La Stampa, 28 dicembre 2015
«Senza tennis non mi annoierò». Flavia Pennetta di fronte al suo futuro
Dal giorno della finale degli Us Open non ha fatto che concedere interviste, ricevere premi, presenziare a cerimonie. I complimenti di Matteo Renzi, i sorrisi estatici di Fabio Fazio. Il telefonino intasato di sms di complimenti e auguri.
Stanca di rispondere a tante domande, Flavia?
«Eh, un pochino».
Del resto è tutta colpa sua.
«Ah, sarebbe colpa mia...» (la voce al telefono è quella di sempre: morbida, ironica, divertita. Molto Pennettesca).
Be’, con quello che ha vinto...
«Allora va bene così: meglio vincere che perdere».
Facciamo che parliamo di cose serie? Ha già scelto il menù del matrimonio con Fabio Fognini a giugno?
«Facciamo che non ne parliamo proprio? Siete voi giornalisti che avete montato ’sta storia. Date tutto per scontato. Poi parlarne porta sfiga. Meglio di no».
Ma come, Fabio ha detto che deve anche a lei la sua maturazione: oltre che campionessa e fidanzata, anche psicologa?
«Non lo ha fatto certo per me, ma per se stesso. Ha capito che era il momento. Non che sia diventato un perfettino, eh? Ma ha capito che certe cose non andavano bene. E ci stava male».
Confessi: l’ha cazziato.
«I cazziatoni non servono, anzi. Meglio dire le cose nella maniera più giusta e semplice».
Senta, con la vittoria a New York è diventata una vera vip: come ci si sente?
«Una vip? A dire il vero al momento sto in un negozio di Barcellona che cerco un bioadesivo. E non lo trovo: ce ne saranno 25 tipi diversi (si sente una voce, poi Flavia che parla in spagnolo)... Vale, vale, muy bien... Ecco, l’ho trovato. Mi scusi. Cosa diceva a proposito dei vip?».
Niente, niente... Come va la casa che state arredando a Barcellona?
«Bene, per fortuna abbiamo gusti simili, io magari più riflessiva. Ma per ora faccio avanti e indietro con Brindisi. Mio padre ancora non si rassegna all’idea che non giocherò più».
E fa bene? Un giorno dice che c’è un 1 per cento di vederla in campo alle Olimpiadi, il giorno dopo diventa il 2. Sembra il Liedholm del 5 per cento che prendeva in giro i giornalisti. Guardi che Malagò ne fa una malattia.
«Ma io cosa devo dire di più? Siete voi che vi muovete, io resto ferma. Ho preso una decisione per me stessa. Se la cambierò sarà sempre per me stessa. Ma non sperateci».
Allora torniamo indietro di tre mesi: la vittoria a New York è il momento più bello della sua carriera?
«Sì, poi sul podio metto l’ingresso fra le prime 10 e le vittorie in Fed Cup. Raggiunte con un gruppo fantastico, delle amiche vere».
A proposito: Roberta Vinci potrebbe smettere a fine 2016, Francesca Schiavone invece non molla: non è che fa cambiare idea anche a lei?
«Uffaaa... Francesca ha un obiettivo, superare il record di Slam consecutivi della Sugiyama (62, Francesca è a 61, ndr), è quello che la spinge».
Lei non trovava più motivazioni?
«Non sentivo il sacro fuoco della competizione. Era dall’inizio dell’anno che ci pensavo, lo avevo già deciso. Poi mi era tornato anche male al polso. Certo, chiudere così è stato fantastico. Mai me lo sarei aspettato».
E se avesse perso in finale con la sua amica Roberta?
«Mi avrebbe bruciato. Per un po’. Come abbiamo detto all’inizio? Meglio vincere...».
Da pensionata non ha paura di annoiarsi?
«Macché. Potrò finalmente andare a sciare, e anche a cavallo tutto il giorno: una passione che ho da bambina, a Brindisi a volte ci vado. A gennaio ho intenzione di prendermi un po’ di tempo per me stessa, non è che fino ad ora ne abbia avuto tanto. Glielo assicuro: non mi annoierò».
Dicono che sarà lei la prossima capitana di Fed Cup: vero?
«Per ora no. Non sembra, ma è un impegno tosto, richiede tanto tempo. In futuro vedremo. Mi piacerebbe lavorare con i ragazzi, formarli come fece Vittorio Magnelli con me. Spiegare loro che in campo non conta solo tirare a duemila all’ora, ma anche far muovere le gambe, cercare l’intensità. È una cosa che ho scoperto grazie a Gabriel Urpi. Me lo ripeteva tante di quelle volte, non ne potevo più... Adesso quando glielo dico ci facciamo certe risate. Però tutto ha un tempo. Fra tre mesi no, fra tre anni sì. Vorrei comunque restare nel tennis: mi ha dato tanto, mi piacerebbe restituire qualcosa».
Farebbe anche la ct di Coppa Davis, come Conchita Martinez in Spagna?
«Quello, mai».
La preoccupa il futuro del tennis italiano? Dietro voi veterane non si vede tantissimo.
«Le ragazze giovani non le conosco, a Tirrenia sarò andata sì e no 2 volte. Ci sono Sara Errani, Karin Knapp, Camila Giorgi che è giovane anche se già affermata. Poi vedremo. Facciamo che mi richiama fra 5 o 6 mesi così so rispondere meglio?».
Ciao Flavia. E non cambiare mai.