il Fatto Quotidiano, 27 dicembre 2015
Le leggi del governo che semplificano l’imbroglio
Un anno fa due quotidiani – il Fatto e Libero – scoprivano che una gelida manina aveva infilato nel decreto fiscale di Natale un bel pacco dono per evasori e frodatori fiscali: un codicillo che depenalizzava i due reati sotto il 3% del fatturato dichiarato. Un mega-colpo di spugna che, fra l’altro, avrebbe consentito a B. l’annullamento postdatato della sua condanna per la frode Mediaset, il trionfale rientro in Senato, la restituzione del maltolto e magari pure il risarcimento dello Stato per l’ingiusta detenzione ai servizi sociali. Il regaluccio ovviamente non era solo per lui, ma per tutti i grandi gruppi nei guai con il fisco: ma fu proprio il sospetto di favorire B. che costrinse Renzi a fare marcia indietro, congelando il decreto delegato fino all’estate. Il governo poi lo sostituì con una raffica di altre “soglie” di impunità che escludevano B. ma includevano tutti gli altri grandi evasori, e perciò passarono nel silenzio generale. Siccome ora, sui giornali del centrodestra e non solo, riesplode la polemica sul doppiopesismo degli antiberlusconiani che non dicono nulla ora che Renzi fa le stesse cose di B., è il caso di intendersi una volta per tutte: noi del Fatto non siamo pregiudizialmente né col centrodestra né col centrosinistra né con nessuno. Stiamo con la Costituzione. E critichiamo chiunque ne violi lo spirito e la lettera, si tratti di B., Monti, Letta, Renzi, Napolitano o Mattarella. Piuttosto: sono i berlusconiani che, sulle vere porcate di Renzi, tacciono e acconsentono. Tipo sull’evasione. Léggere sul sito del Fatto l’inchiesta di Chiara Brusini, per credere.
Ricordate le assoluzioni di B. nei processi per falso in bilancio “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato”? Quel “più” significava che il reato c’era quando B. l’aveva commesso, ma era stato depenalizzato durante il processo dallo stesso imputato. Si pensava e sperava che quello scandalo a cielo aperto finisse per sempre dopo la dipartita di B. da Palazzo Chigi. Invece quest’anno le assoluzioni perché il fatto non è più reato sono ricominciate nei processi per evasione: il reato c’era quando fu commesso, ma è stato depenalizzato durante i processi da Renzi. Ragion per cui, come ha detto sconsolato il procuratore di Udine, migliaia di fascicoli (1 su 3 in materia tributaria) vanno al macero e i pm non inseguono più gli evasori per processarli, ma per restituire loro la refurtiva sequestrata. Dal 1° ottobre, giorno dell’entrata in vigore del decreto Renzi, non è più reato la dichiarazione infedele sotto i 150 mila euro (prima lo era dai 50 mila in su).
E pure di quella fraudolenta “mediante altri artifici” sotto 1,5 milioni (prima la soglia era 1 milione). Il tutto in un Paese che evade ogni anno almeno 122 miliardi sui circa 1.000 dell’intera Ue e conta meno di 200 condannati definitivi per reati fiscali. La legge di Stabilità fa un altro regalone a evasori e riciclatori con l’innalzamento del tetto all’uso del contante da mille a 3 mila euro. Poi c’è la nuova norma sull’abuso del diritto, cioè sull’elusione, soavemente ribattezzata “operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”: depenalizzata tout court. Risultato: Alessandro Mocali, ex patron del gruppo Emmelunga fallito nel 2011, condannato a 1 anno di reclusione in primo e secondo grado a Milano per aver dichiarato “elementi passivi fittizi” per ottenere “un risparmio di imposta superiore alla soglia prevista”, è stato assolto in Cassazione “alla luce della nuova disciplina” grazie a cui “le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie”. Stesso copione per Emilio Petrone, Ad della Sisal, imputato per aver nascosto al fisco redditi per 18,8 milioni in tre anni e assolto dal Tribunale di Milano perché “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”. E per il defunto Emilio Riva (Ilva) e quattro manager del gruppo, indagati per un’evasione di 52 milioni nel 2008 “mediante l’utilizzazione di elementi passivi fittizi” per quasi 160 milioni e ora assolti perché è tutto lecito.
Il presentatore tv Luca Laurenti era accusato di non aver versato al fisco 237 mila euro di Iva: fino a pochi mesi fa era reato, poi Renzi ha quintuplicato la soglia di impunità per l’omesso versamento Iva (da 50 mila a 250 mila euro) e pure Laurenti è stato assolto. Infine c’è il nuovo falso in bilancio, che doveva ripenalizzare il reato ridotto al lumicino da B.: Renzi è riuscito addirittura a fare peggio di lui. E Luigi Crespi, l’ex sondaggista berlusconiano condannato in appello a 6 anni e 9 mesi, s’è visto annullare la parte di pena relativa alle false valutazioni messe a bilancio: Renzi ha depenalizzato pure quelle. Ora, last but not least, ha pure cancellato il raddoppio dei termini di accertamento per l’Agenzia delle Entrate. I gufi del Financial Times hanno commentato: “L’immensa economia sommersa dell’Italia rimane uno dei fardelli più pesanti per il Paese e nulla di buono potrà arrivare da una misura (quella sui 3 mila euro in contanti, ndr) che serve solo a peggiorare il problema”. E quelli dell’Economist hanno aggiunto: “Un governo coraggioso proverebbe a risolvere l’eccessiva pressione fiscale abbassando le aliquote, migliorando i controlli e ampliando la base fiscale. Invece, rendendo più facile imbrogliare, Renzi farà ricadere il peso dello Stato sulle spalle di meno italiani”. Cioè di quei coglioni che continuano a pagare le tasse, fra i quali ci iscriviamo volentieri. Quindi, per favore, nessuno venga più a chiederci perché ce l’abbiamo tanto con Renzi: se no gli sputiamo in faccia.