la Repubblica, 29 dicembre 2015
Sono sempre più i padri separati che non pagano il mantenimento
«Da sei mesi mio marito non ci versa più l’assegno di mantenimento. E i miei figli, Giada e Pietro, sono diventati bambini poveri. Cosa vuol dire povero? Vuol dire che abbiamo tagliato la piscina, il calcetto, la mensa a scuola, eliminato i vestiti nuovi, i libri sono un lusso già da un pezzo, e ad ogni festa di compleanno non so come comprare il regalo… Mi vergogno, ma riesco a garantire soltanto la sopravvivenza. Il mio ex scappa, fugge, dice che non ha soldi, ma intanto si è costruito una nuova famiglia...».
Adachiara, maestra d’infanzia e giovane mamma separata di Udine dice che non appena il nuovo “Fondo di solidarietà per il coniuge in stato di bisogno” diventerà effettivo, sarà tra le prime a presentare la domanda. Perché d’ora in poi, come prevede la legge di Stabilità, sarà lo Stato a versare i soldi dell’assegno di mantenimento a famiglie come quella di Adachiara, rivalendosi poi sul padre inadempiente. Un passo di civiltà, spiegano gli avvocati matrimonialisti, ma anche la testimonianza di un’emergenza non più legata alla crisi ma diventata endemica, la povertà cioè che segue la fine di un amore, e dunque le separazioni e i divorzi.
I dati sono impressionanti: secondo le stime dell’Ami, Associazione matrimonialisti italiani, i processi penali per il “mancato pagamento dell’assegno ai figli” sono aumentati del 20 per cento negli ultimi cinque anni, trecento in sei mesi i casi solo al tribunale di Trento. Lasciarsi, ormai è assodato, è sempre più un lusso per coppie con doppio reddito, o per chi ha soldi, per tutti gli altri la rottura di un matrimonio può diventare l’anticamera della povertà. Eppure in Italia le nozze durano sempre meno, dal 1995 a oggi sono triplicati gli addii dopo dieci anni vita in comune, e le separazioni cresciute del 70 per cento. Ma nello stesso tempo il 12 per cento degli “utenti” delle mense della Caritas sono proprio i separati e i divorziati, anzi le divorziate, visto che l’8,5 per cento sono donne con figli minori a carico. Spiega Gian Ettore Gassani, fondatore dell’Ami e grande sostenitore del Fondo varato dal Governo: «Sono anni che lo chiedevamo, anni in cui abbiamo visto la tragedia di famiglie ridotte sul lastrico dopo una separazione, e quasi sempre a pagarne il prezzo più alto sono le donne e i bambini. Nella maggioranza dei casi infatti a non pagare l’assegno di mantenimento sono i padri, in parte perché non possono, in parte perché ne approfittano. Ma il dato sociale è durissimo. Si può fare addirittura un calcolo matematico: in una coppia con due figli, un mutuo e due redditi da 1500 euro, dopo la separazione uno dei due coniugi diventerà povero…».
Racconta Adachiara: «Ci siamo separati perché lui aveva un’altra storia, ma abbiamo entrambi sofferto per la fine di un matrimonio in cui avevamo creduto. All’inizio è stato presente, affettuoso con i bambini, puntuale nei pagamenti. Poi la sua “altra” famiglia è diventata più importante, ha iniziato a trascurarci, e da quando è diventato padre di nuovo è come se ci avesse dimenticati. Il mio ex è un libero professionista, io guadagno meno di mille euro al mese. Eravamo una famiglia normale, oggi i miei bambini sono poveri, ed esposti ad una doppia sofferenza, il suo abbandono e le privazioni». Aggiunge Gassani, che di tutto ciò parla nel suo libro “Vi dichiaro divorziati”: «Il Fondo servirà in situazioni come queste, ma ci vuole una stretta vigilanza: temo infatti che i padri inadempienti possano approfittarne per abdicare ancora di più dalla proprie responsabilità». Mitiga Timberio Timperi, giornalista e esponente dei padri separati, protagonista di una lunga vicenda giudiziaria con la ex moglie. «È una misura giusta, ma è anche una toppa sulle inefficienze della giustizia, dove ancora troppo spesso i giudici privilegiano d’ufficio il collocamento dei figli con le madri, e impongono ai padri assegni di mantenimento impossibili da onorare, fino a ridurli im miseria. Oltre ai soldi serve un cambio culturale nei tribunali». Per Alessandro Sartori, presidente dell’Aiaf, associazione italiana avvocati della famiglia, il vero problema è però l’impunità: «I processi aumentano, ma la realtà è che quasi mai gli “inadempienti” finiscono in carcere. E per le vittime l’unica strada è quella della battaglia legale...».