la Repubblica, 24 dicembre 2015
Il mistero della Xylella
Febbraio 2013. I signori Russo, che hanno alcuni alberi nell’agro di Gallipoli, segnalano una strana malattia che ha attaccato i loro ulivi: sono tutti bianchi, ormai secchi. Lo sono diventati in pochi giorni. Nel giro di un mese arrivano decine di segnalazioni dalla stessa zona alle associazioni di categoria che immediatamente avvisano le autorità.
Agosto 2013: grazie a una “folgorante intuizione”, un professore barese, Giovanni Paolo Martelli, suggerisce di cercare la presenza del batterio Xylella in Puglia, fino a quel momento mai individuato. Pochi mesi dopo, a settembre, quell’intuizione diventa una certezza: “Identificazione del Dna della Xylella fastidiosa olandese in Puglia”, scrivono in un lavoro scientifico alcuni docenti baresi, tra cui Martelli. Il 15 ottobre si muove anche la Regione Puglia. Poi arriveranno il ministero, la Protezione civile e l’Unione europea: la Xylella ha attaccato la Puglia, sentenziano. Sono a rischio un milione di alberi, anche quelli che vivono da secoli. Bisogna tagliarne, subito, almeno diecimila. Altrimenti sarà l’epidemia.
È necessario ripartire da qui, campagne di Gallipoli, sole di dicembre e tutto intorno tronchi di alberi ormai secchi, per raccontare la peste. E per provare a muoversi all’interno di una vicenda che ha le fattezze di una calamità (una terra che perde la propria storia, la propria bellezza), i contorni di una spy story (come ci è arrivata la Xylella in Puglia?), le conseguenze di una guerra tra accademia e giustizia (sono universitari o incoscienti?), il rischio di una battaglia tra scienza e cialtroneria (virus o scie chimiche?). Sul tavolo ci sono infatti due storie opposte e parallele: la prima racconta di un assalto alla natura fatto da professori incoscienti, politici in cattiva fede e multinazionali e proprietari terrieri a caccia di denaro. Vittime: gli alberi di ulivo pugliesi. La seconda di magistrati inconsapevoli, consulenti matti, scienziati accusati ingiustamente. Vittime: sempre gli alberi di ulivo pugliesi.
I fatti: l’Italia, tramite il suo commissario, il capo della Guardia forestale, Giuseppe Silletti, ha ordinato nei mesi scorsi il taglio di tutti gli alberi malati di Xylella, cinquemila almeno. Lo ha imposto l’Unione europea cui spetta il controllo dei patogeni. Si ritiene infatti che l’unica maniera per contenere il virus sia eradicare. «Non c’è altro da fare», ripete ancora oggi Silletti e, con lui, i professori. «Siamo affranti, ma la scienza deve avere la forza di non piegare la testa», dicono. Affranti. Perché la procura di Lecce ha iscritto tutti loro nel registro degli indagati, Silletti compreso, sostenendo che stanno sbagliando tutto. E che se il virus si è espanso è anche colpa loro: «Tagliare fa aumentare l’epidemia, dimostrano i dati empirici. E poi non c’è alcuna prova che la Xylella sia la causa unica dell’essiccamento». Primo punto: come è arrivata la Xylella? «Dalle piante ornamentali del Costa Rica», sostengono gli universitari. «Falso. Probabilmente da quel convegno», rispondono i magistrati. Nel provvedimento di sequestro raccontano infatti di «gravi irregolarità» nei documenti che accompagnavano le provette giunte dall’Olanda. E annotano anche che alcuni di quei documenti sono spariti. Li hanno chiesti: ma prima non è stato possibile perquisire lo Iam perché ha lo status di sede diplomatica. E poi, domandandone l’esibizione volontaria, sono stati presi in giro: «Un dipendente è uscito a cercarli ed è rimasto per alcuni minuti fermo fuori dal bagno. È tornato e ha detto che non li aveva trovati».
L’arrivo della Xylella potrebbe, dunque, essere stato uno sbaglio. Ma che interesse hanno ora gli universitari a mentire? L’università, osserva ancora la procura, ha creato uno spin off per un nuovo tipo di coltivazione dell’ulivo non intensiva: e soci, in questa esperienza, sono proprio lo Iam e l’Istituto Basile Caramia, gli enti incaricati dei controlli sulla Xylella. Altri “amici” della società sono poi Vito Savino, ex preside della facoltà di Agraria; Angelo Godini, «fautore dell’eliminazione del deviato degli alberi di ulivo e in particolare di quelli monumentali», e Giovanni Paolo Martelli, il primo a parlare di Xylella. «Savino, Godini e Martelli – scrive ancora la procura – condividono peraltro un medesimo approccio culturale nell’Accademia dei Georgofili, di cui fa parte anche il professor Paolo De Castro, già ministro dell’Agricoltura e attualmente eurodeputato, che ha riferito in commissione proprio sulla questione Xylella».
Unione europea che ha deciso anche di erogare i contributi per gli alberi da tagliare sulla base non della quantità di olio prodotta ma del numero di piante. «Non si tratta di un particolare», dicono qui a Gallipoli quelli con le mani sporche di terra. «Da qualsiasi parte sia arrivata, la Xylella si è diffusa tramite un animale che salta da una pianta all’altra nei campi non arati. Si è diffusa per colpa di chi non cura le piante. E chi non le cura ha tutto l’interesse a tagliare...». In realtà, dicono i pm di Lecce, si potrebbe essere diffusa per altri motivi. Per esempio, per colpa di alcuni campi sperimentali di pesticidi svolti prima dalla Regione e poi dalla Monsanto, la multinazionale del settore. La stessa che nel 2007 aveva acquisito la società «Allelyx – fa notare la procura – parola specchio di Xylella....». «Quei prodotti – si legge nel decreto – avrebbero potuto produrre gravi conseguenze su batteri eventualmente già presenti e silenti». «Che succede se durante la peste, abbassi le difese immunitarie?», si chiede un contadino. Che indica uno dei campi sui quali avevano svolto quelle sperimentazioni. È tutto nero. Bruciato. Più nessuna traccia. Non è stata la Xylella. Ma un incendio, qualche mese fa.