La Stampa, 31 dicembre 2015
Da domani spariscono quaranta Comuni
Da domani l’Italia avrà quaranta comuni in meno. «Il 1° gennaio saranno istituiti 23 nuovi comuni italiani mediante la fusione amministrativa di 63 comuni – spiega Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno e responsabile finanza locale dell’Anci -.4 comuni sono in Emilia/Romagna, 2 in Piemonte e 17 in Trentino Alto Adige.
Il numero dei comuni italiani passerà da 8.046 a 8.006. In una logica di adeguatezza dei servizi amministrativi da erogare, è giusto ed opportuno ricercare le dimensioni ottimali per sposare equità, sostenibilità finanziaria ed efficacia». E l’associazione nazionale dei comuni, «di fronte a questa sfida, non intende sottrarsi alle proprie responsabilità», aggiunge Castelli.
Nel corso del 2015 sono state 7 le fusioni di comuni approvate da leggi regionali, di cui una per incorporazione, per un totale di 17 comuni soppressi. Nella contabilità istituzionale all’inizio dell’anno erano 8.057 i municipi italiani, dopo un anno di fusioni saranno a 8.046. Però, avverte l’Anci, è «azzardato pensare i molti problemi del nostro “sistema paese” derivino dal numero eccessivo dei comuni».
Infatti, «il campanile ed il municipio, in realtà, sono presidi culturali e sociali di grande utilità, soprattutto nell’entroterra e nei territori svantaggiati». Gli amministratori in qualche caso, commenta Castelli, «sono gli unici interlocutori dei cittadini e mi sembra sbagliato pensare che rappresentino un pregiudizio».
Il taglio di 40 municipi è avvenuto malgrado l’aperta opposizione dell’Asmel, l’associazione per la sussidiarietà e la modernizzazione degli enti locali che riunisce duemila comuni italiani. Da un anno, infatti, è in atto la rivolta delle mini-municipalità all’accorpamento coatto delle funzioni comunali.
Dal 1o gennaio 2015, è entrata in vigore la legge 135 che impone l’esercizio obbligatorio in forma associata di tutte le funzioni fondamentali dei comuni con meno di 5 mila abitanti (3 mila per quelli delle aree montane) e il ministero degli Interni 11 mesi fa aveva emanato una circolare per sollecitare i prefetti ad intervenire per imporre il rispetto della norma nei comuni inadempienti, previa diffida, attraverso la nomina di commissari «ad acta». Gli accorpamenti, quindi, sono stati percorsi ad ostacoli.
I piccoli comuni guidati dall’Asmel hanno fatto partire una lettera di contestazione ai prefetti ricostruendo il quadro delle spese dei municipi: i comuni sotto i 5 mila abitanti hanno una spesa media di 852 euro per abitante, quindi inferiore alla media generale di 910 euro.