Libero, 28 dicembre 2015
Daniela Santanché parla dell’autobiografia che sta scrivendo, della Boschi, del suo compagno Sallusti e di Novella 2000
«Adesso basta, andrebbe licenziato».
Onorevole Santanché, non starà mica parlando di Berlusconi?
«Ma cosa dice? Parlo delle mie aziende, non del partito».
Già, lì avete più guai con più persone, oltre cento addii da inizio legislatura...
«La matematica inganna. Forza Italia è da sempre un partito allo stesso tempo anarchico e monarchico, dove sensibilità e caratteri diversi sono tenuti insieme dal leaderismo di Berlusconi. Da fuori può sembrare un casino ma la situazione in realtà è meno confusa e drammatica di quanto sembra».
Il problema però stavolta sembra proprio Berlusconi: se ne sta sempre ad Arcore e non interviene...
«È sempre ad Arcore perché ci sta bene. Per ora è defilato perché i tempi non sono maturi, e in politica i tempi sono la cosa da non sbaglare. Quando tornerà, si riprenderà voti e partito. Il problema è se ha voglia di tornare...».
Allora anche lei pensa che sia stufo?
«Più che altro penso che sia deluso da Forza Italia, da come non abbiamo reagito alla sua indegna cacciata dal Parlamento. Dovevamo scatenare una guerra atomica e non è stato così».
Si dice che voglia ribaltare il partito...
«Tutti abbiamo fatto del nostro meglio, ma tanti ormai hanno esaurito la spinta di un tempo. Comprendo che Silvio voglia cambiare».
Chi resterà?
«Direi che puntare su quelli che portano voti potrebbe essere un buon criterio di selezione. Per il resto, il turn over è cosa buona e giusta».
Cosa sta aspettando?
«Berlusconi è un genio; va preso, non interpretato. Quindi io non lo interpreto. Mi auguro che stia studiando uno dei suoi colpi di teatro per la rentrée. Ho fede che sia così».
Sicura che Silvio non sia in sonno perché sotto sotto gli conviene che Renzi governi, così gli alleati stanno buoni e le aziende pure?
«Tutte balle. Sono i grillini che cercano l’inciucio. Noi facciamo opposizione patriottica. Gli interessi degli italiani vengono prima dei nostri».
Cosa pensa di tutti i forzisti che, attraverso Verdini, se ne stanno andando con Renzi?
«Tra di loro ho molti amici ma penso che stiano sbagliando e che a fidarsi di Renzi rimarranno con un pugno di mosche in mano».
Ragionamento valido anche per Verdini?
«Verdini è stata la perdita più grave, perché è un grande organizzatore, ma anche la più logica. Era il garante del patto del Nazareno e quando questo è saltato, coerentemente Denis è uscito da Forza Italia. Detto questo, voglio avvertirlo: per quanto Verdini sia un uomo di grande intelligenza politica, Renzi sta prendendo per il culo anche lui. Ma quando se ne accorgerà, io per lui ci sarò».
Dicevate che Renzi è come Berlusconi. Avete cambiato opinione?
«Decisamente. Alla prova dei fatti, non hanno nulla in comune. Renzi non ha nulla di umano, Berlusconi è tutta umanità. Berlusconi è stato eletto tre volte premier, Renzi non è mai stato eletto. Silvio è un generoso, non molla nessuno, piuttosto si fa mollare. Matteo è un cinico, ti usa come un taxi e poi ti scarica. Sono già piene le fosse di suoi ex fedelissimi».
Ma lei fu tradita da Silvio: quando fondò la Destra con Storace le preferì Fini...
«E bene fece, doveva andare al governo. Sono machiavellica anche quando devo pagare io il prezzo. L’unica critica che faccio a Berlusconi è che sbaglia un po’ troppo spesso gli uomini. È un buono, e più sono piccoli, più si fa intenerire».
Chi sarà il prossimo scaricato da Renzi?
«Si tenga forte: Maria Elena Boschi. Già non si fa più fotografare con lei e alla Camera per la fiducia lui non è andato a mostrarle solidarietà anche se il voto favorevole era scontato. Ma il colpo di scena sarà sulla legge elettorale. Boschi, stai serena, mi viene da dire».
Cosa intende?
«È ormai chiaro che l’Italicum è un autogol e che se Renzi andasse al ballottaggio, Cinquestelle avrebbe serie possibilità di batterlo. Quindi, sei mesi prima delle elezioni, Renzi cambierà la legge, passando sopra la Boschi come uno schiacciasassi».
Che giudizio ha del ministro delle Riforme?
«Sicuramente le sceme sono fatte diverse. Però penso che lo scandalo di Banca Etruria l’abbia segnata irrimediabilmente. Non rivedremo mai più la Boschi a cui c’eravamo abituati. È come Scajola con la casa, molto peggio se pensiamo che qui parliamo di migliaia di piccoli risparmiatori truffati».
Secondo lei si dovrebbe dimettere?
«Premesso che se uno scandalo del genere fosse capitato a noi di Forza Italia ci avrebbero sparato per strada, non voglio fare certo la giustizialista. Dico solo che, se fosse stata coerente con quanto da lei stessa detto sul figlio della Cancellieri e su quello di Lupi, si sarebbe già dimessa. Ma evidentemente per lei le regole sono diverse, e non penso solo a causa della sua avvenenza o delle sue capacità dialettiche».
Questione di opportunità politica?
«Anche di opportunità politica. Se la magistratura non si rivelerà ancora una volta politicizzata e le indagini faranno il loro corso, sospetto che emergeranno elementi che renderanno le dimissioni opportune da ogni punto di vista. Anche in politica, business is business».
Che idea si è fatta del ruolo del Pd toscano nello scandalo?
«Che Fassino era un dilettante e D’Alema uno studente. È il Giglio Magico la vera merchant bank dove non si parla inglese».
Salvini è il più scatenato nell’attaccare il governo su Banca Etruria, voi neppure avete votalo la sfiducia alla Boschi...
«Ma voteremo la sfiducia a tutto il governo. È sterile insistere sulle distanze tra Lega e Forza Italia. Il centrodestra è uno, quello che si è visto a Bologna, comprende anche la Meloni e unito può tornare al governo puntando su taglio delle tasse, taglio degli sprechi, sicurezza e difesa dei valori occidentali dall’islamizzazione e dalla bomba immigrazione. Gli ultimi sondaggi, uniti, ci danno sopra il Pd».
E se l’erede di Berlusconi fosse Della Valle?
«Chiunque si aggiunge è il benvenuto. Spero che i capitani coraggiosi si facciano avanti in questi tempi di boy scout che non hanno mai lavorato e tanto meno fatto impresa. Ma si decida, altrimenti rischia di diventare un tormentone».
Con i suoi giornali farà politica?
«Sono un editore puro. Con i miei due ultimi acquisti, Novella 2000 e Visto, racconterò l’Italia attraverso il gossip. È anche vero però che questi giornali, siccome non sono orientati, fanno più politica di quelli di partito, perché si rivolgono a un pubblico senza pregiudizi. Come in tv, dove pesa più un’intervista da Barbara D’Urso che da Lilli Gruber».
Ma lei ha comprato Novella 2000 per non finirci più sopra o per finirci tutte le settimane?
«L’ho comprata perché credo nell’editoria, se il prodotto è verticale, di nicchia e va a solleticare una passione».
Ottimo piano editoriale, ma non mi ha risposto...
«Non ho bisogno di Novella, lo sa che sono finita pure sulla Treccani? Mi basta mettere un vestito alla Prima della Scala perché si parli di me».
Il suo compagno Sallusti si è un filo imbarazzato per la mise...
«Davvero? A me a casa ha detto che stavo benissimo».
Avrà cambiato idea...
«Mettiamola così: se Sallusti fosse accusato di aver rapinato una banca, io direi che ero con lui. Forse per lui funziona diversamente».
E questo cesto pieno di cartoncini con lei in papillon e boa verde?
«Metta giù le mani, non sono destinati al pubblico. Non vorrei che qualcuno si arrabbiasse o si imbarazzasse troppo».
Dovrebbe scrivere un libro...
«Lo sto facendo: 12-13 capitoli, ognuno dedicato a uno spaccato della mia vita, dalla maternità, alla politica, agli anni della formazione».
Ce n’è uno pure su Sallusti?
«Può essere, lasciamo un po’ di suspence. Posso dire che uscirà in primavera».
Già, chissà poi chi glielo fa fare a Sallusti di candidarsi a sindaco di Milano?
«Me lo chiedo anch’io. Ma andiamoci piano, per ora ha solo risposto a una richiesta di Berlusconi di fare il candidato. Immagino ci siano delle condizioni».
Ma se non lo eleggono, poi lo assume lei come direttore?
«No, io non pubblico quotidiani».
Chessò, magari come direttore editoriale?
«Alessandro è un giornalista di grande talento, non credo avrà mai problemi occupazionali, anche se dovesse candidarsi e le elezioni dovessero andare male. E poi lui non è proprio il tipo che si fa problemi di questo genere».
Perché non ufficializza la candidatura?
«Evidentemente non c’è ancora una decisione. Al momento trovo più saggio godersi lo spettacolo del caos a sinistra, con Sala e la Balzani che fanno a gara a chi è più comunista».
E perché non si è candidata lei, si parla di Torino?
«Io non me lo posso permettere. Ho un’azienda editioriale da mandare avanti. In tre anni e mezzo ho acquistato sette testate, siamo in più di cento. E nel 2016 comprerò altri due giornali».
Che tipo di imprenditore è?
«Di destra e liberale. Quindi la mia regola è: massima libertà a tutti ma sui conti comanda chi paga. E nella gestione, mi comporto come un capo famiglia. Questo anche nella vita privata, a dire il vero; per questo in genere non piaccio agli uomini».
Come non piace?
«Massì, non li metto a loro agio, vedono che non sono disponibile, mi avvertono come una dura, anche se in realtà nel privato sono una dolce e premurosa. Anche Sallusti ho dovuto corteggiarlo io».
E come l’ha conquistato?
«Lui ha tutto quello che non mi piace. Ha un pessimo carattere, è poco vivace, taciturno, rigido. Ma è anche un uomo all’antica e di saldi valori. Questo ci ha avvicinati, e quando mi ha conosciuta per quello che sono sotto la maschera da uomo che mi metto per lavorare, l’ho conquistato».
Lui si è appena separato, non c’è due senza tre... A quando le nozze?
«Ma che domanda è? Un po’ di privacy. Ci scegliamo ogni giorno e va bene così».