la Repubblica, 31 dicembre 2015
Lo strano capodanno di Mosca, con la Piazza Rossa chiusa causa Isis
MOSCA
Nella piazza vuota domina la Torre dell’Allarme.Quando l’orologio del Cremlino batterà la mezzanotte, per la prima volta nella storia, non ci sarà nessuno sotto a festeggiare. È un’ironia della sorte e della storia, un destino nei nomi: qui era custodita la campana usata per chiamare la popolazione alla rivolta in caso di attacco nemico. Ora è il silenzio che proprio da qui si propaga a segnalare il pericolo alle porte. In questa fine 2015 tutte le capitali del mondo, da Roma a New York, da Bruxelles ad Ankara sono sospese tra la paura e la voglia di ballarci sopra, ma Mosca non resiste all’imperiale tentazione di sovrastarle tutte. La Russia si è erta a primo e più deciso avversario dell’Is e ora primeggia anche nell’assetto difensivo da tempo di guerra.Le sue strade e le sue piazze inneggiano al controsenso. Non si è mai vista una città più addobbata di questa per la doppia festa di dodici giorni che separano il Natale cattolico da quello ortodosso. Parigi al confronto può arrossire spegnendosi. Mosca ridefinisce la parola tripudio: le luci si inerpicano sui dorsi degli “alti edifici di Stalin” costringendoli a ingentilirsi, globi colorati delle dimensioni di piccoli pianeti sono atterrati in ogni spiazzo, le file che vedi non sono per il pane ma per far salire i bambini sugli scivoli di ghiaccio e le altalene davanti alla stazione Majakovskij non smettono di danzare. La musica dello “Schiaccianoci” esce dal Bolshoi esaurito e si diffonde per i corridoi dei grandi magazzini dalle cui cupole pendono pacchi dono grandi come roulotte. La temperatura scende a meno dieci, la neve spolvera visi arrossati che escono dai bagni Sanduny nella gloria dei corpi risanati, eppure non è qui la festa.All’ingresso della piazza che dovrebbe contenerla, la vera casa del popolo, ci sono transenne e metal detector, agenti armati e camionette che perlustrano la zona senza sosta. Le prove tecniche di non trasmissione sono in atto già da giorni, poco dopo il tramonto la Piazza Rossa già splende soltanto per se stessa. Si può arrivare fino a vedere la stella a cinque punte aggiungersi al cielo, le cupole di San Basilio riflettere la cascata di brillanti che adorna i magazzini Gum e poi tocca fermarsi davanti allo schieramento di polizia. Oltre il sipario dei colbacchi lo spettacolo continua, ma invano: hanno cacciato gli spettatori. Mosca è come una splendida donna che si è vestita a festa, truccata per sedurre, poi è rimasta a casa. Ha acceso la televisione incrociando le gambe fasciate di seta, brindato alle ombre guardando il capodanno a cui doveva partecipare nell’unico modo in cui le resta possibile accedervi: dal primo canale della tv di Stato. Auguri, e che cominci davvero un altro anno.Questo si chiude così, famiglie preoccupate annullano viaggi a Berlino o Vienna per non andare all’appuntamento con le minacce dell’Is, sindaci intimiditi impongono divieti e invocano rinforzi, qua e là si arrestano esaltati che vaneggiano la stessa formuletta idiota eppur spaventosa: vogliamo rovinarvi il capodanno. Si chiude nel segno della rinuncia, non nel senso più alto, quello del sacrificio a favore di altri, ma in quello dell’azzeramento senza riporti, basta, per noi e per tutti. Si blinda Times Square e la palla che scende dall’alto diventa il simbolo di una premonizione negativa. Si blinda piazza San Pietro e la voce di quel papa che aveva richiamato proprio lì il suo popolo si perde per le strade come il richiamo di un padre qualunque ai figli che, spauriti, abbassano la testa e più non ascoltano. Si blindano perfino gli hotel di lusso del Bangladesh, dove gli espatriati occidentali provano a brindare con acqua non gasata e a ballare in punta di piedi per non disturbare. Chi e che cosa?Il capodanno che i terroristi islamici vorrebbero rovinare è una data qualunque: è tempo che passa e tra le cui pagine mettiamo segnalibri per non perderci in questo scorrere di aria e polvere. Non è una festa religiosa, non è universale.Ci sono luoghi in cui il calenda- rio è differente, come ci sono state epoche in cui nuovi poteri lo hanno spostato. C’è chi va nei locali per celebrarlo e chi organizza terribili cene casalinghe. Poi c’è un modo più semplice e potente di viverlo: andare in piazza. In una qualunque piazza, quella della città dove sei nato o quella di una capitale straniera dove improvvisamente straniero non sarai più. Puoi andare a veder bruciare “il vecchione” a Bologna o a buttare un legnetto propiziatorio in un falò in Sicilia. Puoi aggirarti per il mondo come me e, due anni fa, aver ascoltato i cannoni di mezzanotte dalla fortezza dei cavalieri di Malta a La Valletta, l’anno scorso un concerto degli East 17, o quel che ne resta, nella Freedom Square di Tallinn e quest’anno rimanere qui bloccato davanti alle transenne della Piazza Rossa a chiederti perché no. Perché migliaia di persone non dovrebbero ritrovarsi lì, accalcate e unite, per un minuto in tutta la corsa del tempo, sotto quell’orologio e quella stella? Non vuol dire niente, non staremmo credendo in niente, costruendo niente, ma staremmo proclamando la sola verità che abbiamo: siamo qui, siamo vivi e lo resteremo ancora. E come ogni cosa nella vita non vale se non ha testimoni: andiamo nelle piazze per questo a capodanno, per averne migliaia e per essere testimoni di migliaia, ancora qui, vivi e per restarlo. Diamo alle piazze i nomi delle cose che più amiamo (libertà, indipendenza) o dei ricordi più importanti (le date che hanno fatto la storia). Lasciarle vuote è un peccato, ma che non ci sia nessuno stanotte sotto la Torre dell’Allarme è perfino giusto, la festa sarà in un altrove che nessuno potrà colpire.