Il Sole 24 Ore, 29 dicembre 2015
Popolari e good bank, una faccenda da 720 miliardi
Banche italiane a prova di consolidamento. Se la concentrazione del settore, resa apparentemente ineluttabile dalla riforma delle banche popolari varata per decreto dal Governo lo scorso gennaio, fino a oggi non è andata oltre le dichiarazioni d’intenti e le trattative riservate, secondo molti osservatori le cose stanno per cambiare. La scadenza di fine 2016 per completare la trasformazione in Spa delle grandi Popolari imprimerà infatti un’accelerazione decisiva all’intero processo, che coinvolgerà anche le “good bank” nate dalla risoluzione di Banca Etruria, Cariferrara, Carichieti e Banca Marche.
Quattro banche che complessivamente pesano solo per l’1% dell’intero sistema nazionale in termini di asset e che, alleggerite dal peso dei crediti deteriorati, portano in dote una clientela che nel 99% dei casi non è stata coinvolta dalle perdite sulle obbligazioni subordinate e che potrà ora beneficiare dell’ingresso in gruppi di maggiori dimensioni. Situazioni quindi facilmente assorbibili nell’ambito di un risiko che, in base ai dati della più recente rilevazione sul comparto realizzata dall’Ufficio Studi Mediobanca, può valere fino a 720 miliardi di attivi (per avere un termine di paragone, a fine settembre 2015 l’attivo totale di Intesa Sanpaolo era di 668 miliardi), coinvolge potenzialmente oltre 10mila sportelli, sette delle dieci principali banche italiane (e dieci delle prime tredici) ed è destinato a stravolgere il panorama complessivo del nostro sistema finanziario.
Il riassetto darà vita ad almeno un nuovo “campione nazionale” alle spalle dei colossi UniCredit e Intesa, che si sono esplicitamente chiamati fuori, e consentirà anche di mettere in sicurezza altre situazioni delicate (a partire da Popolare di Vicenza e Veneto Banca), anelli deboli di un settore che oggi, anche a fronte dell’entrata in vigore delle nuove regole sul bail in, può rivendicare la propria solidità.
La recente pubblicazione dell’esito del processo di valutazione prudenziale Srep condotto dalla Bce (ieri è stata la volta del Credem) ha dimostrato che la grande maggioranza degli istituti italiani vanta livelli di patrimonializzazione superiori ai target minimi fissati dall’autorità di Vigilanza, grazie anche alle operazioni di rafforzamento realizzate sull’impulso della moral suasion di Banca d’Italia. Solo negli ultimi due anni le banche italiane hanno chiuso con successo aumenti di capitale per circa 14 miliardi e il totale delle nuove risorse raccolte sale a oltre 37 miliardi se si considera il periodo 2011-2015. Cifra a cui vanno aggiunti i 2,5 miliardi messi in cantiere da Popolare Vicenza e Veneto Banca, già garantiti dalle banche collocatrici e che arriveranno sul mercato in occasione della quotazione in Borsa dei due istituti all’inizio del 2016.
In questo contesto, gli scenari di nozze più gettonati da osservatori e analisti ruotano naturalmente attorno al mondo delle Popolari sull’asse lombardo-veneto, ma sono spesso estesi anche a Mps e Carige. Al centro dei giochi c’è la Popolare di Milano, per cui nelle ultime settimane sembra essere entrata nel vivo una gara tra Ubi Banca e il Banco Popolare, ma l’istituto guidato dall’a.d. Pier Francesco Saviotti guarda anche al Veneto, sollecitato in questo senso a più riprese dagli stakeholder e dalle autorità politiche locali, che puntano alla creazione di una superpopolare del Nord Est.
Non bisogna poi dimenticare Bper, che dopo essere stata a sua volta molto vicina a Bpm ora valuta con interesse sia il già citato Nord Est che la Valtellina, né lo scenario di nozze tra le due big, Banco e Ubi. Quanto alle “good bank”, il cui arrivo sul mercato secondo alcuni ha rallentato la messa in cantiere di altre operazioni di maggiore dimensione, i rumors avvicinano Ubi Banca a Cariferrara, Bper all’Etruria e Cariparma a Banca Marche, ma la lista dei soggetti interessati non si ferma qui. Il presidente Roberto Nicastro, del resto, all’inizio di dicembre ha rivelato di aver già ricevuto «diverse manifestazioni di interesse da banche e operatori di private equity» e tra i possibili pretendenti, secondo le indiscrezioni, ci sono anche fondi internazionali come Apollo, Centerbridge e AnaCap Financial Partners.
Di certo la partenza concreta del consolidamento ha creato grandi aspettative anche in Borsa, dove gli investitori negli ultimi mesi hanno spinto i titoli bancari in rally proprio in attesa del risiko: dall’annuncio della riforma delle Popolari lo scorso gennaio il sottoindice Ftse Italia Banche ha messo a segno un rialzo del 14,9%, dopo essere balzato del 37,6% da gennaio ai massimi di luglio.