la Repubblica, 29 dicembre 2015
Alessandro Nesta ha deciso di fare l’americano
Alessandro Nesta, lei vuol far l’americano?
«L’Italia è lontana, altrimenti tornerei più spesso».
Folgorato da Miami.
«In vacanza, 10 anni fa. Poi ho comprato casa. Con mia moglie ci siamo detti: vediamo come si sta qui. Tolto il Canada, la carriera l’ho fatta tutta in Italia. Eravamo curiosi».
Vi siete tolti la curiosità.
«Bel posto. Fa caldo tutto l’anno. Il mix di etnie aiuta i nostri tre figli, italianissimi, a non perdere la nostra cultura e a confrontarsi con le altre. Impariamo la convivenza».
Ma il calcio...
«Cento anni di ritardo. Però cresce in fretta: regole flessibili e organizzazione. In 18 mesi costruisci uno stadio: la Mls ti obbliga ad averne uno. Il prodotto non è paragonabile al nostro, ma viene venduto meglio: magliette, marketing, tutto».
Media di 22 mila spettatori come la serie A, 4 milioni di giovani tesserati.
«Il soccer sopopola: il football spaventa le mamme, il basket esige requisiti fisici, il baseball è in stallo. A Miami ci sono 53 scuole calcio: lavorano tutte. E la Mls paga bene: non si attira più il pubblico col grande nome al tramonto, il prossimo step sono i calciatori all’apice».
Gli Usa non scherzano: hanno detronizzato Blatter.
«Ma il grande calcio è in Europa. La Champions è la Champions».
La Florida è il posto giusto per iniziare?
«Sì. Seedorf e Inzaghi hanno fatto bene ad allenare dall’alto: se mi avesse cercato il Real, ci sarei andato. Vedremo anno per anno: se non sono abbastanza bravo, resterò qui».
Intanto parte dal Miami Fc, North American Soccer League.
«Per essere promosso in serie A, la Major League Soccer, devi mettere 100 milioni. Ma la Nasl sta crescendo, grazie anche al nostro patron Riccardo Silva».
Nesta allenatore: perché?
«Mi mancava la competizione, l’adrenalina».
Come si sarebbe comportato col Nesta calciatore?
«L’avrei fatto giocare! E crescere con buoni consigli, come è capitato a me. Inizierò a gennaio. La cosa più difficile sarà la gestione dello spogliatoio. Ora c’è il mercato. Magari peschi dalla B dell’Honduras: devi fidarti dell’istinto. Meno male che c’è Pederzoli, il ds. Lavorava al Milan».
Milan uguale Beckham.
«Proprietario dell’altra squadra di Miami: farà la Mls tra due anni, quando avrà lo stadio. Noi, in Nasl, andremo al Florida International University, da 20 mila. Il derby sarà per chi porta più gente allo stadio».
Milan uguale Paolo Maldini, co-proprietario dell’Fc Miami.
«Ci confrontiamo su tutto. Mi ha scelto lui, con Silva. È sempre stato importante per me, mi auguro che presto rientri al Milan. Io sono uno riservato, ma credo nell’amicizia. Si dice che nel calcio sia difficile trovare amici veri. Per me no: Di Vaio, Pirlo, Favalli».
La generazione di voi campioni di Berlino – lei, Cannavaro, Gattuso – è ai margini: uno spreco?
«L’ex calciatore pensa al campo, non alla politica».
Da dove nasce la crisi?
«Dal calo tecnico e di appeal: la Bundesliga ha sfruttato il Mondiale 2006. Noi siamo rimasti indietro: stadi vecchi, forza economica ridotta».
Arrivano i presidenti stranieri.
«Solo per business. Gli italiani devono ottenere stadi di proprietà. E basta magliette contraffatte».
Lei al Montreal aveva Saputo, il padrone del Bologna.
«Famiglia di radici italiane, una potenza. Tifosi, romantici. Può essere considerato un po’ italiano».
Da dove ripartire?
«Dal cambio di mentalità, non di allenatori: Mihajlovic è ok per il Milan. Il presidente forte prendeva i migliori, ora devi puntare sullo scouting. Non parlo solo di Berlusconi, vale per tutti».
Vieri, nella biografia, racconta che i big dell’Inter volevano ridursi lo stipendio per lei, ma Moratti le preferì Gamarra. E l’esterofilia impazza ancora.
«Non so se il 5 maggio, con la sconfitta dell’Inter all’Olimpico, cambiò le cose. Certo, ora arriva di tutto. Ma se sei bravo, giochi. Malgrado fenomeni come Thuram, noi giocavamo: io, Cannavaro, Panucci, Fresi».
Nessuna crisi della scuola difensiva italiana?
«È un fatto generazionale. La scuola non s’è persa: guardate Romagnoli».
Per la Nazionale la rivincita con la Svezia sarà dura.
«Il gol di Ibra nel 2004 brucia ancora. Ma l’Italia può pareggiare in amichevole con l’ultima e poi fare il Mondiale del 2006 o l’Europeo del 2000».
Il suo amico Pirlo ci sarà?
«Andrea vuole l’Europeo a tutti i costi, anche se è venuto a New York. È la sua ultima chance, alla Nazionale tiene tantissimo».
Che effetto le fa il presidente della sua Lazio Lotito nel governo del calcio?
«Servono manager esterni. Un presidente di club può essere sospettato di fare i propri interessi».
Nesta, lei è partito da un campetto di Cinecittà. Oggi è un po’ a Disneyland. Domani?
«Se vinco, magari mi viene voglia di tornare in Europa».