Corriere della Sera, 28 dicembre 2015
L’Italicum è il male minore, scrive Panebianco
Anche se molti faticano ad accettarlo, la politica non ci mette mai o quasi mai nella condizione di scegliere fra il bene e il male. Nella schiacciante maggioranza dei casi, ci è data solo la possibilità di decidere quale sia, dal nostro punto di vista, il male minore e quale sia il maggiore. Non danno l’impressione di esserne consapevoli coloro che criticano l’Italicum, il sistema elettorale voluto da Renzi e già approvato dal Parlamento. Alcuni di questi critici (i quali sperano in una bocciatura da parte della Corte costituzionale) lo considerano un pasticcio e vorrebbero al suo posto un maggioritario con collegi uninominali. Questi critici hanno ragione nel ritenere i sistemi maggioritari (non entro qui nella disputa per iniziati su turno unico, all’inglese, o doppio turno, alla francese) decisamente migliori dell’Italicum. Ma hanno torto nel pensare che se la Corte lo bocciasse si riaprirebbero i giochi. Nossignore, non si riaprirebbe nessun gioco per chissà quanto tempo, ci troveremmo a votare con un sistema proporzionale puro. Per la felicità di quei nostalgici i quali non hanno capito che senza i partiti forti e radicati della Prima Repubblica (partiti che non è più possibile riprodurre) la proporzionale assicura l’ingovernabilità e, alla lunga, mette a rischio la democrazia.
Ricapitoliamo brevemente le caratteristiche dell’Italicum. Si tratta di un (complicato) sistema «misto» che combina ripartizione dei seggi con metodo proporzionale, collegi plurinominali e doppio turno, con clausola di sbarramento, ballottaggio e premio di maggioranza.
La superiorità dei maggioritari classici rispetto all’Italicum è indubbia anche se non è sicuro che le ragioni qui addotte per sostenere tale tesi siano condivise dai suddetti critici. Se pensiamo che un sistema elettorale funzioni meglio o peggio non solo in virtù delle sue caratteristiche tecniche ma anche per come viene recepito e utilizzato dagli elettori e dai politici, allora possiamo comprendere quale sia la principale debolezza dell’Italicum e dove stia la superiorità dei sistemi maggioritari con collegi uninominali.
La debolezza consiste nel fatto che un sistema misto (una combinazione di elementi proporzionali e maggioritari), adottato in un Paese con un’antica e radicatissima tradizione proporzionalistica, non permette di seppellire tale tradizione, la mantiene viva e vegeta, e ciò ha effetti distorsivi, rende meno efficaci i marchingegni maggioritari previsti (clausola di sbarramento, ballottaggio e premio di maggioranza).
Nel periodo in cui restò in vigore (1993-2005) un altro sistema misto (maggioritario con collegi uninominali e lista proporzionale), la componente proporzionale residua ebbe potenti effetti negativi: impedì al Paese di perdere abitudini radicate, favorì i continui tentativi di forzare quel sistema elettorale in senso proporzio-nale.
In che cosa consiste la principale ragione di superiorità di un sistema maggioritario puro? Nel fatto che le persone, in poco tempo, si abituano ad accettare come «naturale» il fatto che il governo che esce dalle urne sia espressione di una minoranza (la minoranza più forte) del corpo elettorale. Poiché, salvo casi rari, è questo l’esito normale dell’operare di un sistema maggioritario.
Invece, dove resiste la tradizione proporzionalistica tante persone credono che un governo non espresso dalla maggioranza (o qualcosa che vi si avvicini) degli elettori – per il tramite di partiti che dispongono di una quantità di seggi proporzionale alla quantità di voti ricevuti – non sia realmente «democratico», e faticano a riconoscerne la legittimità.
Essendo un sistema misto, l’Italicum produrrà (in virtù della sua componente maggioritaria) governi di minoranza ma non potrà mai scacciare (in virtù della sua componente proporzionale) le abitudini proporzionaliste dei partiti. Né potrà mai togliere dalla testa degli elettori l’idea che un governo scelto da una minoranza non abbia tutte le carte democratiche in regola. Per questa ragione, si può ipotizzare che il carattere misto dell’Italicum ne impedirà il radicamento. Probabilmente, esso durerà quanto durerà la leadership di Matteo Renzi. Quando Renzi uscirà politicamente di scena, uscirà di scena anche l’Italicum.
Perché allora Renzi non ha scelto un maggioritario con collegi uninominali (a un turno o a due turni), perché ha optato per un sistema elettorale che certamente garantisce un vincitore (questo è l’aspetto positivo) ma che ha anche costi notevoli? Per due ragioni. La prima è l’allergia di tutto il Parlamento per i collegi uninominali: troppo rischiosi per i peones (si vince l’unico seggio in palio o si va a casa) e poco affidabili dal punto di vista dei leader (l’eletto in un collegio uninominale può più facilmente sfuggire al controllo gerarchico). La seconda ragione consiste in un calcolo, non si sa ancora se corretto o no: con l’Italicum non è soltanto probabile la vittoria di Renzi. Lo è anche la frammentazione, e quindi, plausibilmente, l’impotenza dell’opposizione.
Se abitassimo nell’«Isola che non c’è», dove ogni desiderio dei bimbi perduti si realizza, potremmo (anzi, dovremmo) sbarazzarci dell’Italicum e sostituirlo con un semplice, pulito, sano sistema maggioritario con collegi uninominali. Ma poiché viviamo nel mondo reale, dobbiamo tenerci stretto l’Italicum, il male minore.