La Gazzetta dello Sport, 28 dicembre 2015
Il fenomeno Hanyu, il pattinatore perfetto
C’è terremoto e terremoto. Quello che l’11 marzo 2011 squassò la sua Sendai e l’intero Giappone, provocando il famigerato tsunami e il successivo disastro nucleare, causò quasi 20.000 morti. Yuzuru Hanyu, 16enne pattinatore di belle speranze, insieme alla famiglia e a centinaia di concittadini, fu costretto a dormire giorni in un palestrone. Terrorizzato, come molti si sarebbe ripreso mesi più tardi. Poi, per fortuna, ci sono i terremoti figurati. L’atleta nipponico, ora affermato 21enne con tanto di oro olimpico in tasca, nello sport ne ha scatenato uno che sta cambiando i connotati della disciplina. Con le sue prestazioni ne sta spostando i confini, tanto da far ipotizzare che presto se ne dovranno addirittura riscrivere le regole.
Prima, in novembre, nella tappa di Grand Prix di Nagano, in casa; poi, due settimane più tardi, in dicembre, alla finale del circuito di Barcellona: il prodigioso talento, in un caso e nell’altro, ha strabiliato, raggiungendo livelli inimmaginabili, rasentando i limiti della perfezione. Quattro programmi, altrettanti capolavori, senza sbavature. Yuzuru, con la sua vita strettissima, da sempre è dotato di doti tecniche straordinarie. Ora, (due quadrupli nel primo segmento di gara e tre nel secondo oltre a combinazioni da urlo) le ha affinate, aggiungendo poi nel proprio bagaglio qualità interpretative e artistiche con pochi precedenti. Nessuno, nel totale dato dalla somma dei punteggi di programma corto e programma libero, aveva mai superato i 300 punti. Lui – padrone della scena e di qualsiasi movimento – c’è riuscito due volte, arrivando a 322.40 e poi a 330.43. Con gli elementi presentati, il margine per andare oltre è risicatissimo.
L’allievo del sempre più grande Brian Orser, in Spagna ha vinto la finale del Grand Prix per la terza volta consecutiva, in Spagna ha rifilato al secondo, l’iridato compagno di allenamenti Javier Fernandez, 37.48 punti. Ha frantumato qualsiasi record e, appunto, ha costretto chi di dovere a cominciare a ripensare ai parametri del sistema di giudizio. Il guru russo Alexander Lakernik, referente della commissione tecnica d’artistico della federazione internazionale, in una recente intervista a R-Sport, ha ammesso che, di questo passo, presto (ma non si potrà prima dei Giochi di PyeongChang 2018) si dovranno rivedere i coefficienti di esecuzione dei singoli elementi.
Colpa di Hanyu, naturalmente. E di programmi mai così azzeccati: il corto, su note di Chopin, coreografato dallo statunitense Jeffrey Buttle, il libero su quelle della colonna sonora di un film giapponese, disegnato dalla canadese Shae-Lynn Bourne. Entrambi perfettamente A Barcellona per gli aspetti artistici, hanno meritato 22 e 24 dieci (il massimo) su 45. Facendo in qualche modo tornare alla mente l’inimitabile Nadia Comaneci alle parallele asimmetriche nella ginnastica artistica dell’Olimpiade di Montreal 1976. «Yuzu, you’re my hero» («Yuzu, sei il mio eroe») ha scritto Evgeny Plushenko (mai andato oltre un totale di 261.23...) dopo quelle prestazioni senza precedenti. Lui, preferibilmente con un Winnie the Pooh tra le mani, da sempre suo portafortuna, ringrazia e sorride. Sabato, a Sapporo, ha vinto a occhi chiusi il quarto titolo nazionale consecutivo. I ricordi del primo terremoto rimarranno indelebili. Ma il secondo sta provocando solo meraviglie.