Corriere della Sera, 31 dicembre 2015
La Dakar riaccende i motori. Anche Sebatian Loeb nella gara più dura del deserto
Resistente al tempo e alle mode, ai cambiamenti geopolitici e alla sinistra fama che l’accompagna, la Dakar riaccende i motori dopodomani. Da Buenos Aires 354 veicoli fra auto, moto, camion e quad daranno il via alla corsa più pericolosa del mondo.
Oltre 9.300 km fra Argentina e Bolivia – Cile e Perù hanno rinunciato per paura delle tempeste previste in questo periodo dell’anno a causa del Niño —, deserti e altipiani (si sale fino a quota 4.600 metri) nella sfida preferita dagli «Ironman» dei motori, quindici sono italiani. Appassionati capaci di risparmiare un anno pur di esserci e stelle raggiungibili. Come il nove volte campione del mondo di rally Sébastien Loeb. Per la prima volta assaggerà la durezza del raid al volante di una Peugeot 2008.
Possibile che un’avventura estrema che in 36 edizioni ha falciato 40 vite – da Fabrizio Meoni all’inventore del raid Thierry Sabine – continui a esercitare un simile fascino? Al di là di tutte le rassicurazioni del caso, dei progressi tecnologici con i Gps che monitorano anche le ombre, sfrecciare fra le dune di sabbia a 180 km/h è giocare alla roulette con il destino. L’Africa è rimasta solo nel nome, i granelli del Sahara nei ricordi dei veterani, le carovane da Parigi in vecchie pellicole. Quando la Dakar ha traslocato nel 2009 in Sudamerica, dopo le minacce terroristiche di Al Qaeda, sembrava la fine di un’epoca di spiriti liberi lanciati a tutta velocità verso l’ignoto. Così non è stato.
Loeb, uno che ride pochissimo e che non perderebbe nemmeno una mano di briscola, sostiene di aver accettato per scoprire nuove emozioni. «Cercavo l’avventura. Nel rally aggiri gli ostacoli – spiega —, qui ci voli sopra. Ci vuole tempo per abituarsi e per credere che sia davvero possibile riuscirci». Per essere pronto all’appuntamento si è preparato in Marocco insieme al navigatore monegasco Daniel Elena: «Arrivare sessantesimo non mi interessa». Il «cannibale» alsaziano vorrebbe seguire le orme di grandi rallisti come Ari Vatanen a Juha Kankkunen, consacrati dalle imprese africane. Non sarà facile, i primi avversari sono i suoi compagni di squadra, il «Dream Team» messo in campo dalla Peugeot per sfilare il titolo alla Mini: ci sono il recordman Stephen Peterhansel (11 Dakar: 6 in moto e 5 in auto), Cyril Despres (5 successi in moto) e Carlos Sainz, due campionati di Wrc e un trionfo nel 2010 nella corsa sudamericana. Scherzando ha detto che vuole dimostrare al figlio Carlito, che corre in F1 con la Toro Rosso, di non essere «bollito». Ma l’uomo da battere sulle quattro ruote è Nasser Al-Attiyah. Bronzo olimpico nel tiro al volo ai Giochi di Londra, l’atleta del Qatar sogna l’anno perfetto: tripletta alla Dakar e oro a Rio. Il 16 gennaio, quando la carovana entrerà a Rosario, la città di Leo Messi, saprà se il 2016 è iniziato bene.