La Stampa, 27 dicembre 2015
Al Baghdadi è in difficoltà e rianima i suoi con un messaggio
Con i curdi a 22 chilometri da Raqqa, e da ieri padroni della diga a monte della capitale dello Stato islamico, con l’esercito iracheno che ha quasi ripreso Ramadi, caposaldo dell’Isis nell’Iraq centrale, il Califfato fondato un anno e mezzo fa da Abu Bakr al Baghdadi vive il suo momento più difficile. Al Baghdadi deve fronteggiare la coalizione formata da Russia e Paesi sciiti, Iran in testa, e quella a guida americana composta da ben 62 Paesi. Ed è ora minacciato, almeno a parole, anche dall’alleanza islamica lanciata due settimane fa dall’Arabia Saudita.
L’Isis è in ritirata su tutti i fronti, a parte la Siria Sud-occidentale. In un anno ha perso un terzo dei territori che controllava in Iraq e complessivamente circa il 15 per cento della sua superficie. Al Baghdadi ha capito il momento critico. E ieri ha diffuso un audio, il primo da sette mesi. Contiene tre elementi importanti. Il primo è dottrinale e militare, nel suo stile. Cita il capitolo 52 della nona sura del Corano per spiegare ai suoi che più sono attaccati più vuol dire che sono nel giusto, nel «gruppo dei salvati» scelti da Allah.
A corto di uomini
Il fatto che «tutte le nazioni del mondo si siano coalizzate» contro lo Stato islamico deve quindi solo rafforzare la fede degli islamisti. E tutti i musulmani del mondo dovrebbero unirsi per combattere «Russia e Usa». I raid «non ci hanno indeboliti», incalza il leader dell’Isis, che però ammette «perdite di territori»: Siate fiduciosi, il nostro Stato se la sta cavando bene. Più è intensa la guerra che gli viene mossa, più diventa puro e forte».
Il secondo elemento importate è riferito all’Arabia Saudita. Al Baghdadi cita l’alleanza anti-terrorismo lanciata da Riad il 15 dicembre, quindi l’audio è posteriore a quella data, e il «Califfo», dato per morto e gravemente ferito parecchie volte, è ancora vivo. Il regno saudita, mai citato con il suo nome ufficiale, viene irriso: «Se è davvero una coalizione islamica», si chiede Al Baghdadi, perché non difende i musulmani uccisi dai raid in Siria e non ha «come obiettivo quello di uccidere gli ebrei e liberare la Palestina».
E qui arriva il terzo elemento di novità. Un attacco frontale agli ebrei come mai prima nelle parole del leader dell’Isis: «La Palestina non sarà la vostra terra né la vostra casa ma il vostro cimitero – è la minaccia di Al Baghdadi -: Allah vi ha raccolto in Palestina perché i musulmani vi uccidano». Il Califfo, è una probabile lettura, punta sui temi cari ai musulmani estremisti per attirare consensi e reclute.
Ne ha bisogno. L’Isis è a corto di uomini. L’ultimo colpo l’ha subito ieri alle porte di Raqqa, la sua capitale. Un’offensiva congiunta di curdi dell’Ypg e ribelli siriani moderati, con l’aiuto dei raid della coalizione occidentale, ha portato alla presa della diga di Tishren, 22 chilometri a monte della città. È la prima prova sul campo che l’alleanza curdo-araba funziona. E che l’obiettivo Raqqa non è così proibitivo. L’evoluzione sul terreno in Siria è in accelerazione in vista del cessate-il-fuoco che dovrebbe scattare a gennaio. Le forze di Assad, con l’aiuto dei russi, stanno riconquistando la parte meridionale di Aleppo. E Mosca, il giorno di Natale, ha messo a segno un altro colpo. In un raid alla periferia di Damasco è stato ucciso Zahran Alloush, capo dell’alleanza ribelle Jaysh al Islam, l’Esercitodell’Islam: un gruppo anti-Assad, salafita, ma non legato all’Isis.
Nuovo blitz israeliano
Mosca ribadisce quindi che considera quasi tutti i ribelli «terroristi». E cerca di mettersi in posizione di forza. Ma sullo scenario siriano è sempre più protagonista l’aviazione israeliana: ieri notte ha martellato le posizioni di Hezbollah sul monte Qalamoun, vicino a confine con il Libano. Un nuovo attacco nel cuore della Siria, dopo l’uccisione, il 20 dicembre, dell’alto esponente di Hezbollah Samir Kuntar.