la Repubblica, 29 dicembre 2015
Cenerentola secondo Emma Dante
Emma Dante, la sua “Cenerentola” sarà un’accesa e brutale denuncia sociale, come lo sono spesso le sue regie?
«Cenerentola narra una prevaricazione. La fiaba segue il destino di una ragazza che subisce il segreto della violenza all’interno di una famiglia. Amaramente sfruttata, la protagonista è vittima di dinamiche familiari complesse».
Fino a che punto arriva la complessità?
«Fino al punto in cui Angelina – così si chiama Cenerentola nell’opera rossiniana – viene tormentata e picchiata. In Rossini non c’è una matrigna bensì un patrigno, che con le sorellastre forma un trio di svergognati imperdonabili. Crudeli scalatori sociali. Ciechi e sordi. Vanno puniti come meritano. Non sopporto i lieti fini».
Parla di “Cenerentola” come di una storia perfida e beffarda non distante dal clima di suoi pezzi teatrali sulla ferocia nascosta nei nuclei familiari, vedi “Le sorelle Macaluso”.
«Cenerentola è stata depredata, spogliata dai suoi beni. E viene schiavizzata come l’ultima delle serve. Le fiabe contengono spesso elementi minacciosi. Situazioni cupe e macabre che non intendo edulcorare».
Nel suo “Anastasia, Genoveffa e Cenerentola” (2010) l’eroina fa la sguattera per tre arpie spregevoli che a casa parlano in dialetto siculo e nell’alta società si riempiono la bocca di francese.
«C’è un unico nesso tra l’attuale messinscena operistica e quello spettacolo teatrale, ed è la scena della festa: pure qui sarà formata da donne sfacciatamente pronte al matrimonio, che si presentano in abiti nuziali. Vanno al ballo solo perché aspirano al principato. Sono spose assassine, mostri pronti a tutto in nome dell’ascesa sociale. Al di là dell’involucro candido, celano strumenti pericolosi: sotto gli abiti di tulle bianco sono pesantemente armate e il ballo si risolverà in una carneficina, un sanguinoso massacro collettivo».
In tanto orrore affiorano aspetti fiabeschi?
«Certo. Sarà un allestimento “antico” e a suo modo colmo di magia. È prevista anche l’apparizione della carrozza. L’ambiente bianchissimo ha una luminosità onirica. Però nello splendore c’è qualcosa d’inquietante e allucinato».
La maltrattata Cenerentola- Angelina rimane sola e indifesa?
«Su qualcuno può contare, ma sono automi. Si tratta di cinque sue proiezioni ispirate alla corrente del Pop Surrealism, cultura underground nata negli anni Settanta in California. Le bambole-Cenerentole fanno i servizi per consentirle ogni tanto di riposare. Sono simulacri che la moltiplicano dandole il dono dell’ubiquità. Hanno il ruolo assistenziale che distingueva i topini nel film di Disney. Ma sono affetti meccanici. In definitiva Angelina è una svampita che sogna il Principe, prende un sacco di botte e soffre di solitudine».
Ci sono state regie di “Cenerentola” che l’hanno influenzata?
«La versione di Jean-Pierre Ponnelle, di cui esiste un mirabile dvd con la direzione di Claudio Abbado, è perfetta. Fa capire che quest’opera va affrontata come puro teatro. La musica impone il ritmo e il sentimento dell’azione e descrive i caratteri. La regia sta tutta dentro la partitura di Rossini».
Il suo primo impegno nella lirica fu “Carmen” alla Scala, con Daniel Barenboim sul podio. Come ricorda quell’esperienza?
«Si stabilì tra noi un’intesa miracolosa e irripetibile. Volle essere presente a tutte le mie prove. Ora ogni tanto ci si sente al telefono e mi dice: Emma, quando torniamo a mangiare l’insalata di pomodori? Lo si faceva abitualmente fra una prova e l’altra. Piatto dietetico e conversazione straordinaria».
Quali saranno i suoi prossimi spettacoli?
«Nel ’17 debutterà Bestie di scena, dedicato all’essere attori. Un’indagine sul senso del divenire altro da sé, sulla natura delicata e potente dell’interpretare. E in estate a Spoleto presenteremo l’Odissea con 23 giovani allievi-attori insieme ai quali io e il mio gruppo stiamo lavorando nella “Scuola dei mestieri dello spettacolo” del Biondo di Palermo. Farò anche un Macbeth di Giuseppe Verdi al Massimo di Palermo in coproduzione col Regio di Torino. Il soggetto attinge da Shakespeare. E Bestie di scena esplora fra l’altro grandi figure shakespeariane come Otello e Macbeth: certi nessi profondi collegano le diverse e simultanee progettazioni che s’intrecciano nel mio lavoro».