Il Sole 24 Ore, 28 dicembre 2015
Il silenzio sulle mazzette per le buche romane
Cronache recenti offrono a Roma l’occasione per un addio amaro a questo 2015, inaugurato dalla “grande fuga” dei pizzardoni la notte di Capodanno e segnato dagli sviluppi di Mafia capitale, dalle dimissioni del sindaco, dal rabbioso sconforto dei cittadini per i trasporti, il decoro e la pulizia urbani, la manutenzione stradale. L’occasione è data dall’arresto di una trentina di persone per aver manipolato gare locali a suon di mazzette. Un fatto “minore”, per i media, ma paradigmatico per Roma e non solo.
A metà ottobre, i carabinieri arrestano tre persone per corruzione e turbativa d’asta: un funzionario del Comune e due imprenditori edili. Il primo è sorpreso a incassare 2mila euro appena pagati dagli altri, in cambio di informazioni riservate sulle gare d’appalto per la manutenzione delle strade della Grande Viabilità.
Passano due mesi, carabinieri e Procura scavano in profondità ed ecco che il 17 dicembre gli indagati diventano una ventina (sette in carcere) con accuse pesanti e anche ignominiose, poiché gli imprenditori arrestati pagavano non solo per aggiudicarsi le gare, ma anche per eseguire male i lavori. Secondo gli inquirenti, è «emblematico» il caso della pulizia dei chiusini stradali, effettuato su un numero inferiore rispetto a quello dichiarato, e dei lavori stradali, eseguiti barando sullo spessore dell’asfalto. Il tutto passava sotto silenzio grazie a tangenti del 3-4% del valore d’appalto.
Questo «sistema» è stato verificato in almeno 33 gare d’appalto per un valore di oltre 16 milioni e per le quali sarebbero stati pagati, solo negli ultimi due anni, 650mila euro di mazzette. Malaffare ovunque: tra i dipendenti pubblici corrotti si contano addetti all’urbanistica, ai nidi e scuole materne, alle strade. La stecca più “pesante” (171mila euro) è andata al funzionario Asl perché omettesse i controlli dopo la ristrutturazione di un ospedale.
Davanti a questo scenario i cittadini romani, pronti per molto meno ad assediare il Campidoglio, non danno segni di vita. Eppure la fotografia del “sistema”, del metodo che conduce al progressivo declino della quotidianità è nitida. Si comprende perché Roma è piena di buche, perché i sanpietrini costano come oro e si aprono sotto bici e scooter; perché quando piove la città si allaga, perché il soffitto di una scuola o di un ospedale dura un paio di settimane, poi crolla.
Niente: un silenzio Capitale che forse è sgomento, ma forse è complicità di tanti che a questo “sistema” si sono adattati e hanno contribuito. E assomiglia al silenzio dei cittadini e degli imprenditori delle regioni in cui alla corruzione diffusa si somma la piaga di un capillare crimine organizzato. Allo stesso modo, infatti, le mazzette romane hanno continuato a circolare anche dopo le retate dei Carminati, dei Buzzi e degli Odevaine.
Anche per questo le ultime mazzette romane raccontano l’Italia dell’economia deteriore, quella avida di denaro pubblico, indifferente al benessere dei cittadini, ostile al mercato. Non è tutta l’Italia, ovviamente, ma quella parte difficile da quantificare che a Roma compra i funzionari infedeli e in Calabria, anziché dialogare con lo Stato, si genuflette preventivamente al boss locale per evitare guai e contrattempi, in cambio del solito 3% sul lavoro da eseguire. Dopodiché, proprio come i fragili asfalti capitolini, anche lì le pareti delle gallerie e i pilastri risultano al limite della sicurezza, i paesi scivolano su enormi frane, nell’alveo delle fiumare sorgono case e interi villaggi turistici. È l’Italia corrotta e scorretta, matrigna distratta dei braccianti che collassano nei campi per 2 euro all’ora, come dei dipendenti comunali che scansano il dovere mentre sui social network imprecano contro lo Stato inefficiente e sprecone.
Se l’Italia perbene non decide di puntare il dito contro questo degrado morale, prima ancora che economico, il prossimo anno e quelli dopo ancora vedranno le stesse strade ammalorate e l’identico potere dei capicosca. Perché nessuna legge potrà statuire ciò che solo la coscienza dei singoli può decidere: adeguarsi al “sistema”, chiudere gli occhi, oppure denunciare.