il Giornale, 27 dicembre 2015
La violenza dei maschi e quella di Maometto
Italia, l’Europa, l’Occidente, sono rimasti sorpresi e sconvolti dall’improvviso attacco bellico messo in atto a Parigi da un gruppo di musulmani ben determinato ad uccidere. L’Occidente, però, si deve convincere che, quale che sia la forma dell’uccisione, per i musulmani si tratta sempre di un’uccisione fino dal tempo dei sacrifici degli Arabi preislamici e confermata dal Corano: «Io getterò il terrore nel cuore di quelli che non credono e voi colpiteli sulle nuche». Si tratta di un dato fondamentale, non soltanto per cercare di capire gli avvenimenti, ma per studiare una forma di «risposta» fornita di logica. Purtroppo, però, i nostri leader, politici e commentatori, inclusi vescovi e cardinali, sono ormai così lontani dal Sacro e dalle sue esigenze, abituati a una ritualità vuota di fede (sia sufficiente la scatoletta elettronica messa in commercio da Bergoglio per recitare il rosario al posto del fedele) che hanno immediatamente qualificato tali attacchi come delirio di fanatici, assecondati dai giornalisti che, esperti come sono delle quotidiane follie di cui è capace ogni essere umano, si aggrappano all’idea del «fanatismo» come unica spiegazione di una violenza inammissibile. Obama, poi, con la rapidità di decisione caratteristica degli americani, non ha concesso né a se stesso né ai nemici un solo minuto di riflessione prima di «rispondere» a modo suo: con le bombe. Errore gravissimo, è evidente. Studiare il nemico prima di muoversi, prendere tempo con lunghe trattative, è la lezione fondamentale che ha dato Giulio Cesare nel De Bello Gallico a tutti i comandanti di eserciti che si sono succeduti dall’epoca romana fino ad oggi. Ma soprattutto errore gravissimo per chiunque abbia a che fare con la mentalità orientale, soprattutto araba, mentalità che, all’opposto di quella americana, è lenta, aggrovigliata, sempre alla ricerca di astuzie e di sottigliezze che adombrino per ogni problema almeno dieci soluzioni; mentalità che del resto si rispecchia chiaramente nel Corano. Maometto è un arabo ed è a lui che guardano i suoi credenti essendo Allah un Dio lontanissimo, al quale è impossibile rivolgersi direttamente e neppure pregarlo se non tramite il Profeta. L’obbedienza alla volontà dell’unico Dio-Allah coincide con l’obbedienza al Profeta il quale è l’unico a conoscere questa volontà perché gli è stata rivelata con il Corano caduto appositamente dal cielo. Tutte affermazioni fatte da Maometto, inutile dirlo. Maometto quindi è il padrone assoluto del mondo islamico e ha sistemato alla perfezione i suoi rapporti tanto con Dio quanto con gli uomini i quali obbediscono soltanto a lui. Se diamo un’occhiata ai pochi dati certi, o quasi certi, della biografia di Maometto, vediamo chiaramente che corrispondono ai costumi delle tribù nomadi, arabe e beduine, sparse quasi ovunque nel sesto e settimo secolo d.C. negli immensi deserti della Siria. Prima di tutto l’abitudine a non radicarsi in un territorio, tipica del nomadismo, combattendo di continuo contro le tribù vicine per appropriarsi dei loro terreni e di tutto ciò che di meglio possiedono: cammelli, uomini, donne, bambini, che vengono aggregati al gruppo in qualità di schiavi e costretti ad abbracciare la fede dei loro padroni. Per Maometto il nomadismo e il bisogno di razzia si trasformano nello strumento più utile per imporre con la guerra la sua volontà e il suo dominio (astutamente dandogli il nome di «religione») presso le popolazioni che conquista. Non è difficile. Maometto conosce bene i desideri dei suoi guerrieri così come quelli di ogni essere umano di sesso maschile: poter esprimere la propria aggressività ritenendola giusta manifestazione della propria fede, impadronirsi di un ricco bottino del quale non corrono pericolo di rimanere privi in quanto spetta a Maometto fare le divisioni conservando per sé la quinta parte di tutto quello che viene conquistato. Con questo sistema Maometto diventa rapidamente un uomo ricchissimo e pertanto sempre più potente, ammirato molto di più di un Soros del nostro tempo perché non deve farsi mediare dai soldi per possedere quello che possiede: eserciti, schiavi, rituali. Con l’abituale astuzia ha scelto come base del Corano i primi cinque libri dell’Antico Testamento perché sono i più antichi, rispondenti al pensiero dei pastori nomadi dell’epoca di Mosè con la loro giustizia del taglione, il primato del capo famiglia su tutto il gruppo, la poligamia, l’inferiorità delle donne, un insieme di credenze e di comportamenti che i popoli di Siria, di Palestina, di buona parte dell’Africa già conoscono per antica consuetudine tribale e in seguito anche attraverso l’ebraismo. Ma è evidente che l’islamismo riesce a diffondersi con facilità perché, contrariamente a quanto succede nelle altre religioni «rivelate» in cui sussiste sempre un ambito di mistero e di dubbio interpretativo, Allah dice con chiarezza ciò che vuole dato che parla soltanto attraverso un uomo: è sufficiente obbedire alla lettera a quest’uomo. La serie di gesti quotidiani di purificazione, di garanzie magiche fornite dall’esecuzione rituale della preghiera, l’aggregazione iniziatica al gruppo del popolo eletto per mezzo della circoncisione, l’ascesi dal cibo, danno forza concreta, tangibile, al sentimento della fede. Altrettanto succede per quanto riguarda l’ordine sociale, basato sul più istintivo e immediato concetto di giustizia, quello del taglione. L’occhio per occhio, dente per dente, morte per morte, è facile da comprendere e garantisce un’immediata e reale soddisfazione, quella sul corpo. Nell’islamismo sono in atto, quindi, le strutture universali del Sacro e la loro organizzazione sociale a livello primario, elementare, strutture che vibrano spontaneamente nell’animo umano perché rispondono, acquetandolo, al bisogno di predominio che assilla tutti i maschi e che in genere sono le varie forme di civiltà a moderare frammentandolo in molteplici istituzioni di potere. C’è un fattore in più, però, nel messaggio di Maometto, un fattore che domina su tutti gli altri imprimendogli un’inesauribile vitalità: bisogna combattere per la vittoria di Allah. È l’ordine che Maometto ha dato fin dall’inizio e che ha garantito e garantisce tutt’oggi l’espansione dell’islamismo: combatti e vincerai. Il termine «combattere» è uno dei più frequenti nel testo del Corano, ossia sulla bocca di Maometto: Islam e battaglia vittoriosa sono la stessa cosa perché è Dio che combatte quando i suoi fedeli combattono. «Ricordati come il tuo Signore ti ha fatto uscire dalla tua dimora per la missione di verità» (VIII, 5); «Non voi li uccideste a Badr, bensì Dio li uccise, né tu scagliasti la sabbia nei loro occhi, quando la scagliasti, bensì Dio la scagliò» ( VIII, 17); «Quelli che abbandonano il loro paese e combattono nella via di Dio, quelli possono sperare la misericordia di Dio» (II, 215). Rispondono oggi, come vi rispondevano ieri, a queste affermazioni i fiumi di musulmani che si riversano ogni giorno dall’Africa o dall’Oriente sul nostro territorio. Ne muore qualcuno per la strada? Siamo noi stupidamente a compiangerli. Quanto piace agli uomini sfidarsi! Quanto piace agli uomini combattere! Quanto piace agli uomini vincere! Maometto non ha avuto dubbi: non c’è differenza che tenga, né di razza né di lingua né di storia, di fronte alla voglia dei maschi di combattere e di vincere. Vincere significa che sei il più forte, che le tue idee sono quelle giuste, che la tua religione è quella vera, che tutto ciò che esiste nel mondo ti appartiene e che hai diritto ad impadronirtene. Parte da qui, dunque, l’aggressività e la violenza insita nella predicazione di Maometto. L’Occidente, nell’arroganza della propria presunta superiorità, non lo vuole riconoscere fingendo un’uguaglianza che offende tutti con il non giudizio del politicamente corretto. La prima, più grave conseguenza è già in atto: i nostri maschi hanno anticipato la prossima morte rinchiudendosi nell’omosessualità. Quando verrà il momento i milioni di musulmani presenti in Europa e che, approfittando della nostra imbecillità, ci danno ragione nel non parlare mai di Maometto ma dell’Islam religione di pace, si uniranno a quelli che già adesso combattono contro gli infedeli e vinceranno.