Libero, 28 dicembre 2015
Renzi abbaia contro la Merkel ma le lascia i rubinetti del gas
«Renzi sgrida Merkel», «Renzi attacca Merkel», «Renzi a muso duro contro Merkel», sono alcuni dei titoli di giornale usciti dopo il vertice europeo del 17 e 18 dicembre, quando, secondo le ricostruzioni, il presidente del Consiglio italiano ha criticato duramente la cancelliera tedesca. Nei giorni successivi Renzi ha ripetuto e rinforzato le sue accuse facendo sembrare molto lontano lo scorso luglio, quando Merkel definiva “impressionante” il programma di riforma del governo italiano e Renzi si schierava su posizioni vicinissime ai tedeschi durante la crisi greca.
Non è chiaro però quanto quello in corso sia un vero scontro tra i due governi e quanto invece sia una polemica influenzata dagli avvenimenti interni alla politica italiana. Renzi, infatti, è tornato ad accusare l’Europa e la Germania di eccessivo rigore nei conti mentre il dibattito pubblico italiano è dominato dal salvataggio delle quattro banche e dalle accuse di conflitto di interessi nei confronti del ministro Maria Elena Boschi.
Il vertice in cui sono avvenute le critiche è stato descritto da molti come poco decisivo e caratterizzato da un clima tutto sommato tranquillo. «Puntare il dito sulla leadership tedesca è stato forse meno efficaci che in altri momenti. All’epoca della Grecia avrebbe avuto più presa e avrebbe avuto anche più attinenza», spiega Giampiero Gramaglia, ex direttore dell’Ansa, consigliere dello Iai ed esperto di Unione Europa. Anche perché per molti osservatori è chiaro che le critiche italiane sulla flessibilità sono, in questa circostanza, piuttosto interessate. La nuova legge di Stabilità italiana, infatti, prevede un ulteriore sforamento dello 0,2 per cento del rapporto deficit/Pil rispetto a quanto consentito dalle regole europee.
Ma questa volta Renzi ha inserito tra le sue critiche alla Germania anche temi che non si sentono evocare spesso nel dibattito pubblico italiano. Ad esempio, ha chiesto spiegazioni sul raddoppio di Nord Stream, un gasdotto che dalla Russia arriva direttamente in Germania, passando sul fondo del Mar Baltico. Lo scorso settembre, un consorzio privato ha annunciato un accordo con la società russa Gazprom per duplicare la capacità del gasdotto, un’operazione che trasformerebbe la Germania nel principale hub del gas in Europa. Renzi ha criticato il fatto che fino ad oggi il raddoppio di Nord Stream non ha incontrato opposizione da parte della Commissione Europea, che aveva invece, di fatto, bocciato il suo gemello meridionale, South Stream, un gasdotto che passando dal Mar Nero e dai Balcani avrebbe dovuto raggiungere direttamente l’Italia. Il progetto è stato bloccato nel dicembre del 2014.
«Sulla carta – sostiene Nicolò Sartori, esperto di energia e ricercatore dell’Istituto Affari Internazionali – far passare quasi tutto il gas che ci serve per la Germania non sembra una soluzione ideale, visto che il paese di Angela Merkel è uno dei nostri principali concorrenti commerciali. Ma» secondo Sartori, «i danni effettivamente causati da una simile soluzione non sono ancora direttamente valutabili», e aggiunge, che quella del gasdotto è una questione: «Rilevante, ma che potrebbe essere utile e spendile anche per fare una battaglia su altri punti».
Viene da chiedersi, infatti: «Come mai il governo italiano abbia affrontato con decisione questa questione soltanto in occasione del consiglio europeo e non a settembre, quando l’accordo per il raddoppio venne annunciato». Il raddoppio di Nord Stream è uno dei pochi temi su cui Renzi ha trovato parecchi alleati in Europa. Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia sono tutti Paesi dove oggi passano importanti gasdotti russi e che perderebbero le rendite di passaggio se il gas russo venisse dirottato nel nuovo gasdotto tedesco. L’alleanza dell’Italia con i Paesi dell’est Europa ha messo il governo in una posizione un po’ strana quando Renzi ha evocato una discussione più approfondita sulle sanzioni alla Russia, che sono state automaticamente rinnovate lunedì scorso. L’Italia ha perso circa 200 milioni di euro a causa delle contro-sanzioni approvate dalla Russia, cioè il 34 per cento delle sue esportazioni verso il paese di Vladimir Putin.
La Germania, invece, ne ha persi circa 300, per un totale del 30 per cento delle sue esportazioni verso la Russia. Su questo fronte Renzi è considerato uno dei leader europei più filo-russi, ma i paesi dell’est Europa, alleati sulla questione del gas, sono invece i più favorevoli alle sanzioni. C’è invece pochissimo margine per le critiche di Renzi su un altro dei fronti aperti nel corso del vertice europeo, quello dell’immigrazione. Renzi ha di nuovo chiesto maggiori aiuti per l’Italia e una procedura accelerata per redistribuire i migranti con il nuovo sistema per quote introdotto dagli accordi europei di questa estate. Ma la situazione è molto cambiata rispetto al 2014. La posizione italiana è resa debole dal fatto che oggi sono altri i paesi che subiscono il grosso dell’ondata migratoria. Proprio in Germania sono arrivati circa 900 mila migranti nei primi undici mesi del 2015, contro i 150 mila arrivati nel nostro paese. Inoltre, l’Italia è ulteriormente penalizzata dal fatto che nei nostri confronti è stata aperta una procedura di infrazione perché soltanto alla metà dei migranti arrivati nel nostro paese sono state prese le impronte digitali, come richiesto dalle regole europee. Secondo chi era presente al vertice, quando Renzi ha chiesto di accelerare la redistribuzione si è sentito rispondere che l’Italia dovrebbe rispettare le disposizioni sulle impronte digitali in vigore da anni, prima di chiedere di implementare più velocemente altre regole in vigore da pochi mesi.
L’ultima questione su cui i due leader si sono divisi è quella dell’introduzione del terzo punto della cosiddetta Unione Bancaria, un accordo europeo che ha introdotto una vigilanza comune sugli istituti finanziari europei e nuove regole per la “risoluzione” delle crisi bancarie, le stesse regole che abbiamo in parte visto utilizzare nella crisi delle quattro banche.
Il punto che manca è quello dell’assicurazione comune dei depositi, che prevede la creazione di un fondo europeo per assicurare i depositi fino a 100 mila euro. Renzi chiede un’accelerazione del piano a cui i tedeschi si oppongono per il timore, tra le altre cose, di essere costretti a salvare banche italiane piene di titoli stato italiani. Come per la richiesta di maggiore flessibilità: «Renzi ha scelto allo stesso tempo il momento giusto e quello sbagliato», spiega Mario Seminerio, analista finanziario e uno dei principali blogger economici italiani. Giusto perché «alza un fuoco di fila per distrarre l’opinione pubblica italiana da un tema interno», ma sbagliato perché: «Fa la voce grossa proprio nel momento in cui certifica che, non per sue colpe, il sistema bancario italiano fa acqua in molti punti».
Nonostante i temi discussi siano stati tanti, difficilmente questo vertice entrerà nella storia come quello della rottura tra Italia e Germania.
«Faccio fatica a usare la parola scontro», dice Gramaglia. Nei giorni dopo il vertice, infatti, la stampa tedesca ha di fatto ignorato gli “attacchi” italiani. «È stato un po’ sollevare dei problemi a freddo, cercare la rissa artatamente e i tedeschi, infatti, non hanno colto le nostre provocazioni», conclude Gramaglia: «Il duro scontro lo hanno sentito solo gli italiani».