La Stampa, 28 dicembre 2015
Il figlio di Schumacher corre in F4 e vince. Una storia che si ripete?
Papà è steso in un letto, non parla, non si muove, domani saranno due anni dall’incidente sugli sci che lo ha ridotto così. Il figlio ha 16 anni, va a scuola e ha un sogno: vincere quanto il genitore. Sono Michael e Mick jr Schumacher: uno è stato il pilota più vincente della storia della F1, sette titoli mondiali di cui cinque con la Ferrari, 46 anni, un’esistenza spezzata. Il ragazzo, invece, è una delle belle notizie del 2015: ha debuttato su una monoposto di F4 e vinto la sua prima gara. Fino all’anno scorso si iscriveva alle corse di go-kart con il cognome della madre, Betsch, per restare inosservato. Con il passaggio di categoria ha deciso di uscire allo scoperto, accettando rischi e benefici dell’essere un figlio di papà al volante. «Avrà sempre una pressione enorme addosso», è il pronostico facile di Niki Lauda. Tanti come lui hanno portato cognomi impegnativi: Villeneuve, Hill, Rosberg, Alesi, Prost, Piquet, la dinastia Andretti.
C’è anche Bruno Senna, nipote di Ayrton. Qualcuno ha avuto successo, altri non si sono neppure affacciati alla soglia della notorietà, perché il gene della velocità non sempre si trasmette.
Mick jr si porta dietro la storia del padre, a partire dall’incidente che è avvenuto davanti ai suoi occhi, fino al susseguirsi di indiscrezioni, speranze e delusioni. Alla domanda «come sta Schumacher?», google risponde con 423 mila pagine, un susseguirsi di «migliora», «comunica», «si muove», «cammina», alternati a smentite da parte dei familiari. Le ultime notizie ufficiali ripetono tristemente che il percorso è lungo e i miglioramenti sono inferiori alle speranze. Il campione che ha vinto sette titoli mondiali respira da solo, apre gli occhi, dà l’impressione di riconoscere i suoi cari. Forse. Dalla villa di Gland affacciata sul Lago Lemano, dove giorno e notte si alterna un’équipe di specialisti, sulle condizioni dell’ex pilota è sceso il silenzio.
Anche intorno a Mick è stata costruita una barriera che ne difende la privacy e la fragilità di adolescente. «Non ci aspettiamo che vinca, è tranquillo, un ragazzo magnifico», diceva di lui alla vigilia del debutto Sabine Kehm, manager e portavoce di famiglia. E invece l’esordio sul circuito di Oschersleben è andato benissimo, con un successo nella gara-3. «È incredibile, una sensazione che non so descrivere», è la sua prima dichiarazione da figlio di Schumacher. «La Formula 4 è sicura, si corre in primavera e d’estate perché i ragazzi non perdano la scuola, non c’è modo migliore per imparare e arrivare un giorno, chissà, in Formula 1», spiega Frits Van Amersfoort, il proprietario della scuderia olandese che per prima gli ha dato una monoposto.
Passaggio a Maranello
Mick è stato un mese fa a Maranello, dove ha incontrato l’ex ingegnere del padre, Luca Baldisserri. Subito si è pensato a un suo ingresso nella Driver academy, il vivaio della Ferrari. No, il percorso sarà un altro: il giovane Schumi ha fatto un test al simulatore e provato a Monza una F4 del team Prema, squadra veneta di cui è socio di maggioranza Lawrence Stroll, un miliardario canadese il cui figlio è terzo pilota della Williams. Baldisserri potrebbe seguire la strada di Mick jr «ma non ne voglio parlare – dice – in questo momento va rispettata la privacy di questo ragazzo».
Destini incrociati
Padri, figli, persino zii, le storie si intrecciano. Ralf Schumacher, ex pilota ed ex avversario del fratello Michael, ha anche lui un team di F4 e per il 2016 ha ingaggiato un ragazzino belga, tale Louis Gachot. Chi ha buona memoria ricorderà di aver già sentito questo cognome, chi ce l’ha ottima avrà capito tutto: Bertrand Gachot, il papà di Louis, nel ’91 correva in Formula 1 con la Jordan. A pochi giorni dal Gp del Belgio fu arrestato per l’aggressione a un tassista e sostituito in gara dall’esordiente Michael Schumacher. Quel giorno cominciò una storia. Se Mick resterà nella F4 tedesca affronterà Louis. E forse inizierà un nuovo capitolo.