la Repubblica, 30 dicembre 2015
Apple non ha versato tasse all’Italia per cinque anni. Ora pagherà 318 milioni di euro
Un assegno da 318 milioni di euro che finisce dritto nelle tasche dell’Erario. È quello che ha dovuto staccare ieri mattina Apple Italia. Unica via di scampo per il colosso americano di Cupertino fondato da Steve Jobs, per sanare una evasione fiscale per cinque annualità che sfiora – secondo l’accusa – il miliardo di euro. Dopo mesi di trattative, l’intesa è stata formalizzata. Un lavoro estenuante tra Agenzia delle Entrate e un pool di legali che difende la casa della «Mela» (in sede penale patrocinata dall’ex ministro della Giustizia Paola Severino). Lo sviluppo è legato a doppio filo agli l’avvisi di garanzia che, nel marzo scorso, il procuratore aggiunto Francesco Greco e il pm Adriano Scudieri, inviano all’amministratore delegato di Apple Italia, Enzo Biagini, al direttore finanziario, Mauro Cardaio e al numero uno della società irlandese, Apple Sales International, Micheal O’Sullivan. L’accusa parla di «omessa dichiarazione dei redditi» dal 2008 fino alla dichiarazione dei redditi 2013. Circa 880 i milioni di euro in tutto, di Ires (l’imposta sui redditi delle società) evasa – sostengono i magistrati – tra il 2008 e il 2013. La cifra versata è esattamente quanto richiesto nei verbali di accertamento. La società ha quindi accettato tutti i rilievi delle ispezioni che ha visto impegnati l’Anti-frode, l’Ufficio grandi contribuenti e il ruling delle Entrate. E la formalizzazione dell’accordo crea un precedente importante, visto che proprio Apple ha altre pendenze in Paesi Ue. In Italia, come però anche nel resto d’Europa, Apple fa riferimento alla società irlandese, che ha una fiscalità più favorevole rispetto alla nostra. Gli inquirenti, nell’avviso di garanzia, definiscono Apple Italia come «una struttura svincolata rispetto alle attività ausiliare svolte dalla società residente, che svolge una vera e propria attività di vendita sul territorio per conto di Apple Sales International». In soldoni, il fatturato di quanto venduto in Italia, viene messo a bilancio in Irlanda per pagare meno tasse. Da qui, il calcolo degli 880 milioni di Ires evasa. Per i tre manager Apple indagati, l’accordo con il fisco non cancella la posizione processuale. Scudieri, tre mesi fa ha chiuso l’inchiesta ed è possibile che, dopo la ratifica dell’accordo, formalizzi anche la richiesta del rinvio a giudizio, ma con la chiusura della pendenza fiscale, la posizione dovrebbe alleggerirsi. Il meccanismo della cosiddetta «esterovestizione» non è nuovo agli stessi magistrati milanesi, che contestano a un’altra multinazionale americana del calibro di Google, una presunta maxievasione da quasi un miliardo. Anche in questo caso, l’Agenzia delle Entrate sta trattando con i vertici italiani del numero uno al mondo dei motori di ricerca, per trovare un accordo. La cifra su cui si cerca di chiudere la pendenza si aggirerebbe sui 150 milioni di euro.