la Repubblica, 30 dicembre 2015
E Ranieri resiste in testa alla Premier
Il “trafficone”, come lo chiamano in Inghilterra dai tempi del Chelsea, “the tinkerman”, quello che aggiusta, che rovista, che trovi quasi sempre con le mani nella cassetta degli arnesi (al Chelsea cambiava sempre formazione e moduli e non s’è trovato soprannome migliore), rimane davanti. A fine anno Ranieri resta primo. Comanda la sua piccola “internazionale” fatta di giocatori provenienti da Inghilterra, Austria, Algeria, Germania, Francia, Galles, Giamaica, Giappone, Danimarca, Belgio, Svizzera (c’è Inler), Ghana, Tunisia, Croazia, Australia, Argentina, Polonia. Lo agguanta Wenger, Arsenal e Leicester sono campioni d’inverno ex-aequo. Ma cambia poco. È Ranieri, la novità, è il Leicester che fa notizia con le sue allegre scorribande offensive, i suoi eroi autunnali (Vardy e Mahrez), la sua grintosa difesa che inizia ai confini dell’area avversaria, le sue improvvise accelerazioni mentali, individuali e di gruppo, il suo portiere figlio d’arte (Schmeichel). Anche se contento, Wenger farebbe bene a preoccuparsi ad essere primo fra Natale e Capodanno per la seconda volta consecutiva: lo scorso anno l’Arsenal vinse il girone d’andata con 42 punti ma poi s’è addormentato, facendosi riprendere dal Chelsea.
A settembre l’Arsenal vinse 5-2 a Leicester, pareva che fra le due squadre vi fosse una differenza abissale. Evidentemente non era così. Ieri la partita fra Davide e Golia, fra il monumentale City con 395 milioni di rosa e il “modesto” Leicester che stipendia giocatori i quali non superano, tutti insieme, il valore del solo Silva (29 mln), è stata una degna chiusura d’anno solare: partita intensa, fisica, agonistica, all’inglese che più inglese non si può. È finita 0-0, la qualità del City e l’irruenza del Leicester si sono fuse. City e Leicester sono gli attacchi più prolifici del campionato: 37 reti. Ieri sono prevalse le difese, ma i ritmi sono stati ritmi da discoteca, non s’è fermato nessuno. Quello di Ranieri non è un miracolo, è un risultato eccezionale, confortato dai risultati, causato dall’abilità nel misurarsi con grandi e piccole. La forza del Leicester è anche la sua struttura societaria, sono i suoi padroni. Meno piccoli di quanto si pensi e abbastanza discreti per non usare il calcio come vetrina per spendaccioni. Il proprietario è il thailandese Vichai Srivaddhanaprabha. Ha rilevato la società nel 2010 con la Asian Football Investments dopo tre anni di jersey sponsorship. Possiede il King Powers Group, uno dei marchi di negozi più diffuso negli aeroporti asiatici (4 mld di euro l’anno). È il nono boss più ricco della Premier. Nel mercato estivo ha speso meno di 20 mln ma ha promesso acquisti d’altro spessore se il Leicester dovesse regalare qualcosa di inaudito (arrivò 2° nel ’29). Gary Lineker, forse il più famoso calciatore nato, cresciuto ed esploso a Leicester, si sbilancia: «Questi tengono». L’aveva detto anche dell’Arsenal lo scorso anno. Ranieri, che guadagnerà 100 mila euro in più ad ogni posto conquistato sopra il 18° in classifica, ha già cominciato a fare gli scongiuri. Forse continuerà a raccontare la frottola che loro puntano a fare 40 punti perché l’obiettivo rimane la salvezza. Quindi gliene mancherebbe uno. Non ci crede più nessuno.