La Stampa, 28 dicembre 2015
Imparare a fare il vuoto
«Lo sai che siamo usciti dalla scuola in soli dieci minuti. Abbiamo evacuato le aule; è stato bellissimo». Giovanna riferisce con entusiasmo l’esperienza che ha appena vissuto insieme alle maestre e ai suoi compagni di classe nelle scuole elementari.
Nei plessi scolastici di tutta la Penisola sono cominciate le esercitazione per evacuare i bambini. Per via di possibili incendi o per terremoti, e ora anche per eventuali attacchi terroristici. In alcuni «obiettivi sensibili» scolastici da tempo sono in corso prove del genere e il tempo massimo consentito agli studenti per uscire dalle aule, scendere le scale in buon ordine e mettersi all’aperto, possibilmente al riparo dai pericoli, è di dieci minuti complessivi. La parola che tutti usano, bambini compresi, è evacuare. In verità il termine, come si sa, sovente è riferito a ben altro. Sta per «espellere, cacciar fuori dal corpo umori, sostanze nocive, escrementi». Lo si trova già in uso nel 1310 ed è presente nel significato di «andar di corpo o cagare» in vari Novellini, raccolte di novelle, tra fine del Medioevo e Rinascimento.
In realtà, la parola che adoperano i bambini – evacuazione – è un termine d’uso militare ed è di origine settecentesca: «abbandonare, sgomberare una posizione militare». Ovviamente è questo il significato che si adatta meglio all’esercitazione compiuta nelle scuole, e non solo lì. Si tratta di un gesto militaresco in condizione di pace: siamo sotto attacco. L’espressione «sotto attacco» circola dopo l’attentato suicida alle Torri Gemelle nel 2001 a New York. «L’America sotto attacco», titolavano i giornali Usa. La guerra ha travalicato i confini tradizionali già con la Seconda guerra mondiale, con il coinvolgimento della popolazione civile nel conflitto bellico. Siamo in guerra? Questo è quello che l’attuale situazione terroristica cerca di produrre nella convinzione degli abitanti dei Paesi occidentali.
L’esercitazione di Giovanna e dei suoi amici non ha questo senso, o almeno le maestre e i maestri non comunicano questo sentimento di guerra strisciante ai loro allievi e allieve. Si tratta sempre di una prova d’ordine e di organizzazione: ha un preciso significato logistico. L’etimo della parola «evacuare» deriva dal latino tardo, composta dal parasintetico vacuus, vuoto, dal prefisso ex-. Insomma, qualcosa che esce dal vuoto, anche se non riempie. Forse si potrebbe supporre che l’evacuazione è un fare il vuoto là dove altri – nemici, terroristi – vogliono produrre un vuoto di vite. Vuoto contro vuoto.