la Repubblica, 31 dicembre 2015
Michele Serra ha preso un treno. E qui si lamenta
Il treno locale Voghera-Piacenza (Trenord) ha alcuni vagoni roventi e altri gelati, ma nel complesso non è troppo indecente: ci sono perfino un paio di cessi in funzione. Solo che a Broni (come in altre stazioni) i vagoni di testa e di coda si fermano fuori dal marciapiede, essendo troppo lungo il treno o troppo corto il marciapiede. E una signora anziana che deve scendere si trova di fronte a un salto di un metro, ed è costretta a rimanere a bordo. Piagnucola, non sa che fare, ovviamente non esiste personale di bordo (il personale è un costo), un africano gentile le spiega che deve scendere a Stradella e prendere il locale in senso opposto, ma facendo bene attenzione a stare nei vagoni centrali, così almeno potrà scendere. Mentre penso che qualunque tribunale del mondo, se la signora facesse causa a Trenord che le ha venduto un servizio non fruibile (che treno è un treno dal quale non si può scendere?) le darebbe ragione, credo di essere arrivato alla mia stazione; ma solo per intuito, perché non c’è annuncio vocale e non vedo, dal finestrino, cartelli che dicano dove siamo. E infatti sbaglio stazione; e l’unico altro essere umano che incontro in quel luogo sbrecciato, disabitato, che pare abbandonato da secoli, mi dice che capita spesso: specie di notte, specie con la nebbia. I treni cosiddetti “minori”, quelli della gente comune, sono una delle vere, colossali, inaccettabili vergogne di questo Paese finto-ricco.