Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  dicembre 31 Giovedì calendario

Da domani spariscono quaranta Comuni

Da domani l’Italia avrà quaranta comuni in meno. «Il 1° gennaio saranno istituiti 23 nuovi comuni italiani mediante la fusione amministrativa di 63 comuni – spiega Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno e responsabile finanza locale dell’Anci -.4 comuni sono in Emilia/Romagna, 2 in Piemonte e 17 in Trentino Alto Adige.
Il numero dei comuni italiani passerà da 8.046 a 8.006. In una logica di adeguatezza dei servizi amministrativi da erogare, è giusto ed opportuno ricercare le dimensioni ottimali per sposare equità, sostenibilità finanziaria ed efficacia». E l’associazione nazionale dei comuni, «di fronte a questa sfida, non intende sottrarsi alle proprie responsabilità», aggiunge Castelli.
Nel corso del 2015 sono state 7 le fusioni di comuni approvate da leggi regionali, di cui una per incorporazione, per un totale di 17 comuni soppressi. Nella contabilità istituzionale all’inizio dell’anno erano 8.057 i municipi italiani, dopo un anno di fusioni saranno a 8.046. Però, avverte l’Anci, è «azzardato pensare i molti problemi del nostro “sistema paese” derivino dal numero eccessivo dei comuni».
Infatti, «il campanile ed il municipio, in realtà, sono presidi culturali e sociali di grande utilità, soprattutto nell’entroterra e nei territori svantaggiati». Gli amministratori in qualche caso, commenta Castelli, «sono gli unici interlocutori dei cittadini e mi sembra sbagliato pensare che rappresentino un pregiudizio».
Il taglio di 40 municipi è avvenuto malgrado l’aperta opposizione dell’Asmel, l’associazione per la sussidiarietà e la modernizzazione degli enti locali che riunisce duemila comuni italiani. Da un anno, infatti, è in atto la rivolta delle mini-municipalità all’accorpamento coatto delle funzioni comunali.
Dal 1o gennaio 2015, è entrata in vigore la legge 135 che impone l’esercizio obbligatorio in forma associata di tutte le funzioni fondamentali dei comuni con meno di 5 mila abitanti (3 mila per quelli delle aree montane) e il ministero degli Interni 11 mesi fa aveva emanato una circolare per sollecitare i prefetti ad intervenire per imporre il rispetto della norma nei comuni inadempienti, previa diffida, attraverso la nomina di commissari «ad acta». Gli accorpamenti, quindi, sono stati percorsi ad ostacoli.
I piccoli comuni guidati dall’Asmel hanno fatto partire una lettera di contestazione ai prefetti ricostruendo il quadro delle spese dei municipi: i comuni sotto i 5 mila abitanti hanno una spesa media di 852 euro per abitante, quindi inferiore alla media generale di 910 euro.