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 2015  dicembre 30 Mercoledì calendario

Per salvare Banca Marche, Etruria, Cariferrara e Carichieti tre istituti di credito hanno prestato 4 miliardi a tassi di mercato, ma senza rischi

Si è detto molto nell’ultimo mese sull’intervento da 4 miliardi per mettere in sicurezza le banche Marche, Etruria, Cariferrara e Carichieti. Ma si è detto poco sul tasso di interesse pagato dal Fondo di risoluzione a tre grandi istituti che in poche ore hanno anticipato la notevole somma necessaria a chiudere il blitz domenicale del governo, il 22 novembre, e far proseguire in bonis le quattro “nuove” aziende di credito. Secondo tre fonti, ritenute attendibili, quel tasso è attorno al 3% l’anno. Non poco per un’operazione a breve termine e deprivata di molti dei rischi originari. Si è letto nei comunicati che Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi «hanno anticipato 780 milioni a testa, nell’ambito di un finanziamento da 2,35 miliardi a brevissimo termine, che verrà rimborsato dal Fondo nel corso del mese di dicembre 2015 con i contributi versati dalle varie banche del sistema». E che le stesse tre banche hanno erogato un altro fido da 1,65 miliardi (550 milioni ciascuna) «con scadenza 18 mesi meno un giorno, a fronte del quale la Cassa Depositi e Prestiti ha assunto un impegno di sostegno finanziario in caso di inadempienza del Fondo alla data di scadenza finanziamento». Una garanzia, insomma, anche se il Tesoro fa sapere che è remunerata a condizioni di mercato, anche per evitare accuse di aiuto di Stato. Mentre scriviamo la prima metà abbondante del prestito sta rientrando nelle casse delle tre grandi banche creditrici. Restano fuori, per un anno e mezzo, 1,65 miliardi, che al 3% fanno un margine di totali 75 milioni. Eppure l’articolazione del salvataggio, nota più di un addetto ai lavori, ha minimizzato i rischi. Perché le quattro “nuove” banche hanno ricevuto un’iniezione di 1,8 miliardi, non prima di essere ripulite di tutti i loro crediti in sofferenza conferiti alla bad bank. Perché la bad bank, che ha impanciato 8,5 miliardi di sofferenze scritte a 1,5 miliardi, è ritenuta da molto il boccone migliore della futura vendita in blocco, quello con più chance di realizzare plusvalenze da lasciare al Fondo. Perché la garanzia Cdp protegge per 400 milioni. Se quindi le quattro “nuove” banche e la singola bad bank fossero cedute a prezzi di conferimento (entro sei mesi come chiede Bruxelles) l’incasso supererebbe già i 3,6 miliardi del prestito. Per avere raffronti, il “rischio zero” rappresentato dal tasso Bce sui depositi è a -0,75%, 375 punti base lontano. E il tasso sui Btp decennali è all’1,60%. «Considerato che i rischi sono alquanto limitati e tenuto conto della circostanza che sul mercato i tassi correnti sono nulli o negativi per prestiti privi di rischio, un tasso fuori mercato qualificherebbe un improprio trasferimento di ricchezza a danno dei titolari delle passività subordinate», hanno scritto su lavoce. info Marcello Minenna e Roberto Tasca, due autorevoli docenti. Le passività subordinate in questione sono i 788 milioni di euro di bond delle quattro banche azzerati per decreto un mese fa, più 275 milioni di altri prestiti subordinati lasciati nelle scatole vuote delle “vecchie” banche, ora in liquidazione coatta con attivi ridotto al lumicino. In ambienti bancari si fa notare che quel prestito ha avuto tratti straordinari per ammontare, emergenza e riservatezza (tanto che l’hanno firmato con delibere urgenti i manager delle tre banche, usando poteri di delega ratificati in seguito dai cda). In ambienti istituzionali, invece, si nota che il tasso del prestito è stato cautamente tenuto nella fascia alta della forchetta, per non sfidare un’altra volta la Commissione Ue che aveva bocciato l’opzione di far intervenire il Fondo interbancario, e avrebbe potuto vedere altri aiuti di Stato in un trattamento creditizio vantaggioso.