il manifesto, 29 dicembre 2015
La polizia americana nel 2015 ha ucciso 969 persone
È stato un tragico natale quello finito, nella notte fra il 25 e 26 dicembre, con l’uccisione di Quintonio Le Grier, di 19 anni e Bettie Jones, madre e nonna di 55 anni, da parte di agenti della polizia di Chicago. I due afro americani si sono aggiunti – numero 966 e 967 – alla lista di morti per polizia che in questa ultima settimana dell’anno stando al Washington Post ha raggiunto quota 969. Un’altra lista, compilata da Guardian, raggiunge un il totale di 1125. Il Guardian calcola tutti i morti mentre il Washington Post si concentra sui morti ammazzati dalla polizia con armi da fuoco.
La discrepanza fra le stime è dovuta anche al fatto che non esistono dati ufficiali riguardo a quella che è da anni una oggettiva epidemia ed una sanguinosa sindrome nazionale diventata un principale tema politico della attuale campagna elettorale. Eppure né Fbi né Dipartimento di giustizia mantengono un calcolo ufficiale di quanti cittadini vengono ammazzati ogni anno dalle forze dell’ordine. Il compito è lasciato all’iniziativa privata, come quella dei quotidiani, che aggregano informazioni delle migliaia di dipartimenti di polizia sparse per il paese.
Alla lugubre lista si sono dunque aggiunti nel fine settimana Jones e Grier. Il padre di quest’ultimo, diciannovenne studente di ingegneria alla Northern Illinois University, aveva chiamato la polizia per aiutarlo a ricoverare il figlio in preda ad un apparente raptus. Da alcune indiscrezioni il ragazzo avrebbe sofferto di scompensi emotivi, altri parlano di un semplice diverbio fra padre e figlio. Giunti sul luogo della modesta abitazione gli agenti hanno bussato alla porta che sarebbe stata aperta dallo stesso Le Grier che imbracciava una mazza da baseball. Gli agenti hanno dichiarato che «confrontati da un soggetto combattivo» sono stati costretti fare fuoco sul ragazzo uccidendo «accidentalmente» anche la donna, inquilina della stessa casa, che ha avuto la sfortuna di trovarsi «vicino al sospetto».
L’episodio ha messo nuovamente Chicago al centro della questione della violenza di polizia che ha nell’ultimo anno e mezzo coalizzato la protesta nel movimento dei Black Lives Matter. La rabbia contro gli omicidi, in particolare di neri, era già alta nella città dopo che un mese fa era stato reso pubblico il video che mostra l’agente Jason Van Dyke scaricare 16 colpi di pistola contro Laquan McDonalds un diciassettenne di colore con in mano un temperino pur mentre questi si sta allontanando dai poliziotti che gli intimano di fermarsi. Quel video, reso noto solo in seguito all’ordine di un tribunale, è risultato nel rinvio a giudizio per omicidio dell’agente Van Dyke e il licenziamento del capo della polizia della città Garry McCarthy da parte del sindaco Rahm Emanuel.
L’ultima sparatoria ha ulteriormente elevato la tensione nella città e aumentato il coro che chiede le dimissioni dello stesso Emanuel. È opinione diffusa che il sindaco – l’ex capo di gabinetto di Obama – abbia insabbiato il video della violenta morte di McDonalds per assicurarsi la rielezione l’anno scorso. Domenica alla veglia per Jones e Le Grier, parenti e amici hanno denunciato un corpo di polizia che, anziché garantire la sicurezza, per i cittadini afro americani rappresenta il maggiore pericolo di vita. «Perché non hanno usato un taser?», ha chiesto in lacrime Jacqueline Walker, amica di infanzia di Bessie Jones «non potete continuare ad ucciderci così». Altri hanno articolato una rabbia che sta giungendo a livelli di guardia: «Questa è l’ultima azione di guerra», ha detto un altro sostenitore della famiglia, Mark Carter. «Se volete la guerra la avrete. State passando una linea che non dovete oltrepassare se continuerete ad uccidere i nostri ragazzi in questa città».
Il mese scorso il Dipartimento di giustizia ha aperto un’indagine sulla polizia di Chicago, la capitale americana degli omicidi con 479 morti violente nel 2015. Ma la questione supera ampiamente i confini di Chicago ed è in America un problema endemico a cui contribuisce un addestramento che ufficialmente ammette l’uso di «forza mortale» per autodifesa ma in sostanza la giustifica per l’inadempienza con gli ordini degli agenti. Abbinato ad una pregiudizio razziale ancora strisciante e all’impiego della polizia come pronto intervento in casi di squilibrio mentale l’effetto è un tragico bagno di sangue.