La Gazzetta dello Sport, 28 dicembre 2015
«Il mio numero 10 sta bene sulle spalle di Pogba». Parola di Alessandro Del Piero
Il numero dieci, l’inizio e la fine. L’annullamento di tutte le cose, e insieme il ricominciare. Alessandro Del Piero dopo la conclusione della storia con la Juve è ripartito a modo suo, è stato in altri continenti e ancora adesso gira il mondo. Nelle ultime settimane ha ricevuto un premio a Abu Dhabi, ha giocato una partita a Kuwait City. «Sto testando le tante sfaccettature di un mondo che ancora è il mio». Qualche tempo fa l’hanno messo fra i favoriti per la panchina della Nazionale dopo Antonio Conte. L’ex numero dieci Del Piero sta studiando per far bene anche in altri ruoli. «Prima di andare all’estero avrei detto che fare l’allenatore non mi interessava, poi ho conosciuto altre sfumature dell’ambiente nel quale ho sempre vissuto. Le esperienze che ho fatto mi hanno aperto la mente, mi hanno avvicinato alle tante forme del calcio. Detto questo, per il momento non ho in programma di fare un corso per allenatori. Mi guardo intorno, mi informo e mi diverto».
Del Piero è ancora una leggenda per gli juventini. Ora poi, con il sorteggio di Champions League per gli ottavi, torna alle memoria anche il suo gol al Bayern...
«Sì, mi ricordo. Era una partita del girone di qualificazione, c’era Capello in panchina. A Monaco vincemmo 1-0 all’ultimo minuto».
Consigli per Allegri e per i suoi ex compagni?
«Eh, è un po’ presto per dare consigli. In due mesi possono cambiare tantissime cose. Credo che per la Juventus sia importante avere tutto questo tempo per preparare la partita. In ogni caso, meglio per tanti motivi incontrare una squadra come il Bayern Monaco agli ottavi piuttosto che più avanti nella stagione. La Juve in casa ha le potenzialità per fare benissimo contro i tedeschi, lo stadio e il pubblico hanno un valore e possono dare una spinta importante alla squadra. C’è il modo per prepararsi anche dal punto di vista psicologico e affrontare questa sfida al meglio».
Intanto si è riaperta anche per la Juve la corsa scudetto, e ricomincia il duello con l’Inter.
«Si delinea quel duello antico, ma io non dimenticherei le squadre che ancora sono in mezzo. La Roma ha nelle corde tutte le potenzialità per lottare fino in fondo, ha sorpreso in positivo a Napoli in un momento complicato, poi c’è stata la scivolata in coppa Italia, ma in campionato è ripartita. Il Napoli gioca il calcio più divertente insieme con la Roma».
Anche la Fiorentina del suo ex compagno Paulo Sousa ha dato segnali importanti.
«Dico Napoli e Roma prima della Fiorentina in attesa di conferme di continuità che si potranno avere nei prossimi mesi, ma sul piano della qualità del gioco non c’è dubbio che la Fiorentina sia una bella realtà. Ha perso a Torino contro la Juve e ci sta, perché se spinge al cento per cento la Juve in casa può battere qualsiasi avversario. Non è un passo falso che rovina i progressi di questi mesi. La Fiorentina fin qui ha sorpreso, vediamo che cosa succederà sulla lunga distanza, ma proprio perché ci sono tutte queste squadre che stanno facendo buone cose mi pare presto per ridurre la lotta scudetto a Inter e Juve».
Sembrano però le due squadre più abituate al successo, favorite in una ipotetica volata, mentre il Milan rimane indietro.
«Sì, direi che il Milan in questo momento ha bisogno di essere lasciato tranquillo».
Che cosa favorisce la Juve in un’eventuale volata?
«La struttura del club e della squadra, la presenza dello zoccolo duro dei senatori e di giovani bravi che hanno già fatto parecchie belle cose. Questo significa tanto: quando decidi di ricostruire, la creazione di un mix fra esperti e giovani è fondamentale. Nella Juve c’è stata continuità».
L’Inter ha dalla sua la fame di vittorie dopo il periodo di transizione.
«E la compattezza che ha raggiunto, in maniera sorprendente. Mancini ha creato una squadra solida: vincere tante partite 1-0 non è un fatto casuale, è un dato importante. Mi pare che il gruppo Inter sia un gruppo che si diverte ma che allo stesso tempo è impegnato e unito».
Il suo ricordo più bello dei duelli con la Juve?
«Credo che per i tifosi sia la punizione del 2-1 a San Siro, raggiunto negli ultimi minuti (12 febbraio 2006, n.d.r.)».
Un gol di grande bellezza che portò la Juve a un vantaggio abissale in classifica.
«Penso che sia rimasto nella memoria di tanti per il peso che ha avuto nel campionato e soprattutto per come era arrivato quel successo: nel finale di partita, a casa dei rivali di sempre. Ma ci sono state tante sfide in quegli anni e a livello personale mi piace ricordare i confronti con Ronaldo: per me erano emozionanti e stimolanti, oltre che importanti per i risultati. Erano un duello nel duello, un capitolo a parte in ogni partita. Sono molto affezionato a quei momenti, mettermi alla prova contro un fuoriclasse simile mi dava una carica particolare».
Il calcio italiano è lontano da quello dei tempi d’oro, eppure l’en plein in Europa fa sperare.
«La competitività fra le squadre è forte e di questo bisogna essere orgogliosi. Ormai la serie A è un campionato diverso rispetto a qualche stagione fa: il primo e il secondo giocatore del mondo non giocano e probabilmente non giocheranno mai più da noi, e magari non arriveranno in Italia neppure il terzo e il quarto talento mondiale. Però abbiamo ancora un campionato combattuto e piacevole».
Risalire dopo essersi fermati a lungo non sarà semplice.
«Il problema non è tanto che noi ci siamo fermati, piuttosto gli altri sono cresciuti. D’altra parte, restare al top è difficile: chi insegue è più invogliato a studiare e a migliorarsi. È quello che è accaduto ai nostri concorrenti in Europa negli ultimi anni, e al di là delle differenze di budget dei club, che sono innegabili e pesano, bisognerà lavorare sodo per recuperare».
La sua Juve però ha fatto bella figura nella stagione passata arrivando in finale di Champions League in modo piuttosto inaspettato. Chi è il nuovo uomo simbolo?
«Credo che la Juve lo stia ancora cercando, almeno per il futuro. Per quanto riguarda il presente è inevitabile nominare la vecchia guardia, fondamentale anche per la personalità: Buffon, Chiellini, Marchisio, e poi Bonucci, e Barzagli. Al momento i trascinatori sono ancora loro».
È stato giusto dare il dieci a Pogba? Sembra che la maglia abbia pesato, almeno nel tormentato inizio di stagione.
«Non lo so, so che Paul è un giocatore di grande talento. Se pensiamo al dieci come l’uomo che deve stupire con le sue giocate durante la partita, Paul è perfetto perché sa come farlo, può riuscirci e lo ha già fatto tante volte. Nelle sue corde ci sono i grandi colpi che un protagonista deve avere. Poi nei club importanti c’è dell’altro, perché il dieci è molto di più di un’espressione tecnica, è una cosa ancora più complicata, strutturata. Ma Pogba ci può arrivare. Bisogna soltanto lasciargli il tempo di provarci».