Corriere della Sera, 31 dicembre 2015
Un’altra morte in sala parto. Dopo Torino e Verona è successo anche a Bassano del Grappa
Morire mentre ci si appresta a mettere al mondo un bimbo; morire portando con sé anche la creatura che si ha in grembo. Sembravano eventi da consegnare al passato e invece per tre volte in pochi giorni, a cavallo del Natale, la tragedia si è ripetuta, l’ultima due giorni fa all’ospedale di Bassano del Grappa: Marta Lazzarin, 35 anni, è deceduta assalita da febbre e forti dolori quando, al settimo mese di gravidanza, ha cominciato ad avvertire le contrazioni. Il destino di Marta è identico a quello di Angela Nesta, che il giorno di Santo Stefano è morta in sala parto a Torino con la bimba che stava per nascere; ed è identico anche a quello di Anna Massignan, medico trentaquattrenne che non è sopravvissuta al tentativo di parto il giorno di Natale all’ospedale di San Bonifacio (Verona); il giorno dopo di lei è morto anche il bimbo che i medici avevano fatto nascere quando la mamma era già deceduta.
Quella di Marta Lazzarin era stata una gravidanza serena, testimoniata dalle foto postate sui social network dal suo compagno Chris. Alle 12 del 28 dicembre la donna era arrivata invece all’ospedale di Bassano in preda a forti dolori, perdite di liquido amniotico e febbre. Fin da subito i medici diagnosticano la morte del feto e poche ore dopo per Marta cominciano le contrazioni del parto; dalle 17 la situazione precipita: subentrano complicazioni respiratorie dalle quali la paziente non si riprenderà più. «Embolia polmonare» è il primo verdetto formulato dell’ospedale di Bassano sul caso. Commovente il ricordo di Marta, blogger che amava i viaggi e aveva girato il mondo, postato da Chris: «Sarai fiera di me, cercherò con tutte le mie forze di regalare sorrisi a chi ne ha più bisogno. Proprio come facevi tu». Nelle stesse ore, sempre a Bassano, era morto un bimbo, nato da poche ore, stroncato da un’emorragia cerebrale.
Sulla morte di Marta Lazzarin la magistratura non ha preso ancora alcuna decisione. Un fascicolo è stato aperto invece dalla procura di Verona per Anna Massignan, morta il giorno di Natale a San Bonifacio. Anche qui i nove mesi della gestazione erano trascorsi senza problemi; il 23 però Anna è vittima di una caduta in casa. Un incidente banale ma per il quale la donna, che è medico, decide di farsi visitare. Resta ricoverata per controlli, il 25 viene rimandata a casa con l’accordo di ripresentarsi il giorno dopo. Non c’è tempo: Anna torna precipitosamente in ospedale a Natale con febbre e dolori. I sanitari decidono di far nascere il bimbo con un parto cesareo ma Anna non supera l’intervento e muore; il giorno dopo stessa sorte toccherà al piccolo appena venuto al mondo.
Tra i due eventi non esistono collegamenti, così come non ce ne sono con la terza tragedia di questi giorni, quella avvenuta al Sant’Anna di Torino e costata la vita ad Angela Nesta, 39 anni. «È rimasta vittima di una complicanza rarissima, non c’erano state criticità» hanno riferito ieri i medici torinesi agli ispettori inviati dal ministro della Sanità Beatrice Lorenzin. Ma questo ripetersi di morti di giovani donne incinte è un fatto che deve preoccuparci?
«È difficile abituarci all’idea che una donna possa morire mentre dona la vita – dice Mauro Busacca, professore di clinica ginecologica all’Università di Milano – ma si tratta pur sempre di un evento a rischio; non a caso tutti i reparti ospedalieri dove avvengono parti sono considerati d’emergenza e attrezzati per gli imprevisti».
Ma le cifre cosa ci dicono al proposito? «Dicono che l’Italia è il paese con la mortalità più bassa d’Europa per le madri e che sotto certe cifre sarà impossibile scendere. Ma dicono anche che l’età media delle partorienti sta aumentando. E questo, al contrario, può accrescere molti fattori di rischio».