Avvenire, 29 dicembre 2015
Una famiglia con un solo figlio non è una vera famiglia. Alla fine anche la Cina se n’è accorta. E noi?
Da questa parte del mondo il Papa dedica alla famiglia la prima giornata tematica del Giubileo della misericordia, dall’altra parte la Cina stabilisce che ogni famiglia può avere due figli. Così si afferma dappertutto l’importanza della famiglia per la civiltà e il progresso. Ma che cosa significa la decisione della Cina? Significa che da questo momento in poi in Cina potranno esistere “vere” famiglie.
Intendiamoci, anche le famiglie senza figli sono famiglie. Ma una famiglia con un solo figlio non è una vera famiglia: è una coppia di genitori con l’appendice di un figlio. Per avere una vera famiglia occorrono i fratelli.
Obiezione: «Ma i fratelli scatenano il complesso di Caino». È vero, i fratelli si faranno la guerra perché si contenderanno la madre o il padre, ma una famiglia in cui i figli non si contendano il padre o la madre manca di qualcosa.
Stiamo parlando della Cina perché la cronaca ci offre quest’occasione, ma le famiglie con un figlio unico hanno segnato un’epoca anche in Italia e in Europa.
Ho coppie di amici con un solo figlio. Avendo quell’unico figlio, scaricavano su di lui l’affetto che non potevano scaricare su altri. Quel figlio era superprotetto, superservito. Quando passava dalla famiglia alla scuola, il professore genitore-con-più-figli lo notava subito, c’è qualcosa che contraddistingue il figlio unico.
I fratelli litigano, si contendono l’hitleriano ’spazio vitale’, la casa non ha spazio per tutti, chi lo vuole deve strapparlo agli altri. Il figlio unico non deve litigare, la casa è tutta sua. Quando andrà a scuola subirà uno choc, perché entra in uno spazio non suo, uno spazio non riservato, se ne vuole un pezzettino lo deve conquistare. Avere fratelli è fondante per la personalità. Educa alla democrazia. Una famiglia con un solo figlio non educa alla democrazia, non instilla il senso degli altri, della condivisione.
La fraternità è un sentimento fondante della società, voler bene al prossimo significa trattarlo come un fratello (un fratello amato, perché ci sono anche fratellicoltelli), e su questo sentimento si fonda la pòlis, la civitas, lo Stato e l’Umanità. Su questo sentimento, avere fratelli e amarli tutti, anche quello che combatte contro la tua città, è costruita una tragedia che è considerata tra i dieci-dodici libri fondamentali per tutti gli uomini, l’Antigone di Sofocle.
Antigone è un personaggio che ha perenni reincarnazioni nella storia, e oggi s’incarna perfettamente (sto per esprimere un concetto personale, non obbligo nessuno ad accettarlo) in Ilaria, la sorella di Cucchi.
Goethe definì l’eroina di Sofocle, Antigone, «la più sororale di tutte le creature». Bene, oggi questa definizione viene spontaneo assegnarla a Ilaria. Ilaria aveva un fratello e lo amava. Questo fratello non era uno stinco di santo, non rispettava a puntino le leggi, si drogava e spacciava. È morto o lo hanno ammazzato per questo. Ma la sorella lo amava, e continua ad amarlo ora che è morto.
Appare e riappare in tv con la maxi-foto a colori del fratello morto, con la faccia bluastra per i pestaggi, e chiede giustizia. Perché quello è suo fratello, e un fratello non lo abbandoni neanche se sbaglia, neanche se muore.
L’amore tra fratelli lo devi accettare e proteggere, se sei un governante devi rispettarlo nelle tue leggi, se lo combatti distruggi il tuo Stato e la tua famiglia e te stesso. Il governante che imprigiona Antigone la spinge a impiccarsi.
Ragion per cui poi si uccide anche il figlio del governante, e infine sua moglie. Non so se una società piena di figli unici, come la Cina fino al 31 dicembre, poteva capire l’Antigone. E una società che non può capire l’Antigone non può essere felice né giusta.
Dal 1 gennaio la Cina potrà programmare famiglie con due figli, vere famiglie. Mi auguro che qualche editore cinese traduca al più presto Sofocle, ora lo capiranno meglio. Fosse solo per questo, creare la famiglia con più figli è un atto rivoluzionario.