Corriere della Sera, 30 dicembre 2015
Con l’Arbitro bancario ha ragione il cliente (nel 70 per cento di casi)
La Banca d’Italia lo ha voluto e lo sostiene tecnicamente ed economicamente. Le sue decisioni utilizzano il linguaggio, spesso involuto, delle cose legali, ma l’attività dell’Arbitro bancario e finanziario, testimonia come il cliente delle banche abbia a disposizione strumenti di tutela avanzati. Perlomeno a guardare la percentuale di casi, quasi il 70%, in cui a prevalere sono le sue ragioni rispetto a quelle dell’istituto di credito chiamato in causa. L’insieme delle sue pronunce poi rappresenta un utile vademecum per i correntisti che non vogliono rischiare sorprese. Anche se c’è da chiarire subito che l’Arbitro interviene solo nei contrasti che riguardano servizi e prodotti bancari – che non sono certo pochi -— ma non in quelli che hanno per oggetto prodotti di investimento per i quali sono competenti invece la Camera di conciliazione presso la Consob o l’Ombudsman. Non ha competenza, quindi, sulla vendita di obbligazioni subordinate come quelle travolte dal salvataggio di Popolare dell’Etruria, Banca Marche, e Casse di risparmio di Chieti e Ferrara.
L’Abf, arbitro bancario e finanziario, ha iniziato ad operare nel 2009 e si articola in tre Collegi a Roma, Milano e Napoli. È composto da professionisti del diritto ed è un organismo indipendente di soluzione stragiudiziale delle controversie a cui i clienti possono accedere senza troppe formalità e spese, in alternativa alla giustizia ordinaria. Alla base delle sue valutazioni ci sono le regole giuridiche ma anche la considerazione della buona fede o della competenza della banca.
Quest’anno anno, per esempio, l’ Arbitro ha esaminato il caso di un cliente che aveva usufruito di un’offerta vantaggiosa della sua banca, la quale prometteva tassi più favorevoli a coloro che avessero aumentato progressivamente le somme depositate sul proprio libretto di risparmio ma che non aveva ricevuto quanto pattuito al momento della liquidazione degli interessi nonostante avesse trasferito cifre significative. Il fatto era che il cliente non aveva i requisiti iniziali per partecipare all’ offerta e l’impiegato della banca non lo aveva informato, accettando, al contrario l’adesione. Ebbene i giudici hanno dato ragione al cliente. Perché la mancanza di un’ adeguata comunicazione aveva spinto il depositante ad aderire all’offerta e a concentrare tutte le sue risorse sul libretto. Il comportamento della banca, ha detto il collegio, «va analizzato alla luce dei fondamentali obblighi di protezione, correttezza e buona fede necessari nei rapporti con la clientela».
Significativo e’ anche il caso di un’anziana signora, raggirata davanti al Bancomat. Dopo aver ritirato 420 euro, al momento del ritiro della tessera, la signora veniva distratta da una donna che le indicava la presenza di una banconota a terra da raccogliere. Contestualmente un’altra persona sostituiva la tessera che in tempi ravvicinati – 18 operazioni in 6 giorni -veniva poi utilizzata per prelievi e anche bonifici fino a prosciugare completamente il conto di 17 mila euro. La banca aveva respinto la richiesta di rimborso mentre l’Abf l’ha accolta con vari motivazioni tra le quali la mancanza di verifiche di fronte alle modalità dei prelievi fraudolenti completamente estranee alle abitudini della signora truffata, che era solita fare solo un prelievo al mese, sempre di 420 euro.
L’utilizzo fraudolento, il furto o lo smarrimento di carte o di dispositivi per la banca on line rappresentano il 25% dei ricorsi all’Arbitro, che decide guardando alla normativa europea: assolve solo la banca che utilizza strumenti di sicurezza molto avanzati, quando al cliente distratto o truffato si può addebitare quindi una “colpa grave”.