancora più a sud. L’area siro-irachena sarà divisa in tre parti, e una di queste parti sarà, per la prima volta, una nazione curda. Vedo Assad, se non lo ammazzano, ospitato in qualche centro termale russo. Questi sviluppi sono influenzati però dall’andamento delle crisi in Libia e in Yemen. Il prezzo del petrolio dovrebbe restar basso, non solo per la volontà dei sauditi di far la guerra al fracking americano, ma anche per il rallentamento cinese, destinato a durare, purtroppo. La deflazione, quindi, incombe. La crisi dei traffici mondiali può avere conseguenze importanti anche sull’Europa, che campa più di export che di domanda interna, visto che la sua popolazione è sempre più vecchia. La partita europea, ammettiamolo, si gioca ormai sulla soluzione del problema italiano. O riusciamo a diventare un paese moderno, liberandoci dei tanti signori e signorotti e dei loro vassalli e valvassori, oppure saranno guai per tutti. Non è detto che non saremo costretti a consegnarci alla Troika, alla fine.