Corriere della Sera, 28 dicembre 2015
Bambole-bomba e altri trucchi dei jihadisti
Strappare le città in mano all’Isis è un’operazione costosa in termine di vite umane e danni. Alle spalle restano caduti, macerie, difficile per i civili poter tornare in tempi rapidi. Conseguenze inevitabili di tattiche ben studiate dallo Stato Islamico per proteggere con reparti non troppo numerosi posizioni trasformate in fortini. È stato così per Ramadi, potrebbe andare ancora peggio per Mosul e Raqqa.
All’inizio della battaglia di Ramadi, lo Stato Islamico avrebbe schierato circa un migliaio di militanti che, secondo metodi rodati, hanno provveduto a minare accessi alla città e alle vie di comunicazione. Gli artificieri jihadisti hanno una grande esperienza nell’utilizzare ordigni convenzionali, catturati al nemico, e altri costruiti nelle officine del movimento. Pezzi d’ogni forma e tipo: contenitori metallici riempiti di fertilizzante, bidoni in plastica tramutati in bombe, cilindri in ferro, bambole giocattolo che nascondevano sorprese. Alcuni fatti detonare da lontano con un radiocomando, altri dal passaggio di un fuoristrada o di una pattuglia.
Gli estremisti hanno creato zone minate per rallentare la progressione degli iracheni e hanno piazzato trappole nelle strade. In certi punti hanno scavato trincee o creato barriere, anche queste rese più insidiose da dispositivi «artigianali» ma non per questo meno letali. Per ripulire un isolato ci sono voluti giorni interi visto il gran numero di insidie.
I governativi hanno risposto usando apparati per bonificare forniti in gran fretta dagli Stati Uniti. Bulldozer corazzati, blindati, sistemi portatili composti da cavi deflagranti lanciabili sul terreno dove si temeva fossero presenti gli ordigni. L’Isis era però pronto a contrastarli.
Tiratori scelti, razzi e colpi di mortaio hanno lasciato il segno sulle squadre di genieri. Un solo reparto specializzato ha avuto oltre 60 tra morti e feriti.
Molti mujaheddin si sono rintanati negli edifici, alcuni di questi trasformati – secondo una vecchia tattica – in case della morte: gli estremisti le hanno riempite di esplosivi attivabili da un filo invisibile teso all’interno di una stanza oppure da una piastra a pressione. Un passo falso e tutto sal-tava per aria. Snidarli ha richiesto sacrificio, pazienza e un alto volume di fuoco garantito dall’artiglieria unita ai raid dell’aviazione della coalizione. Il Pentagono ha usato spesso il bombardiere B1, in grado di eseguire lunghe missioni e dotato di un carico bellico robusto. Indispensabile quanto efficace il coordinamento con le colonne a terra, probabilmente assistite da nuclei di forze speciali statunitensi.
Quando poi i soldati si sono avvicinati al centro, i jihadisti hanno lanciato la loro falange, i kamikaze a bordo di camion-bomba opportunamente blindati. «Bestie» pesanti diverse tonnellate capaci di spazzare vie concentramenti di truppe. Anche in questo caso, i seguaci del Califfo hanno accompagnato le sortite, condotte con tre-quattro mezzi alla volta, con la copertura delle mitragliatrici pesanti.
Nell’eterna lotta tra lancia e scudo, i militari hanno contrastato i mezzi con razzi anti carro più potenti dei tradizionali RPG ormai insufficienti contro le protezioni dei veicoli. I risultati ci sono stati. Lo Stato Islamico ha venduto cara la pelle, lo ha fatto sacrificando centinaia di miliziani, alcuni dei quali sono ancora nei bunker di Ramadi in una lotta infinita. Mujaheddin felici di andare incontro al martirio in una campagna dove il Califfo, malgrado i proclami, perde terreno.