la Repubblica, 31 dicembre 2015
Dopo Apple il fisco italiano batte cassa a Google e mette nel mirino Amazon
Se arrivasse tutto il denaro che la procura milanese si augura, si potrebbe parlare quasi di una manovra correttiva. Ma il discorso, al momento, è solo ipotetico. Dopo i 318 milioni di euro – questi sicuri e già incassati come anticipato ieri da la Repubblica-, che il gigante di Cupertino Apple, ha versato all’Agenzia delle Entrate due giorni fa per chiudere un contenzioso di Ires evasa da 880 milioni, nel mirino del dipartimento sui reati finanziari di Milano, adesso finiscono altri colossi dell’informatica.A cominciare da Google e da un’altra inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e affidata questa volta al pubblico ministero Isidoro Palma. A meno di colpi di scena dell’ultima ora, la lunga partita che si sta giocando da quasi un anno tra le due parti, potrebbe concludersi entro la fine di gennaio, con un «bottino» finale che si aggirerebbe in caso di accordo-, intorno ai 150 milioni di euro. Nessuna delle parti, al momento, intende anticipare il buon esito della trattativa.A differenza della società che produce iPad e iPhone che ha accettato in toto le cifre emerse dai verbali redatti dall’Entrate e non contestando la cifra finale, con Google le parti sarebbero ancora distanti sulla somma finale da versare, comunque molto diverse da quanto sborsato due giorni fa dalla società fondata da Steve Jobs. Anche in questo caso, i pm milanesi contestano alla filiale italiana del motore di ricerca californiano, di essersi appoggiati su una società estera, per pagare meno tasse in Italia. L’importo globale su cui i manager sono accusati di aver evaso le imposte, in questo caso sale a un miliardo di euro totale.In merito all’esito della trattativa con il Fisco, ieri il Financial Times ha rilanciato l’ipotesi di un ruolo avuto anche dal premier, Matteo Renzi. Il numero uno di Apple, Tim Cook, lo scorso novembre, dopo una lezione all’università Bocconi, ha incontrato il presidente del Consiglio in un pranzo in un noto ristorante milanese. In questa circostanza – stando alle anticipazioni rilanciate ieri proprio dal quotidiano britannico -Renzi avrebbe incalzato Cook chiedendo di chiudere la pendenza fiscale della sua controllata in Italia.Un precedente non da poco quello di Apple, visto proprio i contenziosi che altri paesi Ue hanno con il colosso di Cupertino. Nell’accordo firmato 48 ore fa e già esecutivo – la cifra da capogiro è effettivamente nella disponibilità dell’Erario – la multinazionale regolarizza definitivamente la posizione nel nostro Paese e in Irlanda, evitando così eventuali contestazioni future. E non è escluso, che sull’esempio italiano, si chiudano anche le altre pendenze. Il caso Apple potrebbe rappresentare un disincentivo anche per le altre multinazionali che, proprio attraverso le «esterovestizioni» delle proprie società, si appoggiano su paradisi fiscali o anche solo su Paesi con una fiscalità più vantaggiosa rispetto all’Italia. È da poco arrivato in procura un report delle Entrate, che riguarda Amazon – colosso dell’e- commerce -, al momento a carico di ignoti e senza ipotesi di reato e una che coinvolge Western Digital, altra compagnia a stelle e strisce specializzata in hard disk. Ma sulle scrivanie dei pubblici ministeri del dipartimento sui reati finanziari, rimangono in piedi anche inchieste importanti, con l’ipotesi di frode fiscale come cardine. È il caso delle polizze assicurative del Credit Suisse, con centinaia di clienti – questo è il sospetto della procura milanese che non coinvolge però funzionari dell’istituto -, che attraverso un escamotage puramente formale, avrebbero trasferito nei forzieri esteri, centinaia di migliaia di euro. Un altro fascicolo delicato, su cui in questo caso lavora anche Bankitalia, che potrebbe concludersi nuovamente con risarcimenti a sei zeri.Il buon esito della trattativa con Apple, a dire il vero non è un caso isolato. Alla fine del 2014, era stato il gruppo Prada a chiudere un contenzioso fiscale con la procura di Milano, versando all’Erario più di 450 milioni di euro. Esattamente – come per Apple – la contestazione della verifica dell’Agenzia. A Miuccia Prada e Maurizio Bertelli, al vertici della griffe, viene contestato anche in questo caso una esterovestizione in Olanda, della «Prada Holding». E se l’inchiesta penale è ancora pendente, il contenzioso amministrativo si è concluso, non solo con il rimborso immediato, ma anche con il ritorno in Italia della sede ufficiale della casa di moda milanese.La procura di Milano, ufficialmente, non commenta i risultati economici ottenuti con le transazioni già definite con le Entrate. Anche se al quarto piano del palazzo di giustizia si sottolinea «il segnale importante» rappresentato dalla conclusione della vertenza fiscale con Apple.Infine, sul fronte politico, la conclusione del capitolo Apple, fa esultare il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd). «L’emorragia finanziaria legata all’evasione e all’elusione fiscale delle multinazionali del web – ha commentato la notizia Boccia -, ha raggiunto livelli altissimi e le OTT, seppur risultando ancora casi isolati, hanno iniziato a capire che le tasse si devono pagare; e lo si deve fare nei Paesi in cui fanno profitti». Boccia, conclude definendo «saggia» la decisione di trovare un accordo con il fisco da parte della multinazionale Usa.