Il Messaggero, 28 dicembre 2015
«Mi manca tanto Totti». Messaggi da Lippi
«Torno presto. Il campo mi manca e a farmi tornare la voglia è stato il nostro campionato. Incerto e divertente, con cinque squadre in corsa per lo scudetto». Marcello Lippi, al telefono da Santo Domingo, ha passato il Natale a Roma. Non per legarsi a Pallotta o a Lotito che, ad inizio dicembre, hanno contemporaneamente pensato a lui per sostituire Garcia o Pioli. Qui vivono la figlia Stefania e il nipotino Lorenzo: la famiglia, sempre e comunque, prima della panchina. «Vero. Quando ho lasciato la Cina ero convinto che il calcio mi avesse stancato. Invece era solo la lontananza. Dai miei affetti e dal mio Paese. Appena ho visto qualche partita alla tv, ho capito che dovevo ricominciare. Magari anche in un club». Il chiarimento ci sta tutto. Perchè, tra le ipotesi, c’è anche il ruolo di dt azzurro con Cannavaro ct dell’Italia: festeggerebbe, a 68 anni, il suo 3° matrimonio con la Nazionale, a 10 anni dal trionfo di Berlino.
Da fine febbraio, però, è spettatore: come vive fuori dal calcio?
«Pure se so come passare il tempo, non mi piace seguire i match in poltrona. Perché mi sento ancora allenatore. E l’età non conta».
Anche se non ha firmato per nessun club, è stato il candidato di lusso di fine 2015: la Roma, la Lazio, il Milan e qualche offerta dall’estero. Quanto si è sentito coinvolto nello stravagante derby della capitale?
«Io posso solo essere felice quando vengo accostato a grandi società. Italiane come spagnole, inglesi e anche turche... Non voglio scendere nei particolari, perché non mi sembra corretto. Comunque sia la Roma che la Lazio, proprio nell’ultimo turno, hanno vinto. Sono stati due successi utilissimi. Per mettere le cose a posto».
Il campionato così aperto è la novità della stagione: che cosa è cambiato all’improvviso?
«Io sono sorpreso fino a un certo punto. Quando cambiano tanti allenatori e giocatori nei club di vertice, è possibile che i valori non siano più gli stessi. Il torneo adesso è entusiasmante e spettacolare, con cinque squadre in quattro punti. Non esiste la favorita per il titolo, tutte hanno le loro chance. Il Napoli e la Fiorentina giocano meglio delle altre, ma l’Inter ha la preparazione di Mancini e la rosa per essere protagonista».
L’analisi è incompleta: mancano le protagoniste degli ultimi anni.
«Ma quando mai. Innanzitutto sono tutt’e due agli ottavi di Champions. La Juve si è ripresa alla grande dopo la rivoluzione estiva e qualche imprevisto iniziale. Pure la Roma sta meglio: si era fermata per colpa degli infortuni. Ha, insomma, pagato le assenze. Una in particolare».
Il suo riferimento è scontato.
«Certo. Perché Totti non si sostituisce. È mancato tantissimo all’allenatore e ai compagni. E a tutti noi che ne apprezziamo le qualità da anni. Il suo rientro sarà decisivo».
Il singolo, ma anche la squadra. Il Napoli, in questo senso, è più avanti delle altre?
«Sarri mi ha subito colpito:è riuscito a trovare l’equilibrio senza rinunciare allo spettacolo. In più ha stracciato il luogo comune di chi, arrivando dalla provincia, non è in grado di convincere i campioni. Anzi, proprio il suo feeling con i giocatori credo che sia l’aspetto più significativo. Ha convinto tutti a seguire i suoi metodi. Il gruppo si fida di lui. Anche Paulo Sousa, però, è stato bravo: lo ho avuto nel mio centrocampo con Deschamps e Conte. Avendoli conosciuti, non sono allenatori per caso».
In effetti Paulo Sousa sembra da sempre in Italia.
«Perché si è presentato bene, senza sbagliare le mosse fuori e dentro il campo. Ha conquistato la gente e a Firenze non è facile. Soprattutto ha portato avanti il vaoro fatto da Montella, aggiungendo la verticalizzazione al possesso palla. Tecnico, dunque, moderno, in stile Barça».
A proposito di estero, alcuni tra i suoi colleghi più celebri sono in crisi: Mourinho è stato esonerato, Van Gaal quasi.
«È il nostro mestiere. Alti e bassi, vittorie e sconfitte. Vedrete che Mourinho si rifarà presto. Van Gaal, invece, potrebbe smettere. Almeno così mi ha detto l’ultima volta che ci siamo visti».
Ultimamente, meglio gli italiani: Ancelotti è stato scelto dal Bayern Monaco e Ranieri sta comandando in Premier.
«Ancelotti è il migliore allenatore al mondo. Ha conquistato coppe e scudetti da calciatore, ha vinto tutto, in Italia e all’estero, da allenatore. Il curriculum lo aiuta nel rapporto con la squadra. Sa vivere accanto ai campioni. Ranieri sta facendo qualcosa di straordinario. Il primato con il Leicester nasce dalla voglia di riscattarsi dopo l’esperienza negativa da ct della Grecia. I migliori siamo noi».
Dietro ai big Ancelotti e Ranieri, vede la crescita di qualche giovane?
«Di Francesco si sta confermando con il Sassuolo. Che ha fatto bene a richiamarlo. Mi piace il suo calcio e come coinvolge i giocatori».
Conte lascerà la Nazionale: vuole fare l’allenatore. Che ne pensa?
«So come interpretava da giocatore il lavoro quotidiano. Senza pause. Professionista e combattente».