la Repubblica, 24 dicembre 2015
Su Tercas e sul resto Bruxelles vuol far prevalere il punto di vista tedesco
C’è rabbia a Roma per le decisioni di Bruxelles sulle banche italiane. Dopo le polemiche tra Renzi e i responsabili Ue Vestager e Hill (concorrenza e fiscalità), sui media italiani compare la lettera del 19 novembre che ha costretto il governo a salvare Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Carife penalizzando gli obbligazionisti. Evento che a Bruxelles viene preso come un tentativo di scaricare le responsabilità del pasticcio sull’Europa. Tanto che un portavoce della commissione ha affermato: «Sono state le autorità italiane a decidere di usare il fondo di risoluzione». Ma il governo non ci sta e, in accordo con Bankitalia, il Tesoro è pronto a fare ricorso alla Corte di giustizia Ue contro la Commissione.
Ieri lo scontro si è arricchito di un nuovo caso: nel pomeriggio Bruxelles ha bocciato il salvataggio della Cassa di Teramo (Tercas) proprio per aiuti di Stato: «Risultano incompatibili perché il Fondo interbancario ha agito per conto dello Stato».
La missiva era attesa e il Tesoro ha già preparato in concerto con Bruxelles il piano B apprezzato nella stessa lettera della Commissione: «La bocciatura della ristrutturazione di Tercas non avrà nessuna conseguenza negativa perché è già pronto l’intervento di un fondo volontario del sistema bancario». Dunque se le banche salveranno – almeno formalmente – l’istituto abruzzese di propria sponte la Ue non avrà nulla da dire. Il Tesoro usa il caso Tercas per sottolineare che la bocciatura «risponde alle polemiche di chi diceva che il governo italiano avrebbe potuto scegliere il fondo interbancario per ricapitalizzare le altre 4 banche».
Ecco dunque i motivi del ricorso del governo contro Bruxelles. Primo, secondo Roma le ragioni politiche del trattamento riservato all’Italia sono da cercare in Germania: Berlino è contraria alla creazione di un fondo Ue che garantisca i correntisti sopra i 100mila euro in caso di salvataggi con il bail in che dal primo gennaio obbligherà i governi a salvare le banche in crisi prendendo i soldi dei risparmiatori.
L’Italia è invece a favore e, questa l’idea che circola a Roma, Berlino si vendica prostrando il nostro sistema tramite la Commissione in modo da rendere il nostro Paese inoffensivo in Europa.
Il ricorso contro Tercas mira a far riconoscere la scorrettezza di Bruxelles che in caso di condanna dovrebbe risarcire i danni a Banca Bari, che nel frattempo ha rilevato l’istituto abruzzese. A cascata verrebbero chiesti anche i danni subiti dagli obbligazionisti delle 4 banche. Le ragioni del ricorso si trovano nella ricostruzione dei fatti: sul salvataggio di Tercas, così come della Banca Marche, inizialmente la potentissima direzione generale per la Concorrenza della Commissione era d’accordo. C’era l’ok a procedere tramite il Fondo interbancario senza penalizzare i risparmiatori. Poi si è irrigidita, ha minacciato la bocciatura per aiuti di Stato e chiesto il burden sharing, ovvero di scaricare i costi sul sistema. L’Italia ha così lavorato sul burden sharing passando per il Fondo, ma evitando la risoluzione bancaria che avrebbe colpito gli obbligazionisti. La Commissione si è ancora irrigidita e ha imposto la risoluzione, provocando pesanti passivi alle banche in via di salvataggio da scaricare sui risparmiatori e vietando di salvare buona parte dei loro soldi convertendoli in azioni. Solo Tercas è riuscita a salvare gli obbligazionisti, al contrario degli altri 4 istituti, perché i 300 milioni per il salvataggio forniti dal sistema del credito con una partita di giro verranno spostati dal Fondo interbancario (bocciato dalla Ue) a un salvadanaio “volontario”. Fatto sta che il governo e Bankitalia non hanno potuto andare avanti ignorando i diktat Ue visto che sulla concorrenza la Commissione ha poteri cogenti e operativi e avrebbe bloccato tutto con conseguenze legali e patrimoniali molto pesanti. Ora Roma spera, nell’arco di un anno e mezzo, di avere ragione a Lussemburgo contro quello che viene definito «un atto talebano arbitrario e ingiusto della Commissione» per conto di Berlino.