Il Sole 24 Ore, 27 dicembre 2015
Il sogno di Jean Monnet e l’auspicio di Winston Churchill come possibile soluzione al caos globalizzato
La Federazione europea, sognata da Jean Monnet e un futuro di Stati Uniti d’Europa, auspicati da Winston Churchill, paiono, nonostante qualche sussulto, sempre più lontani. La mancanza di una politica comune ha aiutato disgregazioni interne, che hanno dovunque fatto prosperare populismi nazionalistici di ogni genere, partiti politici con programmi antieuropei e generalizzata indifferenza sia nei confronti della Ue, sia nei confronti della Banca Centrale Europea e dell’euro. I recenti risultati elettorali in Francia e in Spagna ne sono la prova pericolosa.
È facile dunque concludere che, dalla fine della guerra fredda, l’Europa, ora vittima del terrorismo e del revanchismo russo, non è mai stata così insicura.
Tuttavia, la situazione ancor più delicata è quella che si presenta nel Regno Unito, potenza nucleare e membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dove il Primo ministro David Cameron non sembra avere una chiara consapevolezza del ruolo che può svolgere in Europa e nel mondo, preferendo ritrarsi dalle sue responsabilità di carattere internazionale, per privilegiare modesti interessi economici e nazionalisti.
Gli fa eco il nuovo leader dell’opposizione, Jeremy Corbyn, che espressamente richiede il ritiro inglese dalla Nato.
In questa atmosfera, Cameron aveva promesso, entro il 2017, un referendum per decidere se il Regno Unito dovesse rimanere, o abbandonare (Brexit), l’Unione Europea. Le incerte richieste agli altri Stati di riforma dei Trattati o di limite ai diritti dei migranti sono appena state oggetto di tempestose discussioni, che dovrebbero riprendere nel mese di febbraio, con la speranza di un compromesso.
Il Brexit costituirebbe sì per gli euroscettici una vittoria, ma un disastro per l’Europa e anche per quella che si presenta ormai come Little Britain, destinata a contare sempre meno nello scacchiere internazionale nel suo isolazionismo.
Ma lo stesso futuro costituzionale del Regno Unito potrebbe subire un tracollo, dato il recente successo elettorale del partito nazionalista scozzese (SNP) che ha ottenuto ben 56 seggi su 59.
Si porrebbero allora inquietanti domande. L’SNP richiederà un secondo referendum per l’indipendenza? E cosa potrebbe succedere se i voti della Scozia e quelli dell’Inghilterra divergessero sul referendum sull’Unione europea? Quale sarebbe, infine, la sorte dell’Irlanda del nord e del Galles qualora la Scozia abbandonasse il Regno Unito?
La frantumazione del Regno Unito annullerebbe l’influenza inglese
nel mondo e la solidarietà attuale
con gli Stati Uniti d’America probabilmente scomparirebbe, con un’Inghilterra insulare, distaccata dall’Unione Europea.
D’altra parte, è noto che anche l’Europa senza il Regno Unito, in un periodo come quello attuale dove ad ogni livello economico e militare stanno crescendo aggregazioni di Stati sempre più coese, perderebbe completamente quella posizione geopolitica che finora ha avuto, ancorché si stia da tempo affievolendo. Il sogno di Jean Monnet e l’auspicio di Winston Churchill vanno sempre più coltivati dai cittadini europei, non solo forse per il loro interesse, ma soprattutto per la pace nel mondo, come soluzione possibile al caos globalizzato.