ItaliaOggi, 29 dicembre 2015
La Germania rivuole il suo oro
Il 31 agosto del 1974, Helmut Schmidt incontrò Mariano Rumor a Bellagio e concesse in prestito all’Italia in crisi oltre 5 miliardi di lire, allora una cifra enorme, garantiti dal nostro oro. E qualcuno descrisse carovane di autotreni carichi di lingotti in marcia verso il Brennero. Quarant’anni fa, era più facile inventare, senza il controllo di una tv onnipresente e di internet.
Il nostro oro non si mosse mai dall’Italia alla Germania per il semplice fatto che stava, ieri come oggi, nei caveaux di Fort Knox, negli Stati Uniti. Demmo i nostri lingotti in pegno, come una catenina d’oro al Monte di Pietà, ma limitandoci a firmare una garanzia su carta. Per la cronaca, poi restituimmo puntuali il prestito.
Oggi, la Germania vuole indietro il suo oro. Anche Berlino lo ha affidato agli Stati Uniti, alla Francia e alla Gran Bretagna, ma preferisce riaverlo a casa, a Francoforte. Il rientro, tenuto a lungo segreto, è in corso già da tempo. La Bundesbank, la Banca centrale, non dà spiegazioni e ognuno può intuire i motivi. Le riserve auree tedesche sono le più grandi al mondo, dopo quelle americane: 270 mila lingotti, pari a 3.384 tonnellate, dal valore oscillante, pari in questa fine d’anno a 109 miliardi di euro. Nel 2012 il valore era esattamente di 137,5 miliardi (l’Italia si piazza dopo la Germania, con 2.451 tonnellate e 800 chili, secondo il dato del settembre 2014).
Esattamente tre anni fa, nel dicembre del 2012, appena il 31% delle riserve era custodito in patria. Entro il 2020, 674 tonnellate dovranno varcare l’Atlantico per rientrare a Francoforte, arrivando a superare il 50%. Rientro, precisano alla Bundesbank, è il termine sbagliato perché questi lingotti sono sempre rimasti all’estero. Per ragioni di sicurezza: fino alla riunificazione delle Germanie, nel 1990, appena 77 tonnellate d’oro si trovavano a Francoforte. Il confine con la Ddr comunista in linea d’aria era a circa un’ottantina di chilometri. Secondo le previsioni della Nato, i panzer dell’Armata rossa, in caso di conflitto avrebbero conquistato in poche ore la Manhattan sul Meno come ironicamente viene definita la capitale finanziaria del continente. E in tre giorni sarebbero giunti in Olanda. Meglio tenere l’oro Oltreoceano, o almeno a Parigi.
Oggi solo i polacchi vogliono credere che Putin li voglia invadere, e dichiarare guerra all’Unione Europa. E, probabilmente, qualche texano. I lingotti possono essere custoditi in Assia. E qualche maligno potrebbe commentare che i tedeschi si fidano più di Mosca che degli Stati Uniti. I tedeschi hanno richiesto agli americani 300 delle 1.500 tonnellate conservate a Fort Knox, ma finora non hanno voluto indietro nemmeno uno dei 35.640 lingotti custoditi a Londra.
Comunque, battute a parte, l’oro lo vogliono sott’occhio. Per il Bundesrechnungshof, all’incirca la nostra Corte dei conti, è meglio avere i lingotti a portata di mano nel caso che una futura crisi renda necessario convertirli in valuta. Nel 2013 sono tornate 157 tonnellate, e altrettante nel 2014, quante sono state nell’anno che si sta per concludere non viene precisato. Una parte, esattamente 2.934 chili, è stata «consumata» dal ministero delle finanze per coniare monete d’oro.